Il
contributo dell'Ebraismo
alla formazione dell'identità culturale europea
Prof.
René-Samuel Sirat
Gran
Rabbino, Accademia Hillel
Congresso Permanente della
Conferenza dei Rabbini Europei
Permettetemi innanzitutto di esprimervi il mio
rincrescimento per non poter assistere a questi lavori.
La tradizione ebrea del riposo settimanale, il giorno di shabbat
(sabato) — esiste un più bel contributo all'identità culturale europea? —,
non mi permette di partecipare ai vostri lavori. Ne attenderò la pubblicazione e
ne leggerò gli atti con grande interesse.
Nel Deuteronomio (IV, 30 e sgg.) Mosé, interrogandosi
sull'avvenire di Israele, insegna:
Nella tua angoscia, quando tutte queste cose ti saranno
accadute, nei giorni futuri, ritornerai al Signore Iddio tuo e darai ascolto
alla sua voce: poiché il Signore, Iddio tuo, è un Dio pietoso; Egli non ti
abbandonerà, né ti distruggerà; non dimenticherà il patto che giurò ai padri
tuoi.
interroga pure i giorni antichi che
sono davanti a te...
(Deuteronomio IV, 32)
I giorni antichi che sono davanti a te: normalmente diciamo che è
l'avvenire che è davanti a noi e il passato dietro di noi. Ora, per una sorta
di fenomeno di riflessione, la Bibbia ci rende consapevoli che è esattamente
l'inverso ad essere vero: ciò che è davanti a noi, ciò che possiamo vedere, ciò
che conosciamo, ciò su cui possiamo agire è il nostro passato. Invece
l'avvenire ci è sconosciuto, sarà ciò che noi decideremo che sia con la nostra
azione libera e responsabile.
È la ragione per cui tutte le riflessioni sull'avvenire
devono essere precedute da un esame minuzioso del passato. Da questo esame
potranno scaturire degli elementi di riflessione che guideranno le nostre
scelte e le nostre decisioni presenti e condizioneranno dunque il nostro
avvenire.
Così, dunque, suddividerò la mia proposta in tre parti:
· i
secoli passati ed il loro insegnamento
· il
presente
· le
prospettive per il futuro
I. Gli Ebrei e l'Europa nei secoli passati
La storia degli Ebrei e dell'Europa, in particolare nei
paesi che si affacciano sul Mediterraneo, è la storia di un grande amore
deluso. Certamente la presenza degli Ebrei è documentata in Europa molto prima
dell'era cristiana, dal momento che importanti comunità si erano stabilite in
Italia sin dal primo secolo e che numerose ambasciate ebree furono inviate a
Roma, all'inizio in un spirito di amicizia che è presto degenerato, portando
alla distruzione del Tempio di Gerusalemme e alla fine dell'indipendenza dello
stato ebraico.
In città lontane tra loro, in Francia (Vienne sull'Isere ne
è un esempio), in Italia o in Spagna, indizi molto antichi testimoniano la
presenza bimillenaria delle comunità ebraiche. Disponiamo di poche informazioni
sulle relazioni tra gli Ebrei e le popolazioni europee durante il primo
millennio. Le ricerche di Gilbert Dahan hanno mostrato che queste relazioni
erano complessivamente piuttosto buone anche se con degli accessi di furia e
distruzione, verificatisi in particolare durante le invasioni che devastarono
l'Europa dell'alto Medioevo. Tutto cominciò invece a cambiare con l'avvento del
papa francese Urbano II che nel 1095, a Clermont, indisse la prima Crociata.
Quest'epoca, tra le più terribili, ha visto intere comunità decimate, come
quelle di Worms, Spire, Mayence etc. A Mayence furono gli Ebrei in persona, ai
quali era lasciata la scelta tra il battesimo forzato o la morte, ad accelerare
quest'ultima offrendosi in olocausto per la Santificazione del Nome Divino. Poi
ci furono i soprusi, le espulsioni, le persecuzioni:
1290: espulsione degli Ebrei dall'Inghilterra
1394: espulsione degli Ebrei dalla Francia
1492: espulsione degli Ebrei dalla Spagna
1496: espulsione degli Ebrei dal Portogallo
Metà del XVI secolo: persecuzioni in Europa orientale da
parte delle orde di Chmielniski...
Per fare un solo esempio, in Francia non ci furono
praticamente più Ebrei fino alla Rivoluzione, ad eccezione degli Stati del
papa, delle comunità dei Nuovi Cristiani nella regione di Bordeaux (Ebrei portoghesi
che si erano installati dall'altro lato dei Pirenei grazie a delle patenti)
e degli Ebrei dell'Alsazia, divenuti francesi dopo il trattato di Westfalia nel
1648.
