L'apporto della cultura egiziana
alla formazione dell'identità culturale europea

Prof. Jean Leclant

Accademia delle Iscrizioni e delle Belle Arti dell'istituto di Francia

Signor Presidente, signore e signori, permettetemi innanzitutto di ringraziare il Presidente Michele Capasso e gli organizzatori di questo II Forum Civile Euromed per avermi invitato a partecipare a questi lavori. Desidero, inoltre, esprimere la mia gratitudine per aver incluso la civiltà dell'antico Egitto nell'ambito degli apporti mediterranei alla formazione dell'identità culturale europea.

A prima vista sembra esserci qualche paradosso, perché non si è mai avuta una civiltà più originale e più singolare di questa sviluppatasi nella valle del Nilo. Circondato da deserti, caratterizzato da distese di laghi e paludi inospitali sulla riva mediterranea, in una cornice molto particolare dominata dalla presenza di un sole onnipotente e di un immenso fiume con la sua piena annuale, l'antico Egitto si distingue anche per l'istituzione faraonica del Re-Dio.

L'Egitto per lungo tempo è rimasto molto chiuso nei confronti del Mediterraneo e i lavori più recenti sottolineano infatti il carattere profondamente africano delle sue radici. Su nostra proposta una gran parte della lunga storia egiziana sarà suddivisa in Antico Regno, Medio Regno e Nuovo Regno. Verso il 3100 a.C. l'Egitto ci appare improvvisamente con un Faraone, con un sistema di scrittura, con un sistema agricolo perfezionato; ma naturalmente noi possiamo lasciare da parte tutto l'Antico Regno, nonostante la sua gloria, perché è solo nel secondo millennio, cioè nel Medio e nel Nuovo Regno, all'epoca degli Amenophis e dei Ramses, che l'Egitto comincia ad avere dei rapporti, rari ma stabili, con il Mediterraneo orientale e in particolare con la costa siriano-libanese, sede di rapporti commerciali e contrasti militari.

Bisogna sapere anche che, nonostante le scoperte sensazionali per le quali si entusiasma il grande pubblico, vi sono ancora molte incertezze per quanto riguarda l'Egitto antico, in particolare ci si interroga se l'Egitto faraonico e il mare abbiano avuto rapporti. C'è un silenzio delle fonti abbastanza preoccupante e gli egittologi non sono in grado di rispondere a questa domanda. Effettivamente gli Egiziani sembrano non aver mai avuto una parola speciale per indicare il mare, anche se c'è una parola di origine semitica, iam, che si inizia ad incontrare solo a partire della XVIII dinastia, cioè dal 1500 a.C. e ancora abbastanza raramente. Poi c'è un'altra espressione Ouadj-our che significa "il molto verde" sicuramente avrete trovato questo termine con il significato di "mare" nelle opere che parlano di Egitto antico, ma alcuni autori dicono che piuttosto significherebbe "delta", per cui il problema rimane insoluto. L'Egitto ha dei vicini che si affacciano sul mare, dei popoli marittimi situati a nord dell'Egitto; per parlarne si usava una perifrasi "le isole che sono nel mezzo del molto verde". Comunque vi sono varie espressioni, ma non una singola parola, che indicano presumibilmente il mare. Nel Nuovo Regno c'è un'altra parola che alcuni pensano si riferisca alla Siro-Palestina, altri studiosi pensano invece ai Cretesi.

Sicuramente c'erano dei rapporti tra l'Egitto e il Mar Egeo; sono stati infatti ritrovati degli oggetti egiziani, dei vasi, degli scarabei e degli amuleti a Creta e nel mondo Egeo e degli oggetti minoici e micenei in Egitto. Non voglio dilungarmi sulle vestigia archeologiche, tuttavia voglio segnalarvi che nel 1964, nella tomba funeraria di Amenofi III, è stato trovato il basamento di una statua con dei geroglifici in cui sono menzionate Cnosso, Cefalonia, Micene si tratta di una scoperta molto interessante perché fa risalire i più antichi toponimi europei a documenti geroglifici egiziani.

Con Ramsete II e i suoi successori sorgono problemi a causa di quelli che vengono chiamati "popoli del mare", cioè invasori provenienti dall'Asia e, ecco perché ne parlo, anche dal sud dell'Europa È proprio per il caos delle battaglie che ne seguono che possiamo dedurre che l'Egitto è uscito dal suo splendido isolamento. Vi sono rapporti di vicinato, anche quando sono di cattivo vicinato, tra la brillante civiltà faraonica e popolazioni stanziate alla periferia sud dell'Europa.

