IL
DENARO
20/09/2005
Tutti
uniti canteremo
di Michele Capasso*
Il dibattito aperto sul Denaro dopo la
pubblicazione dell’articolo sull’Espresso “Napoli Addio” non deve arrestarsi,
soprattutto alla vigilia di una competizione elettorale: esso rappresenta un’energia
vitale e un importante contributo oggi indispensabile per tentare di risalire
la china, nonostante le mille difficoltà che spesso appaiono insormontabili.
Condivido pienamente le critiche e le osservazioni che Mario Mustilli, Andrea
Geremicca ed altri attori della città — politici, industriali, manager — hanno
espresso su queste pagine: in particolare l’appello lanciato da Geremicca per
una riforma della politica, lo sviluppo della democrazia, la selezione di una
nuova classe dirigente, il recupero dell’umiltà in chi governa unitamente ad
una capacità di ascolto coniugata ad un senso della misura. La prima pagina
dell’Espresso ha prodotto nella mia mente uno schok similare a quello ricevuto
11 anni fa davanti alla visione delle vittime della ex Jugoslavia: a tale
scempio reagii con una scelta di vita difficile, sospendendo il mio mestiere di
architetto-ingegnere per dedicarmi completamente ad iniziative concrete di
solidarietà. Allora tutto sembrava perduto: la ferocia di Milosevic’ e le
carneficine del generale Mladic’ apparivano inarrestabili; per recuperare forza
e speranza ricorsi ad una frase che mio padre, sindaco di San Sebastiano al
Vesuvio per quasi quarant’anni, ripeteva ai suoi compaesani avviliti
dall’ennesima distruzione del Paese causata dalla lava del Vesuvio: “tutti
uniti canteremo”. Queste tre parole racchiudevano la chiave per ricostruire il
paese distrutto con un elemento caratterizzante: quello dell’unità. Il “cantare
uniti” sta a significare che quando le gravi difficoltà del momento lo
richiedono è indispensabile fare “quadrato”. Solopaca, 10 settembre 2005. Ho
ripensato a quelle parole ed al tema dell’unità in occasione dell’inaugurazione
del Museo enogastronomico. Nei giorni precedenti c’è stata un’invasione
sproporzionata sui giornali relativamente al caso Petrella-Taglialatela,
attraverso cui si è acuita — in modo arcaico - la divisione tra i poli o,
seguendo la migliore tradizione, fra “destra” e “sinistra”. Contemporaneamente
a Solopaca si è vissuto un momento di “alta politica”, quella richiamata da
Geremicca: il parlamentare (di destra e di Solopaca) Gennaro Malgieri ha
pubblicamente tessuto le lodi del presidente (di sinistra) della Provincia di
Benevento Nardone con un calore umano ed una raffinatezza intellettuale inusuali
nel linguaggio della politica, riconoscendo in lui un politico di qualità che
ha trasformato il Sannio: il tutto accompagnato da autentica emozione. Perché
la stampa non ha riportato questo esempio di “politica buona” che restituisce
speranza e forza per andare avanti? Napoli, venerdì 16 settembre. Nella sede
della Fondazione si riuniscono architetti, urbanisti, sociologi e psicologi di
27 paesi per creare un “Centro euromediterraneo di alta formazione per la
pianificazione partecipata”: è questa l’occasione per analizzare i gravi
problemi che attanagliano Napoli e la Campania e per ricercare una soluzione
basata su fondamenti scientifici e sul coinvolgimento della popolazione. Tutte
queste emozioni e considerazioni mi hanno indotto a tralasciare per un attimo
le problematiche del “Grande Mediterraneo” cha da oltre 11 anni occupano
pienamente il mio tempo ed a focalizzarmi sulla mia città e sulla mia regione
d’origine: l’obiettivo è cancellare la parola “Napoli addio” per sostituirla
con “Benvenuti a Napoli, grande capitale capace di pensare europeo e respirare
mediterraneo”: un benvenuto non solo, come enuncia il presidente Bassolino
nell’intervista a “La Repubblica” di domenica 18 settembre, per i 700 artisti
