On.
Guido
Podestà
Grazie Presidente. Gli interventi che abbiamo ascoltato, in
particolar modo quello del professor Monti, che colgo l'occasione di
ringraziare per la qualità del suo lavoro in Europa, mi consentono di non
entrare in certi aspetti più tecnici, ma di poter sviluppare alcuni
ragionamenti che mi stanno particolarmente a cuore, più complessi forse, che
attendono una risposta politica in relazione al medio periodo di ciò che
attiene non solo alla realtà mediterranea ed europea, ma un po' forse ad
un'area più allargata.
Senza pretendere di avere la soluzione in tasca, ogni tanto
mi chiedo se non ci sia qualcuno che crede di aver letto nella Bibbia che
l'Europa unita debba essere una realtà e non ci sia invece il rischio che, in
forza di situazioni che si stanno evolvendo, ci possa essere davvero qualche
possibilità di rompere questi meccanismi, visto che la realtà si sta
modificando molto, molto rapidamente.
La mia sensazione è che a volte se le distanze fisiche e
temporali, grazie all'innovazione tecnologica, si riducono, al contrario le
distanze culturali e politiche rischiano veramente di allargarsi. E allora
credo che dobbiamo riflettere e in qualche modo sentirci obbligati a portare
avanti in maniera prudente, ma anche coraggiosa, questo processo nuovo. Non si
può procedere un passo alla volta, come è avvenuto per decenni nella realtà
europea, ma vi è sempre più la necessità di pensare a qualcosa di nuovo, a un
momento, secondo me, di rifondazione di quelli che sono i presupposti di
quest'unione, di questo partenariato per quanto riguarda gli aspetti del
Mediterraneo, se non vogliamo correre il rischio, per me davvero grave, di
trovarci un domani in una situazione più difficile.
Si parlava di globalizzazione, si parlava di un confronto
che nei prossimi dieci, quindici anni, vedrà confrontarsi su tutto lo scenario
mondiale sei/sette aree, comprendendo naturalmente la Cina, l'India e la realtà
del Sud America. Noi, tutto sommato, abbiamo la fortuna di essere la parte più
ricca di diversità, di spunti e quindi anche di potenzialità, ma nello stesso
tempo questa è anche la nostra debolezza.
Allora crediamo davvero che sia possibile, nel giro di
dieci, quindici anni, arrivare ad una situazione sufficientemente integrata con
un "collante" definitivo dal punto di vista storico, per quanto
definitivo nulla possa essere nella vita dell'uomo, in modo tale che in questo
confronto ormai allargato l'Europa unita e le realtà che le gravitano intorno
abbiano la possibilità vera di competere? Perché molte volte mi sorge il dubbio
che questo sembri un problema affrontato da alcuni paesi e forse dimenticato da
altri. Mi riporto alla realtà mediterranea: troppe volte nell'ambito di alcune
discussioni, anche all'interno dello stesso Parlamento Europeo, mi viene il
dubbio che alcuni paesi considerino questo un problema solo mediterraneo e non
europeo. Credo, invece, che ci voglia una consapevolezza nuova del fatto che
siamo tutti inevitabilmente legati ad un destino comune che non riguarda
soltanto l'Europa. Considerando i problemi di quei Paesi che sono subito al di
là dell'area del Mar Nero a me non sembra che in questo momento l'Europa unita
sia in grado di giocare in qualche modo questa partita fondamentale per
equilibri futuri. Ecco perché il ragionamento, secondo me, va fatto in termini
culturali, cioè superando quello che è l'approccio che ha funzionato fino ad
adesso, eminentemente economico e "funzionariale", con il rispetto
dei temi che sto trattando, e che deve tornare ad essere politico, dovendo
tornare nelle coscienze dei cittadini e dei popoli.
Quando vogliamo parlare di zona di pace e di prosperità, io
devo esprimere la delusione per come si sono svolti e conclusi i lavori della
Conferenza intergovernativa e per il risultato, che considero minimale, che
abbiamo verificato ad Amsterdam, perlomeno su due temi fondamentali.
Il primo è quello della politica estera di sicurezza comune: è difficile
parlare di partenariato euromediterraneo se non abbiamo una presa di posizione
quantomeno corale. Il secondo è quello relativo alla riforma delle Istituzioni.
Ritengo che noi stiamo pensando di poter governare una nave che ormai naviga in
acque troppo turbolente e che non ha sinceramente strumenti adatti a governare.
Il ragionamento si deve portare avanti con coraggio; a volte è scomodo e può essere
inelegante toccare questi temi laddove esistono tutta una serie di rapporti tra
le Istituzioni, ma di fronte a noi abbiamo un tema fondamentale che è quello di
un futuro che non ha, a mio modo di vedere, alternative: o abbiamo questa
capacità di rendere davvero omogeneo e unito un quadro che non è composto
soltanto di quindici paesi, ma è aperto al rafforzamento di aree di
aggregazione regionale più ampie — il Mediterraneo è una di queste, ma il Mar
Nero ne è un'altra — oppure rischiamo domani di trovarci in una condizione di
implosione del sistema.
Voglio ricordare che non sono solo i fatti economici a
doverci guidare e condizionare. Abbiamo sentito prima l'intervento di Khalida
Messoudi dall'Algeria, ma di esempi se ne possono fare tanti.
Noi dobbiamo prima di tutto riaffermare certi valori per noi
fondamentali e chiederci se sono ugualmente fondamentali per gli altri popoli
che si affacciano nel Mediterraneo; per noi i diritti umani e le pari
opportunità sono sicuramente temi fondamentali piuttosto che la centralità
della persona e della famiglia. Se leggete la risoluzione del Parlamento
Europeo, trovate che il rispetto dei diritti umani viene esplicitamente posto
quale condizione necessaria per l'adesione di qualunque paese all'Unione
Europea. Dobbiamo cercare di sforzarci per capire se questi valori sono
considerati prioritari anche da altri paesi che si affacciano in questa regione
e quale deve essere invece lo sforzo culturale di assorbimento di altri valori.
Quello che abbiamo di fronte è un compito di una difficoltà
straordinaria e non credo che potremo risolverlo facendo un passo alla volta.
Qualche volta, quando affronto questi temi, mi sento rispondere che natura
non facit saltus; è verissimo, ma guardate che neanche la tartaruga o la
lumaca fanno salti però ci sono dei momenti in cui è necessario saltare un
ostacolo nuovo. Non voglio prendere altro tempo, non ho soluzioni in tasca,
volevo solo fare delle riflessioni.