"IL DENARO"

11 luglio 1998

Il canto che viene dal mare

di Michele Capasso

Lisbona, luglio 1998. La capitale portoghese è al centro del mondo. L’esposizione universale ha mutato il volto della città: la sua anima, invece, è rimasta intatta. Porto di Lisbona, inizio ’800. Nei quartieri popolari che fanno da corona alle banchine dove partono e arrivano vascelli da terre lontane nasce il Fado: un canto struggente come il destino, dalle origini antiche e avvolte nel mistero, più del flamenco. Il Fado è ritmato dalle onde, intriso di "saudade": la nostalgia del luogo che si abbandona ancora prima di partire, la maledizione di un destino che ti allontana da chi ami. È la "saudade" che si fa grido e lamento. Amalia Rodrigues, la sua più grande interprete di questo secolo, disse: "Il Fado è una ferita che canta".Ma dov’è nato? In Africa o in Brasile? Sono ritmi e danze esotiche che si incontrano e si fondono nell’estremo punto della penisola iberica, o è invece nato sul mare, dalla tristezza e i timori di chi affrontava gli oceani alla ricerca di un misero lavoro? "Non lo so. È come il destino. Camôes, il grande poeta portoghese, scrisse cinque secoli fa che il Fado è fatalità", rispose tempo fa la Rodrigues. Questa affermazione ci riporta istantaneamente in tempi remoti, in cui nacquero i primi versi di un popolo che iniziava a radicarsi sulle rovine di quello che fu il primo impero dell’Antichità. "Il Fado non è una canzone: è lo spirito stesso del Portoghese, è la melanconia, la sofferenza di essere nelle mani di un destino sconosciuto ma inevitabile, perché il destino non si può cambiare. Per questo è nato il Fado!". Amalia Rodrigues continuava a rievocare le origini del "suo" canto riandando al passato, quando la penisola iberica era invasa dai ritmi dei mari che allegramente contaminavano un latino già abbastanza bastardo, come per ricordare l’idioma dell’impero, ma senza una propria anima, senza quella musica destinata a diventare il suo carattere."Il popolo portoghese – concluse la Rodrigues – ha molto sofferto. Ha visto i propri figli allontanarsi e ha sentito la tristezza spezzargli il petto. Allora si mise a pensare. Ebbe molto tempo per pensare, e quando si pensa molto si raggiunge la lucidità. Il Fado è il pensiero di quella assenza, della lontananza, di quello che si perde perché ci si separa da quello che si ama, perdendo così anche se stessi. E quella separazione è una ferita che canta. Non capisco il mondo attuale. Non voglio capirlo. Non è il mio mondo e non voglio appartenergli. Quando vedo gli artisti moderni, le loro canzoni, i gesti, le loro nudità e provocazioni, mi rendo conto che non parlano la mia lingua, che non potrò entrare mai nell’oggi, se l’oggi è questo".Queste parole confermano che Amalia Rodrigues è l’ultima leggenda vivente della canzone popolare. Alcuni anni fa, appartiene al mondo. Il critico musicale e musicista portoghese Jorge Valente così lo definisce: "Il alla fine di un concerto, disse: "Sono portoghese, un Paese che si affaccia sull’Atlantico, ma che ha l’anima mediterranea". Ed il Fado è un canto pieno di mediterraneità: Fado è l’espressione popolare portoghese più moderna, autentica e affascinante di quante costituiscono la nostra identità culturale. Definire il Fado e cercare di spiegare la sua natura più profonda nell’ambito della cultura portoghese significa delimitare e isolare alcuni elementi basilari dell’anima portoghese. Ricordiamo cosa disse sul Fado lo scrittore Oliveira Martins, uno dei più autorevoli storici lusitani: "Gli accordi piangenti delle chitarre che si ascoltano lungo tutta la costa occidentale, queste ‘cantigas’ monotone come la risacca del mare, tristi come la vita dei naviganti, che la notte galleggiano sul Mondego, sul Tejo, sul Sado, traducono inconsci ricordi di una razza antica che, dimorando sulla nostra costa, lasciò in noi vaghe speranze di scoprire un nuovo mondo, di conquistare terre perdute". Legati al Fado ci sono fenomeni e fattori culturali di varia natura, che è difficile mettere in relazione tra loro seguendo criteri logici. Se, da un lato, la sua comparsa è piuttosto recente, paradossalmente dobbiamo cercare in tempi molto più lontani alcuni elementi che, in qualche modo, possono aiutare a comprendere la genesi di questa forma musicale emblematica della nostra maniera di essere". Un canto, dunque, che si identifica con un intero Paese: il Portogallo. Fernando Pessoa nel 1934 scriveva: "Distesa da Oriente a Occidente l’Europa giace appoggiata sui gomiti. Romantici capelli le incorniciano gli occhi greci. Il gomito sinistro è ripiegato, e si chiama Italia, quello destro, disposto ad angolo, ha nome Inghilterra, e la sua mano regge il volto che con sguardo sfingeo fissa l’Occidente. Il volto con cui guarda è il Portogallo". Luciana Stegagno Picchio, tra le principali studiose del Portogallo e membro del Comitato scientifico della nostra fondazione, ricorda: "Tre continenti sono qui di casa. Camminavo a Lisbona fra palazzi spesso fatiscenti, ma carichi di storia e di riverberi di Islam e di Oriente negli azulejos che li rivestivano, nei fregi che li segnavano, respirando aria di paesi e continenti lontani, da quel molo sul Mar della Paglia che è estuario del Tago e soglia dell’Europa all’Atlantico e al Mondo e mi è venuto di pensare che forse l’unico paese dell’Occidente cui è riuscito davvero, e non da oggi, di uscire dall’Occidente era proprio quella striscia di terra stretta fra l’Oceano e la Spagna che costituisce il più occidentale degli Stati europei. Perché, pur partecipando di quasi tutte quelle che chiamiamo colpe dell’Europa, quel Paese e quella gente non si erano macchiati di razzismo. O almeno lo avevano fatto in misura ben minore che non altri conquistatori. Piccolo popolo lanciato in un’avventura che si estendeva su quattro continenti, il portoghese aveva capito fin dall’inizio che, per sopravvivere, doveva mescolarsi. Inaugurata già nell’India cinquecentesca, dove le nozze miste fra portoghesi e nativi erano patrocinate dagli stessi viceré, la pratica della mescidazione razziale è proseguita su tutti i continenti deve i portoghesi erano giunti come conquistatori e come coloni. Un grande popolo, dal grande animo". La sua voce è il Fado.