Dott. Annamaria Carloni
Responsabile per i problemi del
lavoro - Ministero per le Pari Opportunità
Vorrei dire poche parole sulla Conferenza di Pechino; ma mi
sembra importante sottolineare che qui si sia voluto tenere conto di
un'esperienza che ha segnato indubbiamente una svolta nella storia delle
conferenze ONU, non solo in riferimento ai diritti delle donne, ma più in
generale in relazione alle linee, alle politiche e agli strumenti di promozione
dei diritti delle donne a livello mondiale. La Conferenza di Pechino è stata la
quarta conferenza mondiale dell'ONU sui diritti delle donne e
straordinariamente ha visto la partecipazione non soltanto degli organismi
ufficiali degli Stati che hanno sottoscritto una piattaforma di azione che
impegna tutti i governi, ma anche una straordinaria partecipazione di
associazioni non governative. È stata una manifestazione che ha raccolto una
grande ricchezza del movimento che vede in tutto il mondo le donne presenti,
per esprimere la propria libertà e i propri diritti. E questa è forse la
più grande contraddizione, o problema, di questa fine secolo, ossia la
difficoltà di esprimere libertà e diritti in tutto il mondo per tutti, uomini e
donne.
La Conferenza ONU di Pechino ha segnato una svolta
attraverso due parole chiave, che sono mainstreaming, letteralmente
nuotare al centro della corrente, ed empowerment; termini che non
nascono, e va sottolineato, dall'esperienza delle donne dei paesi ricchi ed
occidentali ma piuttosto dall'esperienza e dal femminismo delle donne dei paesi
terzi. Tutto ciò dimostra che i diritti non sono un lusso dei paesi ricchi, che
la possibilità di ottenere dei diritti non attiene alla possibilità di esistere
socialmente; al tempo stesso però sottolinea il fatto che è proprio il mancato
empowerment delle donne, la costrizione delle donne, ad essere al centro
dell'impoverimento di quei paesi. Esiste, quindi, un rapporto diretto tra
empowerment delle donne, possibilità delle donne di esprimere pienamente e di
esercitare i propri diritti in tutti i campi, civili e sociali, e
possibilità di sviluppo di tutti i paesi del mondo. Vediamo che questo è vero
ovunque, e lo vediamo anche in Italia, che è un paese membro dei G7; è un paese
dove i tassi di occupazione registrano non solo la maggior percentuale di
disoccupazione ma anche la maggiore gravità della disoccupazione femminile;
ossia con il maggiore gap per quanto riguarda appunto lo sviluppo e
l'empowerment tra occupazione maschile e occupazione femminile.
Quindi verifichiamo che quanto è stato sperimentato, in
termini teorici e pratici, nei paesi terzi dai movimenti delle donne dimostra
la sua validità universale. Questo è quanto ci ha consegnato Pechino; ha
consegnato a tutti i governi del mondo e alle donne di tutto il mondo una
straordinaria esperienza di comunicazione e di scambio di empowerment tra
donne, appunto come scambio comunicativo tra donne di tutto il mondo. Credo che
la stessa scelta sia stata fatta anche in questa circostanza, appunto
mainstreaming, ossia considerare i diritti delle donne, considerare la differenza
di cui le donne sono portatrici, un valore generale che costringe a ragionare
in chiave nuova rispetto alle problematiche della cittadinanza e, inoltre, a
portare questo punto di vista in ogni discussione considerando, cioè, quello
che era già chiaro al momento della redazione della prima Dichiarazione
Universale dei diritti umani che iniziava con le parole: "tutti gli uomini
sono fratelli". E ci fu fin da allora, da parte della Commissione sulla
condizione della donna, la volontà di opporsi a questa formulazione. Una
dichiarazione universale è tale soltanto se non parla un linguaggio neutro, ma
considera l'esperienza delle persone; e l'esperienza della persona è
innanzitutto esperienza di essere uomo o donna. Questa cultura che nasce dalla
differenza, e che non si chiude nell'identità ma è aperta al dialogo con
l'altro, e rappresenta il valore della differenza di cui le donne sono
portatrici, attraversa tutto il Novecento e arriva, secondo quanto ci dice la
Conferenza ONU di Pechino, a compimento di questo secolo segnando il passaggio
di fine secolo, e riconsegnandoci in chiave nuova problemi, questioni ed
esperienze.
Ritengo che questo Forum potrà dare un contributo molto
importante, così come previsto dal programma delle sessioni, sia portando il
punto di vista delle donne in tutti i momenti e in tutte le sessioni, sia
approfondendo in una sessione ad hoc l'esperienza e l'incontro tra
donne, con la partecipazione di donne straordinarie a cominciare da Khalida
Messoudi, una donna che è testimonianza, come dice lei stessa, di quanto sia
fondamentale il rispetto della differenza e di quanto sia fondamentale pensare
ai diritti universali come diritti degli uomini e delle donne. Oggi, sostiene,
in Algeria le donne sono per gli integralisti ciò che gli ebrei erano per i
nazisti, il simbolo di una diversità da cancellare. Ecco, quindi, il valore
dell'idea della differenza e della cultura di cui le donne sono portatrici; una
differenza non chiusa in se stessa, ma aperta all'incontro con l'uomo; una
differenza e un valore che può essere veramente fondativo di una cultura nuova
per l'umanità tutta, per gli uomini, per le donne e per le loro relazioni.
Grazie.