"IL DENARO"

19 aprile 1997

Diamo un futuro al nostro passato*

di Michele Capasso

Giovedì 10 aprile 1997. Trascorro poche ore a Napoli. Il tempo di recuperare una valigia smarrita a Strasburgo per poi partire per Malta. Quest’isola – un vero e proprio microcosmo di culture, tradizioni, costumi – sarà per alcuni giorni protagonista del dialogo euromediterraneo.

I ministri degli esteri dei 15 Paesi dell’Ue si danno appuntamento con i loro colleghi di 12 Paesi del Mediterraneo – Algeria, Egitto, Marocco, Malta, Turchia, Cipro, Libano, Israele, Palestina, Siria, Giordania, Tunisia – per dar vita alla II Conferenza Euromediterranea prevista per il 15 e 16 aprile. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo sarà presente ai lavori con chi scrive e con Claudio Azzolini, responsabile dei rapporti istituzionali internazionali della Fondazione.

Prima della Conferenza, dall’11 al 13 aprile, si svolgerà un incontro della Società Civile.

Sbarco a Malta. Questo Stato ha una "lira" pesante e fluttuante (a Catania vale 4.000 lire italiane, a Malta 5000). Il governo eletto nelle recenti elezioni ha deciso di non aderire all’Ue eppure quasi tutte le targhe delle auto maltesi portano il "cerchio" stellato su fondo azzurro simbolo dell’Unione. È l’ultima decisione dei precedenti governanti che per anni hanno bussato alla porta dell’Europa chiedendone l’adesione.

Venerdì 11 aprile, ore 16. La Foundation for International Studies ed altre istituzioni organizzarono una Conferenza della Società Civile. Con alcuni membri del Comitato Internazionale del Fòrum Civil Euromed partecipiamo ai tre workshop dedicati al turismo culturale, all’università come luogo di formazione e ricerca ed alla cooperazione interculturale. Durante la sessione inaugurale, incontro Paul Balta, Thierry Fabre ed altri amici del Comitato Scientifico della nostra Fondazione. Facciamo il punto sul dialogo interculturale e conveniamo, ancora una volta, che è necessario passare dalle parole ai fatti.

Venerdì, ore 21. Insieme ad alcuni amici italiani sono ospite a cena nella residenza dell’ambasciatore d’Italia a Malta Marco Colombo. Dopo giorni di "cucina" internazionale ritrovo sapori autentici ed una calda ospitalità nella padrona di casa. Con Colombo concordiamo sulla necessità di dialogare con il mondo arabo cercando di evitare pregiudizi e peggio ancora, l’assunzione di posizioni di "superiorità" culturale. Gli arabi soffrono ancora per il fatto di essere stati un tempo la culla di tutte le civiltà. Spesso non accettano un ruolo subalterno e così si alimentano pregiudizi e si innalzano barriere per lo più frutto di ignoranza e intolleranza. Il rettore dell’università di Malta mi illustra le attività dei 6000 studenti iscritti. Si vanta – forse perché medico anche lui – dei "medici" laureati a Malta.

Sabato 12 aprile, ore 2 della notte. Hotel Phoenicia. Sono nella mia camera, la 416. Vengo svegliato da agenti della sicurezza – che scoprirò, poi, essere palestinesi – per un controllo. La sorte ha voluto che capitassi sul piano riservato ad alcuni ministri partecipanti alla conferenza. Nella stanza 431 Dini, nella 412 lo spagnolo Ramon Miguel, nella 411 l’olandese Van Mierlo, nella 423 l’egiziano Amr Moussa, nella 312 il francese De Charette, nella 231 l’algerino Ahmed Attaf, e ancora il tunisino Abderrahim Zouari, il palestinese Yasser Arafat ed altri.

Sabato 12 aprile, ore 9. Cominciano le tre sessioni di lavoro della Conferenza della Società Civile, rappresentata, per lo più, da docenti universitari. I partecipanti, divisi tra un albergo "stile americano" (che ha orrendamente imprigionato un’antica torre normanna) e la sede della Foundation for International Studies producono un documento finale che chiede un impegno della Ue a favore della Società Civile. Monica Baldi, vicepresidente della commissione cultura del Pe, si lamenta con gli organizzatori per non aver saputo utilizzare la sua presenza istituzionale per un dialogo costruttivo.

Ore 21. A cena, ad un tavolo adiacente al mio, stanno – avvolti nei loro mantelli variopinti – i cavalieri di San Giovanni. A fine cena eleggono il loro nuovo capo. Questi cavalieri nel 1565, durante l’assedio dei turchi, comandavano Malta. Oggi fanno beneficenza. Uno di loro alza il calice e dice "noi stiamo facendo la storia, e voi, miei cavalieri, diventerete parte della storia". Ancora parole. Ancora concetti.

