'apporto della cultura fenicia
alla formazione dell'identità culturale europea

Prof. M'hamed Fantar

Istituto Tunisino del Patrimonio

È per me un onore e un piacere essere questa sera qui a Napoli. Colgo l'occasione per esprimere la mia profonda riconoscenza agli organizzatori e al Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo che ha qui riunito tutto il Mediterraneo.Si tratta di un'opera esaltante quella di poter contribuire all'edificazione del Mediterraneo dando un contributo tunisino, per quanto modesto possa essere.

Per parlare dell'apporto fenicio alla formazione della identità culturale europea dobbiamo chiederci innanzitutto chi sono i Fenici. I Fenici sono coloro che hanno saputo e potuto rigenerare le vecchie città della regione di Canaan dopo il cataclisma provocato dall'invasione dei popoli del mare. Si tratta essenzialmente di città della costa siro-libanese o siro-palestinese come Tiro, Sidone, Biblos etc. il cui ricordo si trova nell'Antico Testamento, negli Annali dei re assiri, nella letteratura e nella storiografia greco-latina; le città fenici si presentano quindi come le eredi di importanti città cananee. Queste sono potute rinascere approfittando di tutta la rivoluzione dell'Età del Ferro e della congiuntura che prevale nel Mediterraneo dopo l'invasione dei popoli del mare.

Approfittando delle nuove tecniche e di una congiuntura favorevole, i Fenici hanno potuto espandersi in tutto il Mediterraneo, da est a ovest; grazie all'invenzione della chiglia, dell'ossatura dello scafo e del chiodo, le loro navi erano allora in grado di raggiungere le terre lontane situate al di là delle colonne d'Ercole, l'attuale Gibilterra. Allo stesso tempo dovettero pianificare dei punti d'appoggio e dei porti dove potevano trovare riparo le loro navi nella maggior parte dei Paesi mediterranei come Cipro, la Grecia, le isole dell'Egeo, la Sicilia, la Sardegna, Malta, l'Africa del nord, le Baleari, il sud della penisola iberica, dove fondarono quella che ora è conosciuta con il nome di Cadice in Spagna.

Secondo calcoli per me molto complessi, i contemporanei facevano risalire la fondazione della città al 1210 a.C.; in seguito i Fenici fondarono altri scali tra i quali ricordiamo Utica, in Tunisia, e Lixus, in Marocco, posto di fronte a Cadice, come se fosse stato necessario controllare la navigazione o piuttosto stabilire un ponte tra l'Africa e l'Europa. L'ubicazione di questo scalo sembra essere stata determinata, tra gli altri obiettivi, dalla volontà di collegare l'Europa all'Africa, come se i Fenici avessero sentito la necessità di riunificare gli istmi che un tempo facevano di esse un solo continente.

In Grecia i Fenici erano molto conosciuti e hanno lasciato la loro impronta nella mitologia, come ci ha ricordato il Presidente Aziza, nella poesia e nella storiografia classica. La presenza fenicia in Grecia è attestata anche dall'epigrafia e dall'archeologia. Mi limiterò a qualche esempio: per quanto riguarda la mitologia poco fa si è parlato di Europa e non vi ritornerò; il mito di Agenore e dei suoi figli, Europa e Cadmo, ai quali si riconoscono origini fenicie, lascia vedere benissimo quanto i Fenici fossero presenti nell'immaginario dei Greci. Cadmo significa l'orientale, colui che viene da est. Questi personaggi mitici si sono installati anche nel repertorio iconografico; attraverso le immagini, le ombre fenicie non hanno cessato di invadere l'universo dei Greci e dei Latini, cui si rifà l'Europa di ieri ed oggi. Per farsi un'idea precisa dell'importanza di Europa e Cadmo nel repertorio iconografico dei Greci e dei Latini, disponiamo di un ottimo strumento di lavoro, il LIMC, e su Europa, ad esempio, Martin Robertson ha potuto creare un dossier con più di 200 temi di scultura, pittura, mosaico, terrecotte etc.