Bisogna aspettare quasi la metà del primo millennio perché l'Egitto, in preda alla crisi del Regno e in pieno rimescolamento delle popolazioni, inizi ad avere rapporti con Siriani, Persiani, Fenici, come ci riferirà poi il dottor Fantar, e con i Greci A partire dalla fine del II millennio la cultura egiziana comincia ad estendersi sulla costa fenicia; abbiamo infatti rinvenuto degli elementi che testimoniano l'influenza dell'arte egiziana a Cartagine e nel mondo punico in generale.

Per quanto riguarda la Grecia si può dire la stessa cosa: bisogna aspettare verso il 650 a.C. perché l'arrivo di mercenari greci in Egitto cambi le cose. Erodoto racconta in un passo celebre, a proposito di Psammetico I rifugiatosi nelle paludi sul delta del Nilo, che "la vendetta arriverà dal mare quando appariranno degli uomini con corazze scintillanti ed elmi metallici" non sono altro che mercenari greci. Nella sua spedizione in Numibia, Psammetico II utilizza un contingente greco e c'è una lunga iscrizione in greco, una delle più antiche, su un monumento chiamato il Colosso di Abu Simbel. Ancora una volta l'Egitto si apre ai popoli mediterranei in un contesto bellico. Da allora si instaura una lunga tradizione, una sorta di fascino che l'Egitto esercita sulla Grecia, un vero e proprio miraggio egiziano, testimoniato da Erodoto, fonte inesauribile di notizie sui costumi degli Egiziani.

Per quanto riguarda la storia del pensiero, vorremmo saperne di più. Ad esempio sulla presenza di Platone in Egitto ci sono molte certezze, alcuni l'hanno messa in dubbio, ma è sicuramente certa. Bisognerebbe che vi citassi un elenco di viaggiatori che parlano della saggezza greca, anche se con qualche deformazione e controsenso, i discorsi dei sacerdoti, le favole elaborate, le regole matematiche, le ricette mediche, i principi del diritto, che cambiano con la riforma di Solone, persino i precetti di morale e di etica: tutto ciò proverrebbe dall'Egitto, paese magico come è descritto in questi testi. Naturalmente le difficoltà di interpretazione reciproca rimarranno anche quando, dopo le spedizioni di Alessandro nel 330 a.C., i Macedoni, cioè la dinastia di Agide, si installano in Egitto.

Quando parliamo di Egitto come una delle fonti della cultura mediterranea dobbiamo far riferimento alla città di Alessandria. In questa città eminentemente cosmopolita c'erano infatti uomini provenienti da vari paesi e con diverse culture alle spalle, non solo rappresentanti dei paesi vicini, ma anche provenienti dall'India, da Roma e, naturalmente, gli Egiziani. Anche se nel Basso Regno i sacerdoti erano radicati nelle loro tradizioni, c'erano comunque dei contatti diretti tra tutte queste popolazioni, tra tutte queste etnie; basta citare la biblioteca storica di Diodoro di Sicilia, un contemporaneo di Cicerone e di Cesare, che ci parla dell'Egitto che vide negli anni '60 a.C. Anche Strabone, attorno al 25 a.C., frequentatore abituale della biblioteca e del museo di Alessandria, ci parla dell'Egitto nella sua Geografia.

In effetti tutti questi testi sono sottoposti alla cosiddetta "interpretazione greca", ma al di là di questa interpretazione c'è la curiosità profonda per la civiltà della valle del Nilo, per la sua geografia, per i suoi abitanti; si dice che la valle del Nilo è la culla dell'umanità, il luogo dove si ritrovano le radici di tutte le popolazioni, i monumenti più maestosi e si perpetua così il famoso miraggio egiziano.

Naturalmente in questa mescolanza di culture, che caratterizza il Mediterraneo verso l'epoca cristiana, il ruolo di Alessandria è stato immenso, un apporto oggetto degli studi di eruditi; tuttavia, secondo me, non abbiamo ancora valorizzato il ruolo dell'Egitto nell'Ebraismo e nel Cristianesimo, anche se vedo che in questo Forum è stato dedicato ampio spazio a questo tema. Basti ricordare la Bibbia dei Settanta, per esempio: TolomeoII Filadelfo aveva riunito 70 rabbini per trascrivere la Bibbia in greco e, naturalmente, questa trascrizione è durata svariate generazioni. Bisogna rendere omaggio anche a Filone e Clemente di Alessandria, a Origene etc., ma penso che avremo occasione di riparlarne.

