"IL DENARO"

22 marzo 1997

L’Europa unita vuole la pace*

di Michele Capasso

"È ormai impellente richiamare l’attenzione dei governi europei su un fatto tanto irrilevante, a quanto pare, che quei governi non sembrano accorgersene. Eccolo, il fatto: si sta assassinando un popolo. Dove? In Europa. Ci sono testimoni? Uno, il mondo intero. I governi lo vedono? No. Le nazioni hanno sopra di loro qualcosa che sta sotto di loro: i governi. In certe situazioni la contraddizione esplode: la civiltà è nei popoli, la barbarie nei governi.[...] Ciò che avviene nei Balcani dimostra la necessità di fare gli Stati Uniti d’Europa. Ai governi disuniti devono succedere i popoli uniti [...]. La Repubblica d’Europa, la Federazione continentale: non esiste altra realtà politica. L’Europa ha bisogno di una nazionalità europea, di un governo unico, di una democrazia in pace con se stessa, di nazioni tutte sorelle".

Questo scriveva Victor Hugo più di un secolo fa in una delle sue ultime opere, "Actes et Paroles. Depuis l’exil", scritta tra il 1875 e il 1876.

Luigi Einaudi, nel discorso pronunciato all’Assemblea Costituente il 29 luglio del 1947 affermava:

"In un’Europa in cui in ogni dove si osservano rabbiosi ritorni a pestiferi miti nazionalisti, in cui improvvisamente si scoprono passionali correnti patriottiche in chi sino a ieri professava idee internazionalistiche, in quest’Europa nella quale ad ogni piè sospinto si veggono con raccapriccio riformarsi tendenze bellicistiche, urge compiere un’opera di unificazione. Ma alla conquista di una ricca varietà di vite nazionali, liberamente operanti nel quadro della unificata vita europea, noi non arriveremo mai se qualcuno dei popoli europei non se ne faccia banditore. Auguro che questo popolo sia l’italiano. [...] Utopia la nascita di un’Europa aperta a tutti i popoli decisi ad informare la propria condotta all’ideale della libertà? Forse è Utopia. Ma ormai la scelta è soltanto fra l’Utopia e la morte, fra l’Utopia e la legge della giungla... dobbiamo non aver timore di difendere le idee le quali soltanto potranno salvare l’Europa".

In questi giorni si celebrano i quarant’anni della nascita dell’Europa. Le citazioni di Hugo ed Einaudi sono ancora valide per riaffermare, oggi, più che mai, la necessità degli Stati Uniti d’Europa. Anche chi contribuì il 25 marzo 1957 alla nascita della Cee perseguiva la stessa ambizione.

Così si espresse De Gasperi:

"L’Unione dell’Europa è basata su una realtà già esistente...Qui è la sua forza, è la base della nostra sicura fiducia: l’Europa è...Ma dobbiamo curare che la nuova forma politica ed economica del Continente non sia un artificio non rispondente a certe esigenze reali che noi non possiamo modificare a nostro piacimento".

Il francese Jean Monnet confermò l’indispensabilità degli Stati Uniti d’Europa:

"Ciò che sta per riuscire in materia di carbone ed acciaio nei sei Paesi della nostra Comunità, deve essere perseguito sino alla conclusione: gli Stati Uniti d’Europa [...]. I nostri Paesi sono divenuti troppo piccoli rispetto al mondo attuale, nel quale la scala della tecnologia moderna si misura oggi secondo la dimensione americana o russa e si misurerà domani secondo quella della Cina o dell’India".

Il belga Henry Spaak, tra i firmatari della Carta di Roma, disse:

"Realizzare l’Europa unita significava per me assicurare la pace nella parte del mondo in cui vivevo, permettere ai Paesi che ne avrebbero fatto parte di organizzarsi seguendo una dimensione oggi necessaria per beneficiare al massimo dei progressi scientifici e tecnici, infine dare il suo posto ed il suo splendore ad una civiltà il cui messaggio umano mi appariva senza rivali".

Ma qual’è l’Europa di oggi, quali le aspettative di pace alle soglie del terzo millennio?

La caduta del muro di Berlino del 1989 fu per molti l’auspicio di una nuova era di pace e cooperazione nel mondo. Le aspettative erano molteplici e generarono un clima di speranza per il raggiungimento di un nuovo ordine mondiale. Paradossalmente, un numero incredibile di crisi, conflitti, disordini ed atrocità si sono sviluppati ed acuiti proprio dopo la caduta di quel muro. Soprattutto nel Mediterraneo, che continua ad essere una delle aree più turbolente del mondo a causa di continue guerre alimentate essenzialmente da scontri etnici e religiosi.