Omero ci racconta un'avventura decisamente fenicia che si svolge in Grecia: una nave fenicia di Sidone approda a Siros, una delle isole Cicladi oggi conosciuta come Sira; vicino ad una fontana un giovane sidoniano incontra una fanciulla di Sidone che era stata rapita e poi venduta a Siros. I due compatrioti si conoscono e il giovane propone alla ragazza di fuggire dai suoi padroni e di tornare al loro paese. Si tratta del XV canto dell'Odissea.

Dopo la poesia di Omero ritorniamo ad Erodoto che ha scritto moltissimo sui Fenici e sul loro ruolo di vettori commerciali e culturali svolto nel mondo dell'epoca, nonché di grandi navigatori cui un faraone chiese di esplorare le coste della Libia, l'allora Africa, partendo dal Mar Rosso e ritornando poi in Egitto attraverso le Colonne d'Ercole. Questo grande viaggio sembra essersi svolto intorno alla fine del VII secolo a.C. durante il regno della XXVI dinastia, tra il 609 e il 594 a.C. In seguito, secondo Erodoto, la Marina fenicia ha doppiato il Capo di Buona Speranza duemila anni circa prima di Vasco de Gama. È ancora Erodoto a sottolineare l'apporto dei Fenici alla cultura greca, grazie all'introduzione di molteplici conoscenze, tra cui quella dell'alfabeto che, mi sembra, i Greci non possedevano ancora. Al principio furono le lettere, di cui tutti i Fenici facevano uso, poi, con il passare del tempo al susseguirsi delle lingue, gli abitanti di Tebe modificarono i tipi di carattere.

Ci sarebbero altri esempi che evidenziano l'apporto fenicio a tutta la cultura del Mediterraneo da parte di autori greci e latini, oltre alle testimonianze materiali che provengono dall'archeologia e dall'epigrafia. Una serie di iscrizioni fenicie sono state trovate un po' dovunque nel Mediterraneo: in Grecia c'è un testo in alfabeto fenicio scolpito sulla parete esterna di un vaso di bronzo e databile tra la metà del X e la metà del IX secolo a.C.; la datazione è stata fatta alla luce del contesto archeologico in cui questo vaso è stato ritrovato, in una tomba vicino a Cnosso, a Creta.

L'epigrafista francese Maurice Fiser ha decifrato il nome fenicio cas che significa "vaso" ed è forse l'antenato del termine arabo cas con cui ancora oggi si designa il vetro, la coppa, il bicchiere. Questo è un reperto che fornisce un elemento di grande valore per qualsiasi discussione sulla data e sull'utilizzo dell'alfabeto fenicio da parte dei Greci. I depositi dei musei archeologici greci rigurgitano di oggetti di origine fenicia ed il professor Antonino De Vita, direttore della Scuola Italiana di Atene, aspetta con ansia di poter avere accesso a questi reperti per poter studiare la presenza fenicia in Grecia.

Apparsa prima della fine del secondo millennio e coronata dalla fondazione di Cartagine, la presenza fenicia nel Mediterraneo si rivela essere estremamente feconda, con conseguenze e ricadute svariate e numerose che contribuirono a forgiare il Mediterraneo, lasciando un'impronta indelebile in tutta la civiltà mediterranea. È il caso di sottolineare anzitutto l'allargamento della scena politica: fino alla fine del secondo millennio la vita politica era infatti concentrata nel Mediterraneo orientale, in Mesopotamia, Egitto, Siro-Palestina, Grecia, etc. e, fino alla fondazione di Cartagine o comunque fino alla vigilia della presenza fenicia, il Mediterraneo occidentale era completamente in ombra, vi si conduceva una vita preistorica e, nel migliore dei casi, lo standard di vita era quello neolitico.