della Biennale che si è aperta ieri, ma per chiunque giunga in città. E’
possibile tutto ciò? E’ un’utopia? Dipende da tutti noi e dalla nostra capacità
di “cantare uniti”. Molti paragonano le città ad un essere umano, ciò lo si
riscontra ancora di più a Napoli. Nel suo libro “La Città Porosa” il collega
architetto Francesco Venezia riafferma questo concetto paragonando Napoli ad un
grandissimo corpo in costante rapporto “fisico” con i suoi abitanti. D’altra
parte nella tradizione popolare, ancor oggi vivissima, il muoversi dentro
Napoli è indicato dall’uso di preposizioni come “abbascio”, “ ‘ncopp” , “
‘for”, in luogo di piazza, via, largo, vicolo e via dicendo in uso in molte
città: in dialetto si dice “for’ a Marina”, in luogo di “a Via Marina”; “
‘ncopp o Vommero”, “abbascio à Sanità” e così via. Questa similitudine consente
di paragonare l’azione dei politici — e, con essi, degli architetti, degli
urbanisti, dei sociologi, dei psicologi di comunità, degli operatori culturali,
sociali, ecc - a quella dei medici per un essere umano, con la conseguente assunzione
di più alte responsabilità e di un codice etico comportamentale. “Curare” il
cuore e il corpo di una città come Napoli richiede un coordinamento ed
un’assistenza — quasi una “manutenzione programmata” — anche dopo la puntuale
realizzazione degli interventi progettati per la soddisfazione dei bisogni dei
suoi abitanti. Questo perché la città, anche per effetto della globalizzazione,
è in continua evoluzione. Come accade da molti anni, ed ancora per molto tempo,
gran parte della popolazione si concentrerà ancora di più a Napoli. Non è
semplice viverci: abbiamo sempre di più anziani trascurati, giovani con pochi
punti di riferimento e senza lavoro, feroci somatizzazioni da stress urbano,
aria irrespirabile, acque inquinate. La città si presenta quale incarnazione di
un aberrante processo sorretto esclusivamente dal potere politico ed economico
e dalla legge crudele dell’economia di mercato. La vivibilità appare
sacrificata - se non distrutta — dall’affermarsi in maniera dissoluta
dell’illegalità, delle idee di possesso e di profitto facile e ad ogni costo.
Per questo Napoli necessita di un grande “Progetto di Vivibilità” utilizzando,
come risorsa: il che significa tutelare innanzitutto il capitale sociale e le
relazioni umane. Prima di tutto occorre fermezza e rigore nel denunciare gli
abusi perpetrati in tutti i settori: specialmente in quella parte della
politica che è incapace di ascoltare le istanze della gente: laddove, proprio
in questo momento di grave emergenza, è indispensabile perseguire il bene
comune. Qual è la ricetta allora? Semplicemente il “richiamo all’impegno” e
all’ “etica della responsabilità”, senza vincoli né pregiudizi di appartenenza,
ma esclusivamente di comprovata competenza. Lanciamo una sfida già a partire
dalle prossime elezioni: chiediamo a tutti coloro — uomini e donne provenienti
da tutti gli schieramenti, ma in grado di dimostrare la propria competenza nel
“buon governo”, i risultati ottenuti ed un assoluto rigore morale - che hanno
desiderio di “investire” nel futuro di Napoli in questo drammatico momento, di
dar vita ad una “grande squadra” capace di dedicarsi veramente ai bisogni reali
della città con quella passione ed emozione che devono rappresentare il
collante che tiene uniti. La Fondazione Mediterraneo è pronta a svolgere la
propria parte per concorrere a restituire a Napoli ed ai napoletani dignità,
giustizia e quella dimensione culturale universalmente riconosciutale. E lo fa
cominciando con questo appello: un’altra bottiglia lanciata, nel giorno di San
Gennaro, nel mare di Napoli e destinata a ciò che resta della nostra coscienza
di napoletani. Una cosa è certa. Non possiamo più stare a guardare.
*presidente Fondazione Mediterraneo