Ministro Plen. Dott. Antonio Badini
Ministero degli Affari Esteri -
Rappresentante italiano al Comitato euromediterraneo
Signori ministri, distinti delegati, signore e signori,
vorrei iniziare questo mio intervento con una reminiscenza filosofica.
Uno dei massimi esponenti del razionalismo del '600, Baruch
Spinoza, soleva dire che, riguardo alle cose umane, non si deve ridere, né
piangere né indignarsi, ma è necessario "capire".È una affermazione
quanto mai attuale e pertinente per il tema del nostro dibattito di oggi.La
comprensione è infatti il frutto di un dialogo aperto senza preconcetti ed è —
così concepita — fra i cardini su cui poggia il partenariato euromediterraneo.
Oggi siamo riuniti in questa splendida cornice napoletana
proprio per proseguire il nuovo dialogo apertosi con la Dichiarazione di
Barcellona del 28 novembre 1995 e per dare valore e risalto al ruolo innovativo
che le istanze sociali nel progetto mediterraneo sono chiamate a svolgere.Il
Forum Civile può essere l'"agorà" o il "comitium" di quello
spazio mediterraneo che a buon diritto si è sempre definito come "culla
della Civiltà" o per meglio dire delle tre grandi civiltà che tuttavia —
nella felice espressione di Fernand Braudel — "non hanno esitato nel corso
dei secoli a mostrare i denti".
L'"incontro-scontro" di culture e civiltà rischia
purtroppo di accompagnare ancora un largo tratto della Storia di questa
inquieta e tormentata regione.Di qui il grande sforzo che occorre intraprendere
affinché diventi, cito ancora Braudel, "acculturazione reciproca e comune
arricchimento". Il passaggio essenziale, numerose volte tentato, ma
rimasto incompiuto, è l'instaurazione di un'autentica comprensione che implica
il riconoscimento dei rispettivi valori identitari.
Il Mediterraneo è forse oggi il più importante banco di
prova della capacità dell'Europa di agire oltre i limiti del proprio
continente.L'Unione Europea è chiamata proprio in questa sede a dimostrare di
non essere una potenza riluttante o, ancor peggio, inconsapevole della propria
forza.
Con la fine della Guerra Fredda è scomparso il pericoloso
confronto ideologico che aveva occupato quasi per intero l'orizzonte di questa
seconda metà del secolo, e tuttavia nella regione si ripropongono
frammentazioni e contrapposizioni fra le più acute del nostro tempo, forti
migrazioni, fanatismi religiosi, contrasti politici ed etnici che rendono
malferme le promesse di pace e prosperità.
La Conferenza di Barcellona due anni or sono ha dato voce a
chi all'interno dell'UE postula che l'Europa non si può costruire come polo di
irradiamento di stabilità e prosperità se si dimentica o si trascura la
dimensione meridionale.Da questa convinzione è scaturito il progetto del
"partenariato".Il suo merito principale è di aver deciso di
affrontare le sfide della Regione con un approccio globale, in tutte le
componenti della sicurezza, siano esse politiche, economiche, sociali o
culturali.
L'altro grande merito è l'appello al rispetto delle
obbligazioni reciproche, alla corresponsabilità, senza la quale l'obiettivo della
creazione, nel 2010, di una zona di libero scambio sarà difficilmente
conseguibile.
Credo, tuttavia, che l'effetto immediato più importante
della Conferenza di Barcellona sia quello di aver restituito una
"chance" a coloro che credono nel risveglio della coscienza
mediterranea.Siamo, certo, ancora agli inizi. Il modello creato a Barcellona
rappresenta solo l'architettura della costruzione da realizzare.Il partenariato
appare, a due anni dal suo lancio, come un grande cantiere aperto ma con le
fondamenta del nuovo edificio già poste e ben solide.Perché, sebbene non molto
visibili, i progressi compiuti nei tre capitoli del partenariato sono concreti
e significativi.Si è soprattutto riusciti a mettere in moto l'intero processo,
rispettandone lo spirito e le finalità, soprattutto nel permettere una
valutazione condivisa delle azioni da intraprendere. Ma non è questo ancora il
momento per autocelebrazioni.
Il passaggio più difficile è riuscire a convincere gli
scettici e gli indecisi ed acquisire come alleati le istanze della società e
del mondo della produzione, senza il cui coinvolgimento il partenariato
potrebbe restare un'opera incompiuta.
In larga misura, il successo di tale nuovo, avanzato modello
di relazioni dipenderà dai nostri partner, dalla loro tenacia a portare avanti
le riforme necessarie, dal loro coraggio ad adattarsi alle regole di una
mondializzazione dell'economia che appare senza alternative e di una
competizione a tutto campo (tecnologica, culturale, scientifica, economica). Ma
sarà determinante il ruolo dell'Europa.Se essa saprà essere lungimirante
nell'attuazione del partenariato così come è stata generosa nel disegnarne
l'architettura.
Stiamo vivendo un momento nel quale il vero sovrano rischia
di essere il Mercato. Lo vediamo con Maastricht.L'impegno di uno Stato, di una
comunità, la forza di un'aspirazione o l'ambizione di un disegno si misurano
con la capacità di saper interpretare le regole del gioco che, nel caso in
specie, esprimono il profondo cambiamento nella società internazionale.Eppure è
innegabile che non basta l'economia, non bastano le Istituzioni per modificare
il corso della Storia.Occorre la partecipazione cosciente delle
società, delle loro istanze più rappresentative, occorre un coinvolgimento
corale della gente.
Come insegnava un proverbio al tempo della Russia zarista
"Tutto ciò che non cresce comincia a marcire".È necessario che cresca
il dialogo, il mutuo rispetto, la fiducia, che attecchisca sempre meglio lo
spirito autentico del partenariato, della corresponsabilità.Ma prima di tutto
devono crescere le domande degli uomini, la curiosità, la voglia di conoscere,
di sapere cosa si vuole costruire.E qui il ruolo della comunicazione di massa è
essenziale.
Quanti sanno che due giorni fa proprio qui a Napoli è stata
decisa la messa in opera di un nuovo sistema di cooperazione euromediterranea
nell'importante settore delle risorse idriche, che era stato concordato nel
novembre del 1996 a Marsiglia? La Conferenza di Napoli è l'esempio più recente
di come possa e debba esprimersi il partenariato, facendo prevalere le ragioni
del dialogo e della conoscenza comuni, per un progresso umano, sociale ed
economico sempre più condiviso. Progresso che noi vogliamo renda partecipi e
protagonisti i giovani.
A loro dovremmo dire: "Vogliamo costruire un mare di
pace e di armonia in cui si possa crescere con le proprie differenze,
mantenendole e facendone buon uso".Sarebbe altresì auspicabile aggiungere
che siamo pronti a portare avanti, insieme, l'impegno a costruire le basi di
una comunità euromediterranea, aperta al futuro e capace di far fronte alle
innumerevoli sfide che esso pone.
Ben vengano perciò scambi e incontri tra studenti delle
Università mediterranee, oppure investimenti e società miste sulle due rive,
reti istituite di giornalisti, di sindacati e camere di commercio.
Questo grande evento di oggi testimonia proprio la volontà
delle istanze sociali ad apportare il loro contributo alla creazione di un'area
di pace e prosperità nel Mediterraneo.Desidero perciò ringraziare gli
Organizzatori che hanno resa possibile questa nuova edizione del Forum Civile
cui auguro il miglior successo.