IL DENARO
14 marzo 2003
Campania strategica per il dialogo
di Michele Capasso*
Sono particolarmente lieto di porgere il benvenuto al Segretario
Generale del Consiglio d'Europa in un momento difficile della nostra
storia in cui è ormai chiaro che è necessaria un'azione
comune di tutti per tentare di rimettere insieme i cocci del processo
di pace. Lo strumento principale è il dialogo tra le società
e le culture: elemento imprescindibile per assicurare progresso
e sviluppo condiviso e sul quale la nostra istituzione, ormai da
quasi un decennio, ha fondato la propria azione.
Un'azione forte e decisa, perché rivolta al futuro e fondata
sulla speranza che i popoli del Mediterraneo possano acquisire una
pace duratura; lavorare per la ricostruzione economica, sociale
e politica dei loro Paesi, nei limiti delle frontiere oggi riconosciute;
vivere le loro differenze in perfetta armonia e con uno spirito
di tolleranza, dialogo e libertà. L'approccio originale portato
avanti dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo sin dal 1994 -
in accordo con i principi affermati dal Consiglio d'Europa e, poi,
dall'Unione europea nel Processo di Barcellona - è quello
promuovere il processo d'integrazione euromediterranea utilizzando
la scienza e la cultura. E' un approccio originale e realista, perché
sono fermamente convinto che, nello spazio euromediterraneo come
altrove, il dialogo e la mediazione devono comunque prevalere sulle
soluzioni militari.
Ma è un approccio che coincide anche con l'indirizzo fondamentale
dell'Accademia del Mediterraneo -Maison de la Méditerranée
che si costituisce soprattutto come punto di riferimento per il
rispetto delle diversità culturali e linguistiche e per un
durevole dialogo tra le società e le culture. Questa è
una sfida politica, economica, sociale e culturale che coinvolge
tutti noi. L'interdipendenza tra uomini, società e spazi
è ormai la norma e le mutazioni scientifiche e tecnologiche,
la globalizzazione economica e finanziaria, la circolazione immediata
dell'informa-zione conducono l'umanità intera verso un futuro
di omologazione.
Ciò non significa affatto verso un destino comune, anzi:
le ineguaglianze e le povertà che si aggravano nel mondo
ne sono la prova. Come costituiscono prova il rischio di egemonia
di qualche potenza su decisioni che coinvolgono l'avvenire del nostro
pianeta - e gli avvenimenti di questi giorni lo dimostrano - oppure
il blocco dell'informazione operato verso le fasce più deboli
e meno abbienti. Un altro rischio è la sottomissione delle
economie locali a strategie industriali che hanno poche relazioni
con i bisogni reali di quel paese o i monopoli di attori specifici
- privati o pubblici - sulla costruzione e diffusione di modelli
standardizzati di comportamento, di consumo, di pensiero, di creatività
e, quindi, di esistenza. Quando gli scambi internazionali si diffondono
e si ingi-gantiscono gli Stati, ma specialmente i cittadini, hanno
la sensazione di vedersi sottrarre la gestione del proprio mondo
e si sentono imporre una "monocultura".
Di fronte a questa perdita d'identità, specialmente nel Mediterraneo,
grande è la tentazione di rifugiarsi in se stessi, di cristallizzarsi
su valori arcaici radicati nel passato, in un clima di intolleranza
che spesso conduce al fanatismo, all'odio, al rigetto dell'Altro.
Se vogliamo evitare che la guerra fredda di ieri si trasformi oggi
in un suicidio cultuale, agevolato da massicci movimenti migratori
internazionali, occorre - nel senso più ampio del termine
- democratizzare la mondializzazione prima che la mondializzazione
snaturi la democrazia. Ciò significa promuovere, in maniera
veloce ed efficace, il dialogo e la cooperazione tra spazi potenzialmente
generatori di conflitti, qual è lo spazio euromediterraneo.
Sono convinto che le grandi aree culturali e linguistiche - di cui
il Mediterraneo è antico custode - costituiscono oggi spazi
privilegiati di solidarietà che, se rafforzati dal dialogo
e dalla cooperazione, sono la migliore garanzia per la democrazia,
la pace e lo sviluppo condiviso. Il dialogo tra le culture è
oggi più che mai indispensabile non solo nel Mediterraneo
ma come progetto di scala planetaria: un progetto di società
in cui le culture si completano senza escludersi, si rinforzano
senza scomparire, si accorpano senza perdere ciascuna la propria
identità. Dobbiamo tutti concorrere alla costruzione di un
mondo multipolare, rispettoso delle lingue, delle culture, delle
tradizioni e di una gestione veramente democratica delle relazioni
internazionali. Ma tutto questo presuppone che la diversità
culturale mondiale divenga una condizione preliminare per costruire
un dialogo reale tra i popoli, che il riconoscimento della cultura
come forza dominante non costituisca un'eccezione bensì il
fondamento del nuovo
