"IL DENARO"

30 novembre 1996

Il patrimonio culturale: una risorsa per lo sviluppo*

di Michele Capasso

Martedì 26 novembre 1996. Bruxelles. Audizione congiunta delle Commissioni per la politica regionale e per la cultura. Il tema è dedicato alla "Valorizzazione del patrimonio culturale quale contributo allo sviluppo regionale ed all’occupazione". Con Luciana Castellina, Roberto Speciale2, Colette Flesch3, José-Vidal Beneyto4 ed altri discutiamo sulle azioni da intraprendere. Di seguito una sintesi del mio intervento. L’Europa deve recuperare un ruolo-guida nell’evoluzione degli eventi del mondo. Ciò potrà avvenire solo se rivaluta la centralità del Mediterraneo, culla di alcune tra le più antiche civiltà. L’Europa deve considerare essenziale, oltre alla dimensione economica, anche quella culturale. In tale contesto, il recupero del patrimonio culturale è indispensabile per conservare la memoria e trasmettere importanti valori alle generazioni future. Il Mediterraneo, in questo processo, ha un ruolo essenziale. La ricchezza dei suoi giacimenti culturali, il loro restauro e la loro valorizzazione, rappresentano il futuro per lo sviluppo e l’occupazione delle Regioni che su questo mare si affacciano o convergono. La costruzione di un’Europa mediterranea non può avvenire a parole: occorrono azioni risultanti da progetti esecutivi capaci di valutare attentamente i tempi d’esecuzione, le risorse disponibili e le strategie possibili. In quest’ottica si svolgono le attività della Fondazione Laboratorio Mediterraneo. Esse sono comprese nell’ambito di programmi di ricerca pluriennali e concentrate in nove grandi settori: pace nel Mediterraneo; formazione e promozione del benessere; cooperazione tra Regioni, Province e Città; empowerment individuale e sociale; cultura del turismo; tutela dell’ambiente; arte, teatro, musica, danza e cinema; filosofia, storia, letteratura; tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. Quest’ultimo settore coincide con l’argomento della presente audizione.

Negli ultimi tempi, in varie discipline, si stanno riconsiderando idee e metodi per una nuova concezione del restauro del patrimonio culturale. Nell’urbanistica, ad esempio, è avvertita la necessità di presentarsi in modo diverso rispetto ai processi evolutivi delle città: l’urbanista torna ad osservare il territorio nella sua costruzione fisica, ponendo maggiore attenzione alla salvaguardia del patrimonio culturale, al suo riutilizzo ed alla storia della città. Lo scopo è contribuire a ridefinire il concetto di "bene storico-artistico-ambientale", rappresentativo di preesistenze eterogenee all’interno di ambienti sociali ed urbani destinati ad accoglierle. Il restauro del patrimonio culturale è strettamente legato alle trasformazioni delle città, al diverso rapporto tra centro e periferie, al ruolo delle nuove architetture. La città è fatta di parti che dovrebbero essere in rapporto con un "insieme": se diventano segmenti slegati – anche se di notevole importanza culturale – perde di valore la città. Da questa considerazione nasce una duplice esigenza: da una parte "tutelare" il patrimonio culturale e dall’altra "generare" in esso luoghi di incontro. Queste due azioni devono essere congiunte. Il patrimonio culturale costituisce la linfa vitale anche per lo sviluppo e l’occupazione di gran parte delle città e delle regioni europee e mediterranee. Assegnare un’importanza significativa all’aspetto culturale nel progetto di associazione euromediterranea significa finanziare progetti culturali operativi capaci di trasformare il "restauro del patrimonio culturale" in "offerta culturale". Ciò va sostenuto sia in termini di risorsa culturale e turistica sia come elemento essenziale per le politiche di sviluppo regionale e di qualità della vita. Restaurare il patrimonio culturale significa rispettare la storia attraverso la salvaguardia delle relazioni con il passato, con la memoria e con i simboli. Senza cadere nello storicismo.

