"IL DENARO"

20 giugno 1998

L’Italia per la Palestina

di Michele Capasso

Venerdì 12 giugno 1998, Città del Vaticano. Yasser Arafat – in divisa verde militare e "kufiah" in testa – incontra Giovanni Paolo II e gli dice scherzosamente: "Sono il secondo palestinese a mettere piede qui dentro dopo San Pietro". Inizia così il primo dei due giorni di visita ufficiale in Italia del leader palestinese: obiettivo quello di riavviare ad ogni costo il dialogo con Israele al fine di continuare il processo di pace. Giovanni Paolo II appoggia lo sforzo di Arafat e, con chiarezza, afferma che "la ripresa del dialogo in Medio Oriente passa attraverso il rispetto degli impegni presi e del diritto internazionale". Arafat ha poi invitato il Santo Padre a partecipare al Giubileo di Betlemme tra due anni. Dopo il colloquio in Vaticano il leader palestinese ha incontrato Berlusconi e D’Alema, sollecitando un’iniziativa da parte dell’Unione Europea per il rilancio del processo di pace. Con Prodi e Veltroni, a colazione, ha poi sottoscritto un accordo di cooperazione per circa 130 miliardi.

Arafat sottolinea ai responsabili del Governo italiano la necessità di un’iniziativa diplomatica complementare a quella degli USA al fine di richiamare Netanyahu al rispetto degli impegni assunti. Prodi ha ribadito la costante pressione italiana per una conclusione del processo di pace sulla base dei principi accettati dalle parti in causa ad Oslo e a Madrid e ratificati dalle risoluzioni dell’Onu. L’incontro di Arafat con Scalfaro è molto cordiale e, in vena di scherzi, si diverte con il ministro Dini sulla "sua" cittadinanza onoraria conferitagli dalla città di Civitavecchia. Scalfaro ribadisce che l’Italia continuerà a svolgere ogni azione in seno all’Europa per i diritti del popolo palestinese e afferma: "la prima sicurezza è volere la pace, senza sfiducia predeterminata. La pace è di tutti e non è contro nessuno". Venerdì 12 giugno ore 20. Nella hall dell’hotel Excelsior di Roma Yasser Arafat e i rappresentanti della delegazione palestinese in Italia ricevono gli ospiti invitati alla cena in suo onore. Non avevo mai visto Souzan Fatayer così felice. Palestinese di Nablus, collabora da diverso tempo con la Fondazione, occupandosi di relazioni con il mondo arabo e di traduzioni: l’incontro con il presidente Arafat è stato per lei uno degli eventi più emozionanti degli ultimi tempi. Il viso segnato dal passare del tempo, l’aspetto inequivocabilmente stanco per i continui, incessanti impegni, lasciano comunque trasparire la grande forza di un uomo che ha lottato e lotta per il suo popolo e per la pace nel Mediterraneo. Un senso di orgoglio si legge sul volto di Souzan nel vedere la bandiera palestinese esposta all’ingresso dell’Excelsior. Il leader palestinese mi ringrazia per l’opera svolta a favore della pace e del dialogo nel Mediterraneo. A tavola, tra rappresentanti del governo, della politica, dell’economia, della cultura, alla presenza di molti ambasciatori, Arafat legge in arabo questo breve indirizzo di saluto: "Vi ringrazio per la calorosa accoglienza e vi saluto personalmente, anche a nome del mio popolo, e vorrei, attraverso voi, salutare tutto il popolo italiano amico e rinnovare la nostra riconoscenza e gratitudine per la simpatia ed il sostegno che abbiamo sempre riscontrato nel vostro Paese, che è stato tra i primi a comprendere la nostra giusta causa e a sostenere una soluzione equa come base per la pace e la stabilità nel Medio Oriente ed in tutto il Mediterraneo. L’Italia ed il suo popolo occupano un posto speciale nel cuore di ogni palestinese che ricorda ed apprezza ogni forma di manifestazione e sostegno, sia popolare che ufficiale, alla causa della Palestina e le posizioni incoraggianti di tutte le forze politiche. Nella giornata di oggi, ho avuto l’onore di incontrare Sua Santità Giovanni Paolo II, al quale auguro buona salute, il presidente del Consiglio Romano Prodi, il ministro degli Esteri Lamberto Dini e, naturalmente, abbiamo parlato del processo di pace, che il governo israeliano sta portando verso una morte lenta, per il mancato rispetto degli impegni assunti e per la vasta campagna di colonizzazione a Gerusalemme, a Betlemme e nel resto del territorio palestinese occupato, insistendo nel sostituire il principio "terra in cambio di pace" con lo slogan propagandistico "sicurezza in cambio della pace"; il che significa ignorare il diritto legittimo del nostro popolo a creare un suo Stato indipendente nella sua terra occupata con la forza: questa terra che deve tornare ai suoi legittimi proprietari, in accordo con le risoluzioni delle Nazioni Unite, comprese le risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza, e con gli impegni assunti con noi a Oslo, a Washington e al Cairo. Non vorrei parlare a lungo della tragica situazione in cui vive il nostro popolo e dei pericoli del fallimento del processo di pace, perché l’ho detto prima, e lo ripeto anche oggi, siamo ancora in tempo a salvarlo, affinché la Regione non sprofondi in una spirale di violenza totale senza limiti. È ormai evidente e chiara a tutti la volontà del governo israeliano di non rispettare gli impegni del processo di pace, strumentalizzando ogni espediente per considerare il processo di colonizzazione della nostra terra, in modo particolare di Gerusalemme dove ha assunto i connotati di una pulizia etnica e religiosa a riguardo dei musulmani e cristiani. Malgrado tutte le difficoltà, sono fiducioso che, alla fine, la saggezza prevarrà, perché la pace rappresenta la domanda e l’interesse non solo degli israeliani e dei palestinesi ma quella di tutti i popoli della Regione e dell’opinione pubblica mondiale, perché la Palestina, per la sua particolarità, rischia di rimanere per sempre un focolaio di lotta e conflitti sanguinosi con catastrofiche conseguenze per tutti, se non diventa una terra di convivenza e di pace tra israeliani e palestinesi, ciascuno con il suo Stato, con Gerusalemme capitale per tutti e due, trasformandosi così in un esempio di fratellanza e convivenza pacifica tra musulmani, cristiani e ebrei. Questo è il mio sogno, a cui invito il mondo a prendere parte, questo è il sogno dl popolo palestinese che vive ancora nella diaspora o sotto occupazione. Questo è anche il sogno di una parte del popolo israeliano". La speranza di noi tutti noi è che questo sogno possa tradursi in azioni concrete per riaffermare il diritto alla pace.