"IL DENARO"

15 Luglio 2000

 

SUD: IL DESTINO E’ AFFIDATO AI GIOVANI

Marocco, Giordania e Siria puntano su Maometto IV, Abdallah II e Bechar

di Michele Capasso

 

Marrakech, 22 giugno 2000. E’ trascorso un anno dalla morte di Re Hassan II, il 23 luglio 1999, e l’ascesa al trono del figlio Maometto VI ha riacceso le speranze degli abitanti delle bidonvilles, dei più poveri, dei disperati.

"il nuovo re è gentile – dice Ismail, 30 anni, 6 figli, una casa modestissima nella periferia di Marrakech – e vuole cambiare le cose occupandosi di noi poveri, vuole aiutarci. Ma, intorno a lui, molti desiderano che nulla cambi. Vogliono continuare a tenerci poveri. Per questo è difficile continuare a sperare: tuttavia, non abbiamo altra scelta."

Abdellatif Laabi, scrittore, afferma: "Bisogna essere ciechi per non capire che i Marocchini hanno tirato fuori la testa dalla sabbia, acquistando una nuova, intima libertà che consentirà di abbandonare le paure e i fatalismi. Se l’inferno quotidiano può cambiare ed il nuovo re riaccende le speranze, essi sentono che il futuro in Marocco può essere possibile. Questo re è giovane, capisce le esigenze del mondo odierno. Qualcosa cambierà."

Maometto VI è cosciente delle speranze e dei bisogni enormi di un Paese di 29 milioni di abitanti, dove il 25% sono disoccupati e più della metà della popolazione è ancora analfabeta (il 70% delle donne). Nelle zone rurali il 70% non ha ancora accesso all’acqua potabile, l’87% non ha l’elettricità e il 93% non riceve alcuna assistenza medica.

Richiamando i principali problemi del suo Paese, in un recente incontro il re Maometto VI ha dichiarato: "In primo luogo bisogna affrontare i problemi della disoccupazione e della siccità nelle campagne. Ma anche la lotta contro la povertà è essenziale. Potrei parlarvi per ore di questi drammi: la povertà, la miseria, l’analfabetismo. Occorre soprattutto agire".

Sul tema dei diritti umani e delle libertà dell’individuo il re Maometto VI si è distinto sin dal suo insediamento affermando che " è assolutamente necessario assicurare diritti umani e libertà individuali". Il 9 novembre 1999, è stato lui a destituire il ministro degli interni Driss Basri, che per più di 30 anni era stato artefice di una politica di dura repressione. Contemporaneamente il sovrano ha graziato la famiglia di Mehdi Ben Barka, – dirigente socialista assassinato a Parigi nel 1965 – autorizzandone il rientro in Marocco.

Questo re, che ho avuto modo di incontrare più volte, lascia ben sperare per un nuovo corso del Marocco nell’era globale e per il futuro del Mediterraneo.

Amman, luglio 2000. Stiamo preparando, su incarico dell’Unione Europea, la Commemorazione di Re Hussein, prevista nella capitale giordana il 10 ottobre 2000, in occasione del 2° anniversario della nascita dell’Accademia del Mediterraneo.

Anche qui l’ascesa al potere del re Abdallah II, giovane, cresciuto in Inghilterra, profondo conoscitore dell’Europa e dell’Occidente, apre le porte ad un nuovo equilibrio nella regione seguendo le impronte lasciate da re Hussein.

La Giordania ha gli stessi problemi del Marocco con l’aggiunta di essere un Paese privo di risorse e assolutamente dipendente dagli aiuti esterni. Il giovane re deve continuare a seguire un difficile equilibrio tra tradizione e modernità, tra Oriente e Occidente, senza trascurare i mille bisogni delle tribù beduine e dei profughi palestinesi che costituiscono, in Giordania, una parte importante della popolazione. Non a caso Bill Clinton, subito dopo la morte di re Hussein, elargì al nuovo re un aiuto economico immediato per consentirgli di affrontare con maggiore serenità la difficile transizione.