Il rapporto tra la città che cresce e si trasforma ed il suo patrimonio culturale – spesso abbandonato e non utilizzato – pone problemi di metodo. Primo fra tutti la valutazione se conservare o meno tutto ciò che è "antico". Non sempre il patrimonio culturale coincide con il patrimonio "antico". Nell’operazione di restauro occorre trovare soluzioni equilibrate capaci anche di demolire, laddove è necessario, correggendo errori del passato: spesso per riscrivere una pagina occorre cancellare parte della precedente. In questo caso è necessario reinterpretare il bene culturale considerando parametri legati a nuove esigenze:

– il recupero di una dimensione regionale di tutela e valorizzazione;

– l’aspetto economico ed occupazionale legato ad una coerente utilizzazione;

– le nuove tecnologie multimediali di diffusione e promozione;

– lo sviluppo di un turismo culturale e la necessaria formazione professionale.

Il rapporto tra centro e periferie è strettamente legato all’uso del patrimonio culturale. Le periferie non riescono ad acquisire la dignità e la qualità del centro anche per la mancanza di un proprio patrimonio culturale: vengono costruite senza alcun riferimento e senza i valori di un centro storico. Si produce così una frattura insanabile tra l’espansione urbanistica e l’architettura. Gli abitanti si sentono estranei alla città. Occorre passare da dimensioni di "misure" a dimensioni di "valori". È indispensabile concepire il restauro del patrimonio culturale anche in rapporto alla valorizzazione delle regioni periferiche. Attraverso la creazione di legami stretti, identificabili in una saggia offerta culturale, è possibile avvicinare gente e luoghi geograficamente distanti ma culturalmente vicini – come, ad esempio, la Mitteleuropa all’area archeologica di Pompei – oppure, al contrario, geograficamente vicini ma culturalmente distanti – come, ad esempio, gli abitanti delle periferie di città d’arte come Roma e Venezia ai rispettivi centri storici –. Nel restauro del patrimonio culturale assume particolare importanza l’uso dell’architettura contemporanea. Se talvolta è necessario demolire per "riscrivere" la pagina, è altrettanto importante che la pagina sia "ben scritta": evitando di produrre solo "architetture d’accompagnamento". Occorre realizzare "architetture di sostegno": meritevoli d’inserirsi nelle preesistenze storico-culturali e capaci di migliorare e qualificare i beni restaurati. Da queste considerazioni nasce l’esigenza di un’ "etica del restauro". Occorre avere consapevolezza del compito ed assumerne le responsabilità. Gli errori commessi nel passato possono essere evitati solo attraverso la trasmissione di esperienze e la costruzione di "reti" capaci di comunicare i risultati positivi raggiunti. Quest’esigenza è maggiormente avvertita sulla sponda sud del Mediterraneo dove esistono vecchi progetti di restauro, spesso non rispettati per la mancata identificazione tra l’ideologia che li ha prodotti e quelle stesse civiltà.

Altri aspetti da considerare sono:

1. Il restauro del patrimonio culturale non deve essere considerato come semplice ricostruzione materiale ed estetica di beni antichi, ma anche e soprattutto come riconquista delle tradizioni storiche e culturali che quel patrimonio testimonia.

2. La dimensione di mondializzazione deve essere intesa anche come rivitalizzazione di tutte le culture, integrate del loro passato e delle proprie specificità: in questo caso avremo quella fonte di ricchezza spirituale e materiale da tutti invocata.

3. Nella dialettica tra produzione e cultura, tra impresa ed educazione, l’apporto delle grandi istituzioni degli Stati nazionali e dell’Europa deve essere di orientamento e direzione. Le iniziative concrete e le effettive realizzazioni andrebbero affidate alle competenze specifiche di istituzioni private senza fini di lucro, in quanto queste hanno lo stesso potere costruttivo riscontrato nell’ambito economico. Queste istituzioni, maggiormente legate alla società civile, stanno dimostrando di poter agire con precisione, competenza, economia ed originalità. L’economia e la cultura sono strettamente connesse. Nel prossimo futuro è indispensabile sviluppare l’economia della "cultura" e della "bellezza": caratteristiche presenti nel sud dell’Europa e nell’intero Mediterraneo.

Solo così sarà possibile contribuire alla necessaria rigenerazione culturale dalla quale può nascere quella ricchezza spirituale indispensabile per affrontare il terzo millennio.