La Rivoluzione francese ha emancipato gli Ebrei, quelli
francesi prima e quelli europei poi, ma questo non ha impedito né l'affare
Dreyfus alla fine del XIX secolo, né la crescita dell'antisemitismo in
Germania, né, evidentemente, l'orrore della Shoah...
Tuttavia, nonostante tutte queste persecuzioni, gli Ebrei
sono rimasti innamorati dell'Europa: mi ricordo ancora di un'anziana signora,
un'ebrea tedesca, conosciuta alla fine degli anni '70 a Gerusalemme, dove si
era installata dal 1933, dopo l'ascesa di Hitler al potere. Era rimasta fedele
alla lingua e alla cultura tedesche, non conosceva di ebraico che qualche
parola che le consentiva appena di comunicare con chi le era attorno,
rifiutandosi di accettare che ci sia stata al mondo un'altra lingua di cultura
oltre quella di Heine o di Goethe. Pensare che viveva da quasi mezzo secolo nel
paese della Bibbia in cui la lingua era tornata ad essere l'ebraico... È
surrealista ma è vero...
Sì, gli Ebrei sono stati Europei prima del tempo.
Naturalmente si potrebbe dire che lo furono innanzitutto per necessità. Nel
momento in cui il sovrano di un paese europeo li espelleva e confiscava i loro
beni, bisognava per forza che trovassero un altro posto dove poter
sopravvivere. Ma gli Ebrei sono stati anche Europei per scelta e per obbligo
morale e religioso. Il Profeta Geremia, rivolgendosi ai suoi sfortunati
compatrioti deportati a Babilonia nel VI secolo a.C., diceva loro:
Queste cose fa sapere il Signore
degli eserciti, il dio d'Israele, a tutti gli esuli che io ho fatti deportare
da Gerusalemme a Babilonia: "costruitevi delle case e abitatevi, piantate
dei giardini e mangiatene il frutto, sposatevi, generate figli e figlie,
maritate le vostre figliole affinché abbiano figli e figlie e vi moltiplichiate
nel paese dove siete per non ridurvi a pochi di numero. Procurate il bene della
città dove io vi ho fatto deportare e pregate il Signore per essa, perché il
bene suo sarà anche il vostro...
(Geremia,
XXIX, 4)
Questa ingiunzione si ritrova amplificata nelle Massime dei
Padri della Sinagoga. il Rabbino Hanina, successore designato del Grande
Pontefice, diceva:
Pregate ogni giorno per la pace del regno nel quale vivete
perché senza il rispetto dovuto al potere, il mondo sarebbe lasciato alla
violenza.
(Massime
dei Padri, III, 2)
Vorrei concludere questo breve excursus storico con
una delle principali caratteristiche della presenza del popolo ebreo in Europa
durante i due millenni che stanno per concludersi. In ogni circostanza ed in
ogni luogo, nella misura in cui li si è risparmiati, gli Ebrei sono stati i
Traghettatori.
"Popolo del Libro" per definizione, sono stati
portatori di cultura, di valori etici e si sono ingegnati a trasmettere questi
valori al mondo circostante. Dopo l'Egira, gli Arabi hanno portato la filosofia
greca nella loro lingua di cultura e l'hanno fatta rinascere. A loro volta gli
Ebrei hanno arrestato la loro sete di cultura e hanno tradotto le filosofie
greca e araba dall'arabo in ebraico e dall'arabo e dall'ebraico al latino,
trasmettendo così alle popolazioni cristiane il contenuto della fiorente
civiltà araba allora al culmine. In un certo senso possiamo dire allora che San
Tommaso d'Aquino è un lontano discepolo di Averroè e di Maimonide.
Ciò che vale per la filosofia vale ancor di più per
l'esegesi biblica. A questo proposito basta citare Rachi — l'ineguagliato
maestro di Troyes — e i suoi numerosi discepoli — ebrei, naturalmente, ma anche
cristiani. Nella splendida letteratura spagnola in lingua araba, opere come
quelle di Salomone Ibn Gabirol o Giuda Halévy — purtroppo sconosciute dalla
maggioranza degli Europei e lo stesso dicasi per quelle dei loro omologhi
musulmani — dovrebbero essere inserite nelle antologie come Rabelais o
Montaigne in Francia, Shakespeare in Inghilterra...
II. Gli Ebrei e l'Europa nel presente
Questo ritorno verso il passato lontano fino ai tragici
avvenimenti che hanno contrassegnato la metà del nostro secolo, in balia alla
barbarie di Auschwitz come dei goulag, ci consente di comprendere meglio il
messaggio che l'Ebraismo vorrebbe trasmettere all'Europa di questa fin di
secolo e alla vigilia del terzo millennio.
