IL DENARO
7 maggio 2005
Napoli,
baricentro tra le due sponde
di Nadia Pedicino
Tra la Campania e i Paesi del Mediterraneo
occorre stabilire una maggiore cooperazione a livello infrastrutturale,
logistico, scientifico, tecnologico, accademico. Solo in questo modo la nostra
regione può rafforzare il ruolo baricentrico nell’area mediterranea e
affrontare le sfide derivanti dalla creazione della zona di libero scambio con
i Paesi del Mare Nostrum nel 2010. E’ quanto emerge dalla prima giornata di
confronto sul tema “Il Mediterraneo: quale visione del futuro?”, ieri a Castel
dell’Ovo, dove esponenti della politica, dell’economia e della cultura
provenienti da tutto il mondo hanno discusso dell’esigenza di un rilancio di
politiche capaci di coniugare i tre assi: politico, economico e socio culturale
della cooperazione euromediterranea.
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Questa due giorni nasce dalla proposta avanzata dal governatore Antonio
Bassolino, in occasione della III Convention nazionale degli Sportelli
regionali per l’internazionalizzazione, di rafforzare il ruolo della Campania e
delle altre regioni meridionali nell’area mediterranea.
“Entro il 2010 — ricorda Adolfo Urso, vice ministro alle Attività Produttive -
sarà realizzata tra l’Europa e il Mediterraneo un’area di libero scambio che
per peso e dimensioni sarà tra le più grandi del mondo. Si tratta di
un’occasione unica per la crescita economica e la stabilità dell’intero bacino
del Mediterraneo, destinata a incrementare transazioni commerciali e flussi di
investimento tra gli Stati partner. In tale contesto, l’Italia ed il
Mezzogiorno in particolare, deve svolgere un ruolo di primo piano e vincere una
grande sfida geografica, politica ed economica: fungere da ponte tra l’Europa e
la sponda nordafricana e orientale del Mediterraneo e contribuire a
consolidare, entro la nuova frontiera euro-mediterranea, un’area di stabilità,
opportunità e prosperità condivise da tutti i Paesi che si affacciano sul
nostro mare”. Gli fa eco Antonio Golini, docente di Demografia all’Università
La Sapienza di Roma: “In un’ottica di medio lungo periodo - commenta Golini -
non si può non immaginare una piena integrazione economica della Unione europea
con tutta la riva sud del Mediterraneo, una tale integrazione dovrebbe giovare
a entrambe le parti”.
Opinione condivisa da John Esposito,
presidente del Comitato scientifico della Fondazione Laboratorio Mediterraneo:
“Il Mare Nostrum - spiega Esposito - avrà un ruolo crescente nella politica
internazionale, per cui ben venga il lavoro finora svolto e che continuerà a
svolgere la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, la quale ha costruito negli
anni una rete di contatti nel mondo arabo necessaria al dialogo tra i popoli”.
Sul ruolo di Napoli quale cerniera con il
Mediterraneo si sofferma Edward Luttwak, senior Fellow Csis (Centro studi
trategici internazionali: “Il capoluogo campano - dice lo studioso
statunitense, già consulente del Pentagono - può svolgere un ruolo fondamentale
nel dialogo con i Paesi del Mediterraneo, sia perché è dotato di un capitale
umano di altissimo livello, sia per la presenza di importanti Università che
per la funzione del porto il quale permette lo scambio continuo di merci e
passeggeri”.
Anche per Giacomo Vaciago, ordinario di
Economia dell’Università Cattolica di Milano, il mondo accademico può
rappresentare una leva importante per il dialogo tra le diverse popolazioni,
quindi aggiunge: “Bisogna favorire e rafforzare la cooperazione tra Atenei
italiani e stranieri, perché lo scambio culturale è alla base di ogni sviluppo.
L’area di libero scambio auspicata per il 2010 non basta. Se vogliamo essere
partner di crescita economica nel Mediterraneo bisogna puntare sulla qualità
del capitale umano”. Secondo Vaciago, il Mediterraneo è tornato a essere un
mare di crescita, nel turismo, nei trasporti, ma occorre coinvolgere le
istituzioni e le università dei vari Paesi in una logica di partnership.
“Favorire la qualità intellettuale - spiega il docente - si è rivelata una
formula vincente in Usa e Cina. In entrambi i Paesi, infatti, si tende a favorire
l’inserimento di immigrati di qualità che possano contribuire alla crescita
economica del Paese. Noi, al contrario, ci siamo fermati. Al massimo possiamo
insegnare a nuotare a chi fugge dal proprio Paese per non annegare. E’ una
mentalità che bisogna cambiare se vogliamo che il Mediterraneo continui a
crescere a livello economico”.
Per Wakik Grais, senior advisor della Banca
Mondiale, lo sviluppo economico del Mediterraneo dipende da una cooperazione
delle regioni: “Il Mediterraneo - spiega Grais - non può affrontare le sfide
senza sistemi finanziari che siano stabili, efficienti e incisivi. In molti
Paesi come il Marocco e l’Egitto gli istituti finanziari hanno fatto progressi
nel modificare i propri regimi regolatori in linea con gli standard internazionali.
Tuttavia, gli investimenti in alcuni regioni sono tuttora frenati dal concetto
che i mercati rappresentano ancora dei rischi”.
Oggi il confronto vede gli interventi, tra gli altri, del presidente della
Regione Campania Bassolino, di Mario Rosso, amministratore delegato Ansamed;
Piero Marrazzo, presidente della Regione Lazio, Michele Capasso, presidente
della Fondazione Laboratorio del Mediterraneo, il quale insiste sul rafforzare
il dialogo culturale, economico e sociale tra l’Occidente, il mondo arabo e i
Paesi della riva Sud del Mediterraneo, “perché solo così si può arrivare alla
crescita economica e alla prosperità”.