L’Algeria, l’ex-Jugoslavia, il Libano, Cipro e la tragedia dell’Albania – da noi tristemente annunciata da tempo – sono solo alcuni esempi di un’avaria morale e politica che non può lasciarci indifferenti.

In questo scenario, un’Europa unita come Stato unitario, nel rispetto delle identità di ciascun popolo, è l’unica soluzione per evitare l’emergere di nuove frontiere che alimenterebbero nuovi tragici conflitti. Ma la parte unificata dell’Europa è stata per molto tempo soltanto un’associazione a scopi economici, una potente consapevole comunità di produzione e di mercato, una ritardata realizzazione di quella "economia comune" europea auspicata già da Walther Rathenau alla fine della prima guerra mondiale.

Per consolidare il processo di Unione, per realizzare l’area di libero scambio prevista dalla Conferenza Euromediterranea di Barcellona del novembre 1995 occorrono doti di grande equilibrio sul terreno socio-politico per evitare che le disparità sociali esistenti tuttora tra le singole regioni europee e, ancor più, tra quelle europee ed il sud del Mediterraneo, possano arrestare il processo di unificazione europea, privarlo della sua legittimità, impedire il suo "ancorarsi" al Mediterraneo.

Ma anche l’Europa dell’Est ha un suo ruolo essenziale. In questi Paesi la cultura, la scienza, la ricerca hanno avuto un ruolo primario avendo alimentato molteplici movimenti di liberazione fra i cui obiettivi c’è sempre stato quello dell’Europa unita.

Gli intellettuali dell’Europa dell’Est hanno prodotto una cultura del dialogo che – attraverso rivoluzioni pacifiche – ha fatto sensibilmente aumentare l’estensione della libertà in Europa con una velocità impensabile solo fino a ieri. Alcuni di questi intellettuali – è il caso di Havel in Cecoslovacchia, di Arpad Göncz e József Antall in Ungheria – hanno assunto cariche di grande responsabilità. Un’evidente – e coerente – ironia di questo secolo è stata la circostanza che sono stati proprio gli intellettuali ad infliggere il colpo di grazia al marxismo nella sua forma di socialismo di stato.

L’ex Europa dell’Est, che da "vicino politico" è protagonista di un processo di identificazione con l’Europa occidentale, deve subire condizioni di vita ed aspettative future spesso indesiderate. Una caratteristica delle popolazioni di molti Paesi europei è quella che una nuova prospettiva del futuro va di pari passo con una diversa interpretazione del passato. Ma in Europa opportunità e condizioni di vita si uniformeranno: con estrema lentezza e con costi elevatissimi per i diretti interessati. Non è possibile cambiare nel giro di pochi anni stili di vita, mentalità ed abitudini creati e sostenuti da decenni di potere dei regimi totalitari. Occorre soprattutto passare da un sistema di "misure" ad un sistema di "valori". Parlare oggi, in Europa, di crisi della modernità significa sottolineare la delegittimazione del sistema dei valori.

Jacques Delors ha individuato nel "repli sur soi" l’ostacolo principale verso l’Europa unita: quell’inclinazione, tipica delle società occidentali, alla riflessione, all’autocritica, al ripensamento. Noi europei abbiamo sempre voluto decidere i limiti della nostra europeizzazione del mondo. Per troppo tempo abbiamo voluto "insegnare" agli altri; il nostro futuro, ormai, dipenderà dalla nostra capacità di "apprendere": soprattutto dalla "culla" della nostra civiltà, dai Popoli del Mediterraneo.

Accelerare il processo di pace nell’intera regione euromediterranea significa porre solide basi per una salda, durevole Unione statale europea, aperta al Sud e all’Est. Realizzare quest’ambizioso – forse utopistico – progetto, quello degli Stati Uniti d’Europa che includano i Paesi dell’Est e del Sud, non è solo compito delle Istituzioni. Occorre l’intervento massiccio della Società Civile con le varie componenti: regioni, città, università, sindacati, imprese, associazioni, ong, centri di cultura e ricerca. Tutte devono essere sensibilizzate per concorrere a questo processo di unificazione e cooperazione.

