18 giugno 2003
Arriva
oggi il regista gallese. In mattinata anteprima del Pisolini di Grimaldi
Al Napoli Film Festival è il giorno di Peter Greenaway. Ma è atteso in mattinata anche Aurelio Grimaldi con il suo “Un mondo d’amore”, alle 10 al Modernissimo. Un’anteprima per gli spettatori napoletani con il film ispirato alla vita e alla morte di Pier Paolo Pisolini.
Del regista gallese, che arriva
domani a Napoli, impegnato contemporaneamente al festival di Mosca, verrà,
invece, proiettato alle 22 (Castel Sant’Elmo) “The Tulse
Suitcases” l’ultimo suo film girato in alta
definizione e presentato al Festival di Cannes. Anche in questo caso si tratta
della prima proiezione italiana.
In concorso oggi “Les diables” di Christophe Ruggia e “Rue Blue” di Chad Chenouga. Per Parole di Cinema, alle 10, è previsto
l’incontro con Daniele Lucchetti di cui si potrà vedere alle 21 a Castel
Sant’Elmo “Dillo con parole mie”.
Intanto ieri il direttore
artistico del Napoli Film Festival Mario Violini e il regista Gianfranco de
Vito autore di “Dal Dogme a Dogville”
(Oedipus edizioni) presentato ieri sera alla Fnac sempre nell’ambito del Festival, hanno incontrato al
Modernissimo, Sami Saif e Carlsten Holst, rispettivamente
regista e produttore di “Dogville Confessions”.
Il documentario sull’affascinante creazione del film sull’America di Lars von Trier
è stato l’occasione per parlare di Dogme, “il
castello di regole assolutamente rigorose e minimaliste – che un gruppo di
registi danesi ha scritto su come realizzare un film” utilizzando la tecnologia
digitale di ripresa a basso costo, nota come DV.
Lars von Trier, Thomas
Wintenberg, Soren Krag Jacobsen e Kristian Levring sono gli autori
del “Manifesto Dogme” che ha stimolato molti giovani
registi privi di mezzi a realizzare i propri film grazie alle tecnologie
digitali. “Un movimento non a caso nato in Danimarca – ha ricordato il
produttore del film – paese molto interessato a tutto ciò che è comunicazione.
Ma che prova origine anche da difficoltà economiche come avvenne in Italia per
il neorealismo”. Sami Saif,
il regista di Dogville Confessions,
è capo documentario della società di Lars von Trier, una piccola Cinecittà tra la città di Copenhagen
e l’aeroporto. “Il documentario – dice – è una metafora religiosa, la camera autogestita diviene “il confessionale” ubicato in tre
postazioni, l’albergo, due luoghi del set. Abbiamo girato materiale per cento
cinquanta ore. Gli attori hanno avuto talvolta difficoltà a lasciarsi andare,
tendendo ad essere sempre controllati. E’ avvenuto così ad esempio con Nicole Kitman, che ha dovuto ripetere la sua “confessione”
più volte”.