Marsiglia, 5 luglio 2000. Si aprono "Les Assises de la Mediterranée". 1450 partecipanti, 3 forum di lavoro, la "Rentrée Solennelle" della nostra Accademia e la riunione di Euromedcity. Shimon Peres è disteso ed è contento di essere intervenuto a questi nostri appuntamenti, nonostante sia il principale candidato alle imminenti elezioni presidenziali in Israele.

Dopo la consegna del diploma d’onore dell’Accademia – riservato ai membri fondatori – e della prima cravatta con il logo dell’istituzione – disegnata, insieme alle toghe e al foulard dallo stilista napoletano Mariano Rubinacci – il leader israeliano, premio Nobel per la Pace, pronuncia un discorso di rara chiarezza e di elevato contenuto.

Afferma che il merito dell’Accademia è quello di aver creato un contenitore pieno di valori, in un era globale dove non è più necessario avere la forza del denaro perché il mondo sarà cambiato dalla cultura e dalla "forza delle idee".

Sul processo di pace in Medio Oriente e nel Sud del Mediterraneo Peres è fiducioso. "Occorre – dice – avere fiducia nei giovani leader: in Marocco, in Giordania, in Siria".

Damasco, giugno 2000. Dopo la morte del padre Hafez el Assad, il figlio, il "Dottor Bachar" – come viene chiamato – è l’unico candidato all’elezione presidenziale: sembra quasi che la regia sia stata scrupolosamente preparata dal padre.

Il leader scomparso, padre-padrone per oltre 30 anni della Siria, fu traumatizzato dagli eventi del 1984. Il regime, allora, difficilmente riuscì a sopportare l’insurrezione dei "Fratelli musulmani" (1979 – 1982). La minoranza alaouita, che ha monopolizzato i principali posti di potere, era sul punto di capitolare e la guerra civile sembrava essere l’unica soluzione. Assad riprese in mano il potere, mandò in esilio suo fratello Rifaat e preparò al potere il figlio primogenito Bassel. Quest’ultimo, però, morì il 21 gennaio 1994 al volante della sua auto sportiva. Rapidamente lo scenario dinastico si rimette in moto ed il candidato è il secondo figlio del presidente, Bachar. Chiamato urgentemente da Londra, dove segue la specializzazione in medicina, il "Dottor Bachar" comincia a costruire il suo nuovo destino.

Anche in questo caso – come per re Abdallah II di Giordania e re Maometto VI del Marocco – il lungo soggiorno all’estero (raro per un regime come la Siria) ed il carattere pacato e razionale fanno di Bachar un abile diplomatico.

Nell’autunno del 1998, Bachar convince suo padre Assad ad espellere Abdullah Öcalan, il leader curdo che, poi, approderà in Italia: in questo modo viene evitata una guerra tra Siria e Turchia dalle conseguenze imprevedibili.

Il "Dottor Bachar" costruisce con uno scrupoloso lavoro la sua popolarità. Egli riesce a vendere l’immagine di "modernizzatore", patrocinando interventi per la diffusione dell’informatica e di Internet. Contemporaneamente attacca l’illegalità diffusa: nel settembre 1998, lasciando tutti stupefatti, i bulldozers abbattono alcune ville illegalmente costruite da dignitari alaouiti. Qualche settimana dopo, il generale Bachir el Nassar, direttore della sicurezza dello Stato, viene arrestato. Sarà condannato a 12 anni di prigione.

Per molti anni la propaganda di regime ha associato all’immagine del leader Hafez El Assad quella di Bachar, simbolo del "futuro della Siria" e quella di suo fratello morto Bassel, "l’esempio".

Questa trinità fa pensare alla triade sacra degli alaouiti: Maometto, Ali – martire – e Salmane, il primo "non-arabo" convertito all’Islam.

E’ possibile un paragone tra Salmane e Bachar: come Salmane convinse Maometto a scavare un fossato per difendere la Medina dagli infedeli, così Bachar dovrà colmare il fossato che il suo regime ha scavato con l’Occidente ed il resto del mondo.

Solo così la Siria potrà diventare un Paese libero e la pace una realtà nel Mediterraneo.