Lunedì 14 aprile. C’è agitazione in albergo. Arrivano le delegazioni. Incontro Manuel Marin, vicepresidente della Ce che mi dice "Da questa Conferenza non mi aspetto nulla. Forse tra 10 – 12 anni, dopo un periodo di transizione, speriamo di poter creare un modello di economia aperta. A Malta non pretendiamo di risolvere alcun problema possiamo solo offrire uno spazio di dialogo". Mi siedo su un divano accanto al ministro degli esteri egiziano Amr Moussa. Mi tocca aspirare il fumo del sigaro che sta fumando per registrare la sua testimonianza "L’Egitto intende essere parte integrante del dialogo con i Paesi terzi mediterranei puntando sui valori della sua storia e della sua civiltà". È la prima volta che sento un politico esprimersi in termini di "valori" e non di "misure". Più o meno le stesse cose mi vengono riferite dal ministro tunisino Zouari, da quello giordano Kabarati e dal libanese Bouez.

Martedì 15 aprile. Arriva Arafat. Per motivi di sicurezza mettono a soqquadro me e la mia stanza. Riesco a parlare alcuni minuti con Arafat dopo due ore di attesa.

Ore 13. I 27 ministri ed i rappresentanti della Ue si incontrano all’Auberge de Castille. Fino all’ultimo si vocifera che l’israeliano Levy non verrà, invece giunge tra ingentissime misure di sicurezza. Mi ritrovo ad essere attore e spettatore, avendo il pass di delegato e di giornalista. Livio Zanotti della Rai ed altri amici di France 3 non sanno se la foto di gruppo si farà all’interno o all’esterno. Li rassicuro dopo aver sentito gli uomini della sicurezza. Saranno tutti sullo scalone dell’edificio alle 14,30 in punto.

Rientro in albergo. Incontro il responsabile esteri dell’autorità palestinese. Mi parla con il cuore in mano. Vuole che il suo popolo venga prima considerato e poi aiutato. Mentre parla con me maneggia con la mano destra un rosario arabo una specie di "quema angustias" spagnolo molto simile ad un "komboloi" greco, d’argento ed ambra. Gli arabi lo usano da millenni per scaricare la tensione è da questo oggetto che è nato il rosario cristiano.

Ore 18. Colloquiamo con il ministro Dini. Gli chiedo il perché dell’assenza della Libia nel processo euromediterraneo. Mi risponde che l’Italia, e personalmente lui, aveva tentato un approccio con i partner dell’Ue per invitare la Libia a partecipare come osservatore a questa conferenza. Non essendovi stato consenso da parte degli altri partner l’invito non è stato esteso. Alla mia domanda sul difficile processo di pace nel Medio Oriente e sui problemi che tutto questo può creare all’interno del dialogo euromediterraneo, Dini risponde "Nell’intendimento della Dichiarazione di Barcellona questi due fattori dovevano essere tenuti separati e quindi l’intendimento generale è che il processo di pace non debba interferire con l’avanzamento dei progetti che rientrano nell’ambito del processo di Barcellona. Tuttavia, è inevitabile che in un momento come questo, in cui siamo in una situazione di stallo, di potenziale conflitto, questo non entri inevitabilmente nelle discussioni poiché è nella mente di tutti. È una forte preoccupazione di tutti i Paesi che sono presenti al tavolo. Abbiamo oggi ascoltato dichiarazioni che sembrano, sia da parte del presidente Arafat che da parte del ministro Levy, voler perseguire il processo di pace con determinazione mettendo da parte gli ostacoli che si sono fino a oggi sovrapposti. Sapete che questi elementi di instabilità e in particolare di violenza certamente non sono produttivi per proseguire il processo di pace, anche se da parte palestinese si ritiene che siano stati provocati da iniziative che esulano da tutti gli elementi del processo di pace come la ripresa degli insediamenti nell’est di Gerusalemme".

Mercoledì 16 aprile. Appuntamento in albergo con Claudio Azzolini e Vincenzo Viola. C’è molta agitazione. Nella Sala Verde Van Mierlo ed altri ministri mettono buoni auspici per un incontro tra Arafat e Levy. I due si incontrano a mezzogiorno, quando ormai sembrava che niente al mondo potesse più convincerli a riprendere i contatti. Le accuse e la freddezza iniziali vengono alla fine superate e immortalate in una foto in cui i due leader si stringono la mano in presenza del primo ministro maltese, Alfred Sant. Una cosa è certa il cammino della pace è irreversibile e contraddittorio ad un tempo. Per quanto sia Arafat che Levy siano convinti che la marcia verso una pacifica soluzione sia l’unica via percorribile, e si impegnino a condannare pubblicamente gli atti terroristici che continuano a far vacillare l’indispensabile e delicato processo per la pace, recedono di poco dalle loro posizioni. Nella sala stampa incontro il ministro turco e l’ambasciatore di Cipro in Italia Sherifis. Anche in quest’area i problemi tra Turchia e Grecia alimentano focolai di conflitti.