Il 15 e 16 aprile 1997 a Malta si svolgerà la II Conferenza Euromediterranea. I ministri degli Esteri dei 15 Paesi dell’Unione Europea unitamente a quelli dei Paesi mediterranei faranno il punto sui risultati della I Conferenza svoltasi a Barcellona nel novembre 1995. Tra gli argomenti in discussione: il patrimonio culturale, la lotta alla disoccupazione, i diritti dell’uomo, la lotta alla droga e alla criminalità, il dialogo della Società Civile.

L’obiettivo principale della Fondazione Laboratorio Mediterraneo è proprio quello di strutturare organicamente il dialogo tra le Società Civili. Il II Fòrum Civil Euromed – che in collaborazione con l’Institut Català de la Mediterrània sarà organizzato nella Regione Campania per la fine di quest’anno – sarà un momento importante per stimolare i molteplici attori dei Paesi europei e mediterranei a confrontarsi ed a proporre progetti operativi da suggerire all’Unione Europea nell’ambito del programma euromediterraneo.

Gli Stati Uniti d’Europa e la pace nel Mediterraneo dipenderanno soprattutto dalla risposta della Società Civile.

Comunicato Stampa del Comune di Napoli del 21 Marzo 1997.
Un Appello per L’Albania

Napoli ricorda il Qurantennale della Unione Europea con una manifestazione che si svolge sabato 22 marzo nel Teatro di Corte di Palazzo Reale con inizio alle ore 10.

L’evento è stato promosso da: Comune di Napoli, Federation des Unions des Consuls Honoraires en Europe, Fondazione Laboratorio Mediterraneo, Istituto Italiano per gli Studi filosofici, Federazione delle Associazioni Culturali Napoletane, Associazione Europea Mediterranea, Associazione Laboratorio Europeo, Gruppo Partenopeo Rotary International e Rotaract, Lions Clubs International Multidistretto 108 Italy, Associazione per il Mondo Unito, Junior Chamber International Lom Napoli.

In questa associazione la Fondazione presenta un Appello per l’Albania, già sottoscritto da numerosi parlamentari europei.

Ecco il testo e i primi firmatari del documento

"In Albania sono succedute al comunismo, dopo una fase di disgregazione dello Stato, forme democratiche fragili quanto imperfette.

L’Occidente le ha sostenute mediante apporti finanziari, preoccupato più di evitare il coinvolgimento dell’Albania nella guerra di Bosnia che di consolidare le nuove strutture.

Nell’ora del prevedibile disastro, mentre una parte della popolazione cerca scampo nella fuga e quella restante è in una situazione insurrezionale disordinata e senza chiari né comuni obiettivi, è urgente che l’Unione Europea intervenga per la riorganizzazione dello Stato, per l’instaurazione di una vera democrazia e per evitare che il diffuso armamento finisca poi, tramite oscure vie, nelle zone limitrofe già pervase da violente tensioni. Se queste ultime dovessero deflagrare tutto il Sud-Est europeo rischierebbe d’essere coinvolto e ciò potrebbe avere conseguenze anche nel resto dell’Europa.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, che ha assunto l’impegno di strutturare in maniera duratura ed organica il dialogo tra le società civili, porterà il problema dell’Albania già nel II Fòrum Civil Euromed continuerà ad affrontarlo in successivi Fòrum specifici. Intanto, la Fondazione chiede alle Istituzioni dell’Unione Europea un intervento immediato allo scopo di aiutare il popolo albanese a ricostruire organizzazioni politiche autenticamente democratiche, uno Stato sicuro ed una società sana, libera ed equa.

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo invita i Parlamentari europei a sottoscrivere questo appello".

Primi firmatari del documento: Claudio Azzolini, Francesco Baldarelli, Monica Baldi, Roberto Barzanti, Spalato Bellerè, Gerardo Bianco, Leonie van Bladel, Aldo Blaise, Gianpiero Boniperti, Pierluigi Castagnetti, Miguel Arias Canete, Pierferdinando Casini, Marie Arlette Carlotti, Alessandro Danesin, Edouard Des Places, Gerard d’Abouille, Jacques Donnay, Katerina Daskalaki, Charles Delcroix, Sandro Fontana, Pat the Cope Gallagher, Fiorella Ghilardotti, Renzo Imbeni, Mathieu Grosch, Franco Malerba, Luigi Moretti, Hilde Hawlicek, Doris Pack, Jean Claude Pasty, Josè Girao Pereira, Guido Podestà, Anne Christine Poisson, Joan Vallvé, Daniel Luis Varela, Pasqualina Napoletano, Daniela Raschhofer, Carlo Secchi, Vincenzo Viola, Guido Viceconte, Enrico Vinci.