"IL DENARO"

12 settembre 1998

Strategia per il Bene Comune

di Michele Capasso

Domenica 26 luglio 1998. Bruxelles.

"La tolleranza è una qualità fondamentale per una vera democrazia. Implica il rispetto dell’altro, al di là delle differenze di concezione politica, filosofica, economica e sociale…In una tale democrazia i cittadini devono sentirsi uguali e sicuri ed ogni violenza deve essere combattuta. Per il bene comune". Questa frase, tratta dal discorso che Baldovino – il re dei belgi morto cinque anni fa – tenne il 18 gennaio 1985 rivolgendosi alle autorità del suo Paese, è impressa su un manifesto che promuove una mostra dedicata a questo sovrano. È stata allestita nella sala del Palazzo Reale ed inaugurata il 22 luglio scorso. Incoraggiato dal clima fresco, mi metto in coda sotto il sole insieme a centinaia di belgi mescolati a gente di colore proveniente dai più svariati Paesi del mondo. In ogni sala, sullo schermo, sono proiettate immagini che ritraggono momenti salienti della vita di Baldovino. Un buon re. Amava il suo popolo. Aveva il senso del bene comune: lo testimonia, ancora oggi, il legame con la sua gente. È possibile leggerlo sui volti commossi di coloro che rivedono in questi giorni le immagini del suo funerale sullo schermo gigante allestito a conclusione della visita. Una ragazza africana deposita un fiore ed un biglietto vicino alla gigantografia in bianco e nero posta nella stanza principale, dove è possibile ascoltare la voce del re Baldovino durante il suo ultimo discorso, pronunciato il 21 luglio 1993 in occasione della festa nazionale belga. Leggo quel biglietto: "Al nostro indimenticabile Re Baldovino, che ci mancherà sempre". Osservo con attenzione le varie sale in modo da ripercorrere la vita di questo re e, con essa, un’epoca importante della nostra storia. Baldovino aveva il senso del bene comune e promuoveva tolleranza e accoglienza soprattutto nei confronti dei deboli. Sosteneva lo sviluppo nei Paesi poveri per arginare i flussi migratori. La sua azione è oggi più attuale che mai e i politici, soprattutto quelli italiani, dovrebbero trarre esempio da questo re poiché siamo di fronte ad una svolta importante. Da tempo sosteniamo che l’Italia deve assumere il ruolo e la responsabilità di "ponte" tra l’Europa e il Mediterraneo: le ultime iniziative diplomatiche a favore della Libia, dell’Algeria, del Marocco e della Turchia confermano la validità e la necessità di questa nostra affermazione. Ma tutto questo non è sufficiente: occorre che il "sistema-Italia", nella sua composizione più ampia, collabori per definire e mettere a punto una politica complessiva mediterranea dell’Italia centrata sul "bene comune". Solo coniugando la sua posizione di promontorio naturale con la capacità di sapersi dotare di strumenti operativi ed organizzativi l’Italia potrà dar corpo ad un progetto che le consenta di diventare il luogo dove si concentrino prima le informazioni e poi l’elaborazione strategica di una politica euromediterranea. Il calvario dei clandestini, accentuatosi negli ultimi giorni, è solo un piccolo accenno a quello che accadrà in un futuro non lontano. Ai confini del nostro Paese si affolleranno migliaia di profughi provenienti dal Sud e dall’Est del Mediterraneo e sarà impresa ardua controllarne il flusso. Per non parlare della "bpmba Kossovo" che, esplode, investirà direttamente l’Italia con fiumi di deportati. Occorre dunque diventare "sistema": lo Stato centrale, le Regioni, le Città e tutti i principali organismi della Società Civile (università, camere di commercio, sindacati, imprese, istituti di ricerca e di cultura etc.) devono concorrere a costruire un meccanismo capace di analizzare, studiare e risolvere le complesse problematiche dell’area mediterranea. Per far questo occorre attivare una "macchina di informazioni", una banca dati in grado di fornire un quadro completo ed analitico di tutti gli organismi della Società Civile in ambito euromediterraneo e, come tale, accessibile a tutti i soggetti interessati: regioni, città, enti locali, camere di commercio, istituti di ricerca e cultura e così via.

La necessità di comunicare ed informare è indispensabile in un’epoca caratterizzata da un processo di globalizzazione inarrestabile: tuttavia non bisogna dimenticare che esistono ampi spazi non globalizzabili. Senza una corretta informazione, che serva da base preparatoria, la globalizzazione diventa un’astrazione funzionale ed utile solo ai Paesi più sviluppati che, non a caso, spingono in questa direzione. Così facendo, si producono fratture dolorose e pericolose. In tale scenario, l’Unione europea ha un ruolo essenziale: deve essere meno eurocentrica, più aperta – tanto ad Est quanto a Sud –; un’Unione che non sia solo monetaria e commerciale, ma anche sociale e culturale. Altri requisiti indispensabili per favorire azioni rivolte all’ambito euromediterraneo sono la professionalità, la celerità, la trasparenza: occorre considerare che proprio il processo di globalizzazione in atto e le leggi del mercato globale impongono l’abbandono di vecchie logiche faziose, basate sulla pura appartenenza, per affermare nuove logiche fondate sulla competenza, tutela e gestione del "bene comune". Le collettività locali – regioni, province, città – hanno un ruolo fondamentale in questo processo al quale sono chiamate a partecipare. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, oltre ad attivare la banca dati della Società Civile, si è resa promotrice della convergenza di tutte le principali competenze che operano in ambito euromediterraneo: è indispensabile programmare un tavolo di concertazione per valutare ed identificare le azioni realizzabili. La Regione Campania, le sue Province e le sue Città – prima fra tutte Napoli – non possono esimersi da tale processo, motivato dalla storia e dalla posizione geografica di questa Regione. Coloro che governano queste Istituzioni devono comprendere che per assegnare a queste collettività locali un ruolo primario nella dimensione politica, sociale e culturale del Mediterraneo non è più possibile sprecare tempo, risorse e speranze. È necessario adoperarsi subito, con fermezza e responsabilità, per realizzare azioni che non è più possibile rimandare.