"IL DENARO"

31 marzo 2001

MEDIO ORIENTE: NON C’E’ PACE SENZA L’EUROPA

Il presidente egiziano Moubarak richiama Bruxelles a uno sforzo contro il terrorismo.

Si conclude a Lisbona, Madrid e Amman la prima parte del programma Cinemamed.

di Michele Capasso

Roma, febbraio 2001. Hosni Moubarak, Presidente della Repubblica araba d’Egitto, visita l’Italia. L’incontro con Ciampi, appena rientrato dalla visita in Giordania, è utile per tentare una radiografia del processo di pace. Il Presidente egiziano è un paladino della pace e con il suo popolo la nostra Fondazione ha legami stretti che si concretizzano in attività culturali di grande interesse. In questi giorni, a Lisbona, Madrid e Amman, si conclude la prima parte del programma "Cinemamed" con un’ampia retrospettiva sul Cinema egiziano.

Ci dice Moubarak: " Io ho un solo obiettivo: la pace! Per questo non difendo a priori le ragioni dei palestinesi e la restituzione dei territori occupati nel 1967, né voglio azzardare previsioni su quale futuro ci sarà con Sharon al governo di Israele. Ricordo che l’Egitto firmò la pace con Begin, che era un falco come Sharon e se quest’ultimo seguirà le orme di Begin ci sarà un futuro di pace. Contro il terrorismo occorre uno sforzo comune di Egitto, Siria, Libia, Stati Uniti e Europa.

Rabin aveva capito questo – continua Moubarak – e ha lavorato per la pace: fino alla sua morte, decisa dai nemici della pace vera.

Ma oggi l’Europa è latitante. So che questo è un giudizio severo. L’Europa si deve svegliare ed assumere le proprie responsabilità. In Medio Oriente c’è una pentola che bolle, può scoppiare da un momento all’altro. Se tutto va bene ci si può scottare. L’Europa deve correre questo rischio: è la più diretta interessata, è la "sorella" naturale del Mediterraneo. Penso poi all’Italia che è al centro di questo mare ed ha antiche tradizioni di scambi con l’Egitto, sin dai tempi antichi. Oggi occorre soprattutto far presto e sedare i focolai di terrorismo: la Libia, per esempio, può essere una nuova polveriera. L’Egitto, con la sua lunga storia, saprà difendere la pace anche nell’era globale: la nuova era dell’informazione e della comunicazione, se ben utilizzata, potrà e saprà difendere le culture e le tradizioni e, con esse, il processo di pace".

Bruxelles, 7 febbraio 2001. Il bollettino n. 24 di "Euromed Report" contiene un comunicato della Presidenza dell’Unione europea nel quale ci si "congratula con Ariel Sharon per la vittoria delle elezioni come Primo Ministro di Israele, sperando che si possa raggiungere una pace duratura nella Regione. E’ speranza dell’Unione che, come Primo Ministro, Sharon manterrà il dialogo accogliendo le istanze di tutte le parti in causa. L’Unione europea riafferma il bisogno di ogni Stato di poter vivere in sicurezza ed il principio di "terra per la pace". L’Unione chiama tutte le parti a riaffermare i loro sforzi sui principi-base stabiliti a Madrid e a Oslo ed i seguenti accordi in linea con la risoluzione 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza".

Bruxelles, 13 febbraio 2001. Romano Prodi comprende il monito di Moubarak e l’urgenza di abbozzare, quanto meno, una politica mediterranea dell’Europa. "Per far questo ed altro – afferma – occorre rifondare l’Europa, trasformandola da semplice unione di Stati in una forte relazione tra i popoli." Il Presidente della Commissione europea chiede un dibattito di "rifondazione" sull’Europa che abbia un carattere "costituzionale" . Pronunciando nell’aula di Strasburgo del Parlamento europeo un lungo discorso sullo "stato dell’Unione nel 2001", Prodi denuncia tutte le carenze e le ambiguità del dialogo tra i governi che in questi anni hanno negoziato le modifiche ai trattati europei, perdendo la traccia sulla direzione da seguire, incluso la strategia euromediterranea.

"Se siamo decisi – continua Prodi – a costruire un entità europea decisa a far sentire il suo peso a livello mondiale occorre pensare ad un’entità politica e non solo commerciale; è necessario dunque instaurare un livello di solidarietà sociale ed economica tra i Paesi dell’Unione e, immediatamente dopo, con i Paesi Partner del bacino mediterraneo".

Amman, 14 febbraio 2001. Il Presidente Ciampi inizia una visita ufficiale in Giordania con l’obiettivo prioritario di rafforzare la presenza dell’Europa in Medio Oriente alimentando il processo di pace. Ho tra le mani un biglietto del Consigliere per le relazioni esterne della Presidenza della Repubblica, nel quale si ringrazia la Fondazione – che lo scorso ottobre 2000 ha inaugurato un’importante sede di coordinamento per il Medio Oriente proprio ad Amman – per le indicazioni fornite e per gli spunti utili per il viaggio presidenziale in Giordania. Ed al pranzo in suo onore è proprio il Presidente Ciampi ad affermare che "le speranze dei giordani, che credono e puntano le loro aspettative sull’Europa, non saranno vane. E’ fondamentale completare il lavoro iniziato e portare avanti il processo di pace: una pace che coinvolge gli interessi di tutti nel Medio Oriente, nel Mediterraneo, nel mondo intero". Ciampi elogia il popolo giordano per l’impegno a favore del dialogo e per la sua azione a favore della cooperazione regionale del progresso della Società Civile".

Per il mondo arabo, e in particolare per i Paesi moderati, il coinvolgimento e l’equilibrio dell’Europa sono indispensabili per poter affrontare un momento di confusione, di sbandamento, di timori alimentati dal crescente rischio dell’estremismo. Lo stesso Arafat ripone enormi speranze nell’Unione europea: l’Autorità palestinese sopravvive grazie ai generosi aiuti dei quindici.

Marzo 2001. Mediterraneo. In Algeria continuano gli eccidi e vecchi donne e bambini vengono regolarmente sgozzati. In Macedonia si riaccende un focolaio di guerra che, se non spento immediatamente, avrà conseguenze tragiche ed inimmaginabili. In Medio Oriente ogni giorno si assiste ad un triste, ripetitivo bollettino di guerra: una bimba di pochi mesi assassinata, una bomba con decine di morti e centinaia di feriti, falchi che ammutoliscono le colombe e che vogliono vincere una guerra inutile con la forza e con il sangue.

Napoli, marzo 2001. Anche qui c’è una guerra. Quella dei rifiuti. E mentre altrove è la pace ad essere buttata via nell’immondizia, all’ombra del Vesuvio sembra che la pace sia perduta "a causa" dell’immondizia.

E’ possibile delineare un male comune a tutte queste storie? La perdita del senso del bene comune e, con esso, la perdita del senso della vita. Se a ciò aggiungiamo la presenza di una burocrazia sciatta e arcaica, lontana dai tempi della globalizzazione, il rischio è quello di perdere risorse indispensabili per una civile convivenza, in un momento in cui dobbiamo attrezzarci per combattere altre guerre: il sovraffollamento del pianeta, la sicurezza alimentare, la fame, l’inquinamento e via così.