Interroga i giorni antichi che sono davanti a te: ho insistito su questo concetto
fondamentale nell'Ebraismo che è la reversibilità del tempo. Contrariamente
alla filosofia greca in cui il tempo si impone sull'uomo in un destino
implacabile, nell'Ebraismo io sono padrone del tempo, con il mio pentimento
posso persino modificare il mio passato, quello della mia comunità, del mio
paese, del mio popolo. Domandando perdono a Dio per lo sbaglio che ho commesso,
per quanto terribile esso possa essere, posso fare in modo — ed è un privilegio
inaudito — che questo sbaglio non solo non abbia mai avuto luogo, ma che sia
trasformato in buona azione. Così il re Davide ha commesso adulterio con
Bethsabea e ha mandato suo marito, Ouri l'Ittita, nel punto più esposto del fronte
affinché venga ucciso. Il profeta Nathan gli si rivolge duramente
raccontandogli la famosa parabola della pecora del povero. Allora Davide
esclama: "Ho peccato contro Dio, merito la morte". Nello stesso
versetto, la Bibbia ci dice che Dio si manifesta sul campo a Nathan affinché
riferisca al re Davide: "Dio ha perdonato il tuo peccato, non
morirai". La prova del perdono è evidente: Davide resta il Re Messia, è il
padre di Salomone che costruirà il tempio e l'antenato del Re-Messia.
Come per illustrare questo proposito, l'ammirevole atto
storico di pentimento dei vescovi francesi, che ha seguito la dichiarazione
dell'episcopato tedesco, mostra bene che questa nozione di pentimento è in
effetti fondamentale. Così come la risposta di Papa Giovanni XXIII a Jules
Isaac 35 anni fa che, ricevendo quest'ultimo, aveva risposto alla sua domanda
sull'abbandono dell'insegnamento del disprezzo dicendo: "Avete diritto a
ben più della speranza" — e effettivamente, al Concilio Vaticano II, la
dichiarazione sugli Ebrei e la scomparsa della preghiera per i perfidi Ebrei,
hanno segnato l'inizio di una grande fratellanza giudaico-cristiana.
Quello che è vero alla scala degli uomini di religione vale
anche per le relazioni tra le nazioni. Se Tito, di origine croata, avesse ottenuto
la formulazione di atto di pentimento da parte della Chiesa cattolica croata e
del popolo croato nei confronti delle persecuzioni anti-serbe, anti-bosniache e
anti-ebraiche durante la seconda guerra mondiale, la guerra nella ex Jugoslavia
avrebbe potuto essere evitata. Guardate ad esempio il presidente cinese che il
mese scorso ha riconosciuto gli errori che sono stati commessi durante la
repressione di Tienanmen.
Ah! In che modo galante si dicono queste cose!
Se oggi la Turchia accettasse di riconoscere l'orrore del
1915 — orrore provocato, ma anche subito! — se collegasse il suo passato in
funzione della situazione che prevaleva all'inizio di questo secolo violento,
ci sarebbero buone speranze. Noi Ebrei abbiamo un debito di riconoscenza nei
confronti della Turchia. In effetti, quando l'orribile Isabella la Cattolica
perseguitò i nostri antenati, fu soprattutto l'impero turco ad accogliere
fraternamente le comunità perseguitate a causa della loro fedeltà alla propria
fede. Per 450 anni e fino allo Shoah, l'impero turco ha consentito ai suoi
sudditi ebrei di parlare il castigliano antico che essi avevano portato con sé
come tesoro inalienabile.
III. L'avvenire dell'Europa
Così dunque il passato, come dicevamo prima, è portatore di
futuro. Vorrei velocemente richiamare un certo numero di spunti di riflessione
su cui potremo ritornare più tardi. Articolerò il mio proposito sulle lezioni
del passato in quattro punti:
· l'ambito
dell'educazione
· l'ambito
della cultura
· l'ambito
sociale
· l'ambito
religioso
e
concluderò con quel grande inno alla speranza che caratterizza la Bibbia
ebraica.
