Prof. Enrico Vinci

già Segretario Generale del Parlamento Europeo
Membro del Comitato Esecutivo della Fondazione Laboratorio Mediterraneo

Se quarant'anni or sono l'unità europea si presentava a ciascuno di noi come una scelta, oggi è invece diventata una necessità. Parafrasando il titolo di un saggio di Benedetto Croce direi che non si può non essere europei. Qual è infatti l'alternativa all'Europa? Sostanzialmente non c'è.Il mondo va verso la mondializzazione, si tratta di un processo inarrestabile.In questo scenario si tratta di organizzarsi per grandi blocchi che facciano da attori nella grande competizione mondiale.Quindi è necessario che anche l'Europa si configuri come un blocco politico, economico, commerciale.Ai miei tempi si studiava in economia che un mercato è autosufficiente quando può contare su 100 milioni di consumatori.Oggi questo non è più sufficiente.La sfida per l'Europa è quindi di organizzare un mercato da 350 milioni di consumatori.Organizzarlo all'interno e metterlo in rapporto con altri mercati.Per centrare questo obiettivo c'è bisogno di idonee strutture che siano allo stesso tempo politiche ed economiche. Serve anzitutto una struttura che indichi secondo quali regole funzionerà il mercato europeo. Non si sfugge: o il mercato è gestito dalla burocrazia o è gestito dalla capacità di non elaborare strategie politiche.Di certo non possiamo lasciare il campo alla burocrazia.Resta dunque la soluzione politica.Purtroppo in Italia la cultura dell'Europa non è abbastanza sviluppata.

L'Europa ha raggiunto già grandi traguardi, è portatrice di grandi valori: difende la pace (i paesi comunitari sono pacificati da oltre mezzo secolo), la libertà, il progresso economico.Nonostante le mille difficoltà con cui dobbiamo misurarci l'Europa è pur sempre un'oasi di opulenza e di benessere nel contesto mondiale: ben quattro stati europei sono fra i sette più industrializzati del mondo.Questi valori, però, vanno difesi giorno per giorno, vanno difesi, perché non ci sono stati regalati. Ora, con il processo di mondializzazione, il progresso economico europeo torna ad essere messo in discussione. L'Europa rischia la recessione, perché deve confrontarsi con il Sud-Est asiatico (dove il costo del lavoro è un decimo del nostro), gli Stati Uniti, il Giappone.Come mantenere ed accrescere, dunque, il nostro benessere economico? Chiuderci nell'ambito del mercato unico, mettere barriere, è una strategia perdente.Alla fine il cerchio si chiude: la sfida della mondializzazione non può essere elusa.Si tratta ora di capire come accettare tale sfida.

In questo quadro si tratta di elaborare una politica mediterranea.È un compito che ci vede coinvolti in primo piano, ne dobbiamo essere i naturali interpreti.La politica mediterranea, a mio avviso, può articolarsi su tre capisaldi: sviluppo dei trasporti e delle reti di comunicazione, del partenariato, cioè della creazione di progetti comuni che coinvolgano Europa del Nord e del Sud, creazione di un sistema finanziario moderno.Rispetto a quest'ultima esigenza non c'è dubbio che tutto il Sud d'Europa sia in crisi, non possiede più un sistema finanziario degno di questo nome. È un problema particolarmente acuto nel bacino mediterraneo. In questo scenario l'intervento di strutture bancarie straniere per il cosiddetto salvataggio del sistema bancario del Mezzogiorno in realtà è diretto al rastrellamento del risparmio, per reinvestirlo in aree più produttive.Detto questo credo che emerga con evidenza il compito principale della Fondazione Laboratorio Mediterraneo: identificare la politica italiana per il Mediterraneo.Qual è l'obiettivo finale da raggiungere? Ci è stato indicato dalla Conferenza di Barcellona: entro dieci anni il bacino mediterraneo deve diventare una zona di libero scambio.