È grazie ai Fenici, quindi, che la luce storica ha potuto raggiungere queste terre fino ad allora nel regno del neolitico, e a loro dobbiamo la costruzione di questo "ponte" gigantesco tra i due bacini del Mediterraneo. I navigatori fenici lasciarono tracce profonde fondando scali e colonie, il che portò ad un cambiamento sconvolgente nella carta geo-politica. La loro espansione suscitò delle ambizioni e funse da esempio per altri popoli, in particolare per i Greci i quali, approfittando delle esplorazioni fenicie, fondarono colonie nell'Italia meridionale, in Sicilia, in Spagna, colonizzazioni effettuate dai Corinti, dai Calcidesi, etc.

Qualsiasi fossero allora le cause e gli obiettivi che spingevano i Greci a prendere il largo e a fondare delle colonie, i Fenici svolsero un ruolo fondamentale in questa diaspora; a loro va infatti il merito di aver aperto la strada, di aver esplorato delle terre ignote, dimostrando che si poteva vivere e prosperare lontano dalla propria patria, in nuove terre dove c'erano ricchezze considerevoli. Il sistema degli scambi sempre più regolare, stabilito dai Fenici tra i due bacini del Mediterraneo, ne facilitò l'accesso: i Greci calcidesi o dell'Asia Minore non fecero altro che seguire la strada aperta o riaperta dalla Marina fenicia. È in questa prospettiva che la colonizzazione greca può essere considerata come una delle conseguenze dell'espansione fenicia nel Mediterraneo.

Nel corso dei loro frequenti viaggi nel Mediterraneo i Fenici furono pionieri, maestri, guide, iniziatori nonché modelli convincenti sia per l'Oriente, sia per l'Occidente, in Grecia come nelle terre appena esplorate, nelle grandi isole come la Sicilia, la Sardegna, nell'Africa del nord, nella parte meridionale della penisola iberica.Ma non è questa la sede per parlare della presenza fenicia in Grecia. I Fenici andavano in Grecia da commercianti, vendevano ed acquistavano, lì scaricavano le loro merci per ripartire con altri prodotti ed esperienze. Presentandosi come fornitori e soprattutto come acquirenti, i mercanti fenici sembrano aver partecipato all'attivazione di un processo di sviluppo nell'ambito della Grecia primitiva; grazie ai mercanti fenici si sviluppano gli arsenali, la tessitura ed anche la ceramica. I Fenici, quei mercanti cantati nel canto V dell'Odissea da Omero, erano portatori di mercanzie, idee e tecniche nuove si presentavano come un esempio eccellente da seguire e non erano nemmeno troppo audaci; bisogna riconoscere loro il merito di aver contribuito allo sviluppo della Grecia, e ai Greci quello di aver saputo sfruttare questo esempio.

Il bilancio della presenza fenicia nel Mediterraneo e della fondazione di Cartagine in Africa di fronte alla Sicilia è assolutamente positivo: i Fenici e Cartagine permisero infatti a numerose popolazioni di aprire gli occhi sulla luce della storia e contribuirono allo sviluppo della nostra civiltà. Si tratta di un'epopea appassionante, in cui il genio dell'uomo fu degno dell'essere umano.

Grazie.

Prof. Nadir M. Aziza

Grazie al dottor Fantar per averci descritto qual è stato l'apporto fenicio alla formazione dell'identità europea.

Concludiamo questa prima parte della nostra riflessione con la Grecia. Naturalmente già nella mia introduzione avevo detto che la formazione dell'identità europea deve moltissimo alla Grecia, a Roma e al Cristianesimo, ma questa non è una ragione sufficiente per non parlare di quello che abbiamo chiamato, secondo me giustamente, il miracolo greco, perché con la Grecia antica si è giunti ad una formulazione di una ipotesi ragguardevole di rottura nella concezione della cultura e della civiltà. C'è stata come una sorta di estrazione della norma collettiva, addirittura tribale, delle antiche civiltà con l'invenzione della persona e, di conseguenza, con l'invenzione della democrazia. La Grecia illumina il Mediterraneo e può esserne considerata una specie di madre, quindi il minimo che possiamo fare è parlarne.

Chiedo al dottor Conomis, dell'Accademia di Atene, di ricordarci, sia pur brevemente, questa nascita, come Afrodite dal mare.