In questi giorni trascorsi qui mi sono convinto che viviamo in un momento più che difficile. Tuttavia, le molteplici iniziative che la Ue e la Ce possono intraprendere per agevolare lo sviluppo economico e culturale dei Paesi della sponda sud, non devono assolutamente essere interrotti a causa del blocco esistente in Medio Oriente. Dobbiamo a tutti i costi evitare di ricadere nel buio della incomprensione e dell’intolleranza.

Rientro in Italia. A Catania c’è una tempesta d’acqua. Dopo alcuni sobbalzi, l’aereo naviga su di un mare di nuvole fitte fino a Napoli. Sembrano ovatta color grigio-azzurro. Sullo sfondo un tramonto luminoso una luce che viene da Ovest. Guardo alle mie spalle Malta ed il Sud del Mediterraneo. Lì è già buio. La luce viene solo da Ovest.

Il contributo della Società Civile per la pace e la cooperazione

Il cammino verso una soluzione di pace è lungo e difficile. Ciò è emerso anche dagli interventi dei rappresentanti di Israele e dei numerosi Paesi arabi, nonché del Popolo palestinese. Sono a favore di una politica a "doppio binario" per la ricerca della pace e la realizzazione del partenariato. A tale proposito, condivido la posizione espressa nell’intervento dal Ministro degli Esteri italiano Lamberto Dini e la linea, più volte ribadita, dalla stessa Unione Europea. Il partenariato e la pace sono due processi distinti, anche se la loro stretta correlazione ci porta a non trascurare ogni possibile sforzo per la dissoluzione delle tensioni in Medio Oriente.

Siamo qui per assecondare una scelta politica del Parlamento europeo, di chi ha voluto questa politica euromediterranea da sempre. C’è unità di consenso. Ad oltre un anno dalla I Conferenza di Barcellona occorre verificare cosa c’è che non va. Non si è ancora costituita una sede istituzionale permanente per poter proseguire con regolarità e costanza questo rapporto di dialogo e partenariato. Uno dei punti esposti a Barcellona prevedeva di dare un seguito parlamentare ed interparlamentare una sede, cioè, dove si potessero incontrare i rappresentanti della Ue, cioè gli europarlamentari, e quelli dei Paesi terzi mediterranei. Il processo non è stato ancora avviato. Noi ci aspettiamo che da Malta parta in maniera definitiva e certa il "forum interparlamentare mediterraneo" di cui il Parlamento europeo costituirà una parte ed i parlamentari dei Paesi terzi mediterranei rappresenteranno l’altra.

In questo contesto, il Parlamento europeo può e deve adoperarsi con ogni mezzo possibile, avviando iniziative appropriate per sostenere i processi di pace e di partenariato nel bacino del Mediterraneo, ricercando al tempo stesso un proprio ruolo politico che gli consenta di esercitare fino in fondo i propri poteri.

Il Parlamento europeo, unica Istituzione europea democraticamente eletta dai propri cittadini (370 milioni), deve dunque adoperarsi per la ricerca della pace, della stabilità e della prosperità del bacino mediterraneo nell’interesse comune, anche stimolando e sostenendo i Fòrum Civili Euromediterranei, affinché la Società Civile sia appropriatamente coinvolta in questo processo di cooperazione e collaborazione tra i popoli. La mia preoccupazione è che la soluzione Malta non ci sarà né potrebbe esserci perché non mi pare, dai discorsi che si sono svolti in questi due giorni, che ci sia una determinazione a raccogliere l’invito, ancorché pressante, del Pe.

L’appuntamento in Italia, a dicembre 1997, del II Fòrum Civil Euromed, è una concreta opportunità per rendere "testimonianza" di quanto si può e si deve fare con il contributo della Società Civile. Questo II Fòrum sarà il vero centro motore che potrà dar vita a quel dialogo fruttifero di soluzioni concrete, perché sarà la Società Civile ad esprimersi dalla cultura all’università, alle fondazioni, alle grandi accademie, all’imprenditoria, alle associazioni, alle ong e a quanti altri abbiano a cuore le soluzioni e non le dinamiche evolutive o involutive dell’area mediterranea. Io sono dell’avviso che il Pe ha già dato formalmente indicazioni favorevoli verso scelte di questo tipo e altrettanto ha fatto la Commissione. L’auspicio è che la Società Civile sia più foriera di contributi di quanto non lo sia stato fino ad oggi.

Malta, 16 aprile 1997