Prima di continuare con la mia riflessione, vorrei chiedermi
ad alta voce se l'Europa è già una realtà vivente. Sì, sicuramente, si tratta
sicuramente di Maastricht, dell'euro, del PIL al 3%, ma possono queste
sofisticate dissertazioni economiche trascinare con sé un'adesione popolare? Si
ha un po' la sensazione che questo amore per l'Europa sia un amore timido, un
po' vergognoso, che non osa dichiararsi apertamente, come se un buon europeo
non potesse essere anche un buon cittadino del proprio paese. O forse è il
contrario che è vero. Filone d'Alessandria, che viveva nel I secolo a.C., ha
ammirevolmente risolto quel problema che in Francia, fino a qualche decennio
fa, era di buon gusto chiamare duplice alleanza. Egli diceva: "Così come
l'amore che si nutre nei confronti della madre nulla toglie a quello che si
prova per il padre, allo stesso modo l'amore che gli Ebrei di Alessandria
nutrono nei confronti di Gerusalemme non toglie nulla al loro amore per la
cultura greca e per la città di Alessandria".
Personalmente mi sento quattro volte mediterraneo.
1. Amo appassionatamente questa potenza al nord del
Mediterraneo che è la Francia. L'ho servita lealmente e fedelmente e le sarò
sempre riconoscente per avermi consentito di arrivare a svolgere funzioni
importanti: Ispettore Generale dell'Educazione Nazionale, Professore
all'Università e Direttore del Dipartimento Vicino e Medio Oriente all'Istituto
Nazionale di Lingue e Civiltà Orientali di Parigi e, infine, Gran Rabbino di
Francia.
2. Ma resto fedele ai paesaggi e alla terra della mia
infanzia, quella Francia in cui sono nato, dall'altra parte del mare, che
Enrico Macias ha mirabilmente cantato, quella Francia del sud che non esiste
più se non nel mio ricordo e in quello dei piedi-neri. Ecco perché non
meraviglierò nessuno manifestando la mia disperazione di fronte ai tragici
avvenimenti che hanno luogo quotidianamente in Algeria nel silenzio dell'Europa
e delle nazioni europee che non desiderano intervenire negli affari interni
di uno stato sovrano: credo che abbiamo già sentito queste affermazioni
ipocrite in un passato non troppo lontano. Avete sentito parlare della non-ingerenza
quando Hitler e Mussolini aiutavano Franco e le democrazie occidentali erano
intente a salvaguardare il futuro, dicevano. Ma la sofferenza umana deve
incitare lo stesso biasimo attivo.
3. Sono molto attaccato all'Occidente europeo perché i
miei antenati, cacciati dalla Spagna, hanno conservato le melodie, le
tradizioni, la cultura degli Ebrei spagnoli e ancora oggi rivendichiamo con
fierezza il nome di Sefarditi come titolo di gloria.
4. Infine non sorprenderò nessuno rivelando che il mio
cuore è a oriente e che è a Gerusalemme che il periplo della mia famiglia si
chiude. I miei antenati, venuti dalla Spagna dopo l'espulsione, si son
dovuti installare in un piccolo villaggio dell'ovest algerino che si chiama
Sirat. Un mio avo, per tropismo verso l'oriente, è nato nel dipartimento di
Algeri, a Boufarik. Mio nonno aveva già raggiunto l'est algerino e si era
installato a Bone. Una parte dei miei figli ha scelto di vivere a Gerusalemme e
metà dei miei nipoti vi sono già nati...
Perciò conviene gridare ad alta voce il nostro amore per la
città in cui viviamo, per il paese di cui siamo cittadini e per l'Europa che
costituisce il nostro avvenire.
Che mi sia consentito di chiudere con il messaggio più
attuale del nostro passato europeo che è racchiuso in una parola e questa
parola è speranza.
L'avvenire dell'Europa e del Mediterraneo sarà quel che voi
deciderete qui, oggi, liberamente, secondo la vostra anima e la vostra
coscienza.
Prof. Nadir M. Aziza
Vorrei ringraziare il Gran Rabbino
Sirat per averci voluto mandare un suo messaggio ed il dott. Shaked,
dell'Accademia di Israele, per la sua brillante esposizione in cui ha
illustrato l'apporto dell'Ebraismo integrandolo al tempo stesso con altri
contributi, quello dell'Islam in particolare.
Non bisogna dimenticare che le due
figure gemellari di Averroè e di Maimonide, nati nella stessa città a qualche
giorno di distanza, hanno provocato una rivoluzione, la rivoluzione
intellettuale del XII e XIII secolo nell'Europa prerinascimentale, la rivoluzione
della conciliazione tra fede e ragione.
Questo mi dà lo spunto per parlarvi
del terzo apporto delle civiltà monoteiste che è quello dell'Islam. Il dott.
Jirari dell'Accademia del Regno del Marocco non è riuscito a prendere
l'aereo, ma abbiamo ricevuto un messaggio del dott. Nassir El-Din
El-Assad, già Ministro e Presidente dell'Accademia Reale di ricerca sulla
Civiltà islamica (Al Albait Foundation) di Amman.