Rimane comunque il mistero a proposito della scomparsa della biblioteca di Alessandria; forse fu bruciata durante i combattimenti dei legionari di Cesare quando conquistarono la capitale di Tolomeo, oppure fu colpa dei cavalieri arabi di Amun nel 641. Fortunatamente il sapere alessandrino continuerà ad essere tramandato nelle grandi università arabe degli inizi del Medioevo, a Baghdad, a Cordova, a Halab, a Fez e da lì verso le università cristiane di Montpellier, Salamanca, Parigi, Oxford.

Per quanto riguarda la trasmissione delle idee, si potrebbero seguire altre piste. Si può per esempio pensare che lo Stoicismo, che si è sviluppato in buona parte ad Alessandria, sia stato un veicolo dell'influenza dell'Egitto antico, per cui il pensiero di Marco Aurelio, se i nostri studi sono esatti, può racchiudere l'eco di una saggezza antica; questo equilibrio del mondo, scambiato per una Scuola stoica, questa misura che deve attribuirsi alle personalità umane, è un richiamo al mantenimento dell'ordine cosmico che è alla base del sistema faraonico. Ecco dunque degli spunti da studiare. Vi sono inoltre i trattati di Plutarco e i testi dell'ermetismo.

Voglio dire, in conclusione, qualche cosa sulla presenza materiale sul suolo dell'Europa mediterranea di numerose vestigia egiziane o "egittizzanti", attribuibili al culto di Iside. È un aspetto misconosciuto dei culti orientali nell'ambito del paganesimo greco-romano, ma bisogna sapere che, a partire da Alessandria, i Tolomei fecero diffondere attraverso il Mediterraneo il culto della dea Iside, così come quello di Osiride o di Serapide, un dio creato da Tolomeo I; quest'ultimo culto, come voi sapete, si è sviluppato anche in Campania, arrivando a Roma e, di lì, anche al Danubio e al Reno. Più di un imperatore romano era "egittofilo" e numerosi obelischi si ergono nei cieli di Roma e di Benevento. Iside, dea della compassione e della salute, è anche la madre di un bambino, del dio bambino Horus che ella protegge con tenerezza, una figura che preannuncia la Vergine e il Bambino. Tra il popolo scarabei ed amuleti attestano la presenza della magia egiziana, particolarmente efficace nel culto funerario. Una serie di principi costruttivi garantiscono la gloria dei costruttori delle piramidi che, assieme a vari oggetti giunti fino a noi, avranno il loro boom nel Rinascimento, fortemente impregnato del culto di Iside, come si vede dai geroglifici presenti in una serie di preziose allegorie. Tutto ciò porterà alla egittomania e alla grande scoperta di Champollion del 1822.

Tutti i temi che ho ricordato rapidamente meriterebbero naturalmente molta più attenzione; sono contento di avervene parlato questa sera qui, a Napoli, città che ospita uno straordinario Museo Archeologico ricco di testimonianze importanti dell'antico Egitto e che vede, nel centro antico, una piazza dedicata al dio Nilo.

Possiamo perciò renderci conto della presenza dell'Egitto alle radici stesse della cultura mediterranea e quindi europea. Questa consapevolezza delle radici del passato, a mio avviso, non può essere che un presagio prezioso per un futuro mediterraneo ed europeo che dobbiamo costruire insieme.

Grazie.

Prof. Nadir M. Aziza

Ringrazio il prof. Leclant, Segretario Permanente dell'Accademia delle Iscrizioni e delle Belle Lettere dell'Istituto di Francia, per questo importante richiamo. Tuttavia, la "trinità" Roma-Grecia-Cristianesimo non è l'unica ad aver alimentato la formazione dell'identità culturale europea.

Vorrei ora risalire con voi un po' indietro nel tempo e parlare dell'apporto fenicio. Ci sono molte cose da dire a questo proposito: il nome stesso di Europa, secondo la leggenda greca, deriva da una principessa di Tiro che si chiamava Europa; questa principessa era stata rapita da Zeus e suo fratello Cadmo, partito alla sua ricerca, era giunto nel Peloponneso e qui aveva eretto un monumento dedicato alla sorella Europa. Secondo la leggenda, non solo la regione del Peloponneso ma tutto il continente avrebbe preso il nome da questa principessa di Tiro, che oggi si definirebbe più prosaicamente libanese.

Do adesso la parola al signor Fantar, dell'Istituto Tunisino del Patrimonio, che parlerà di questo argomento in maniera senz'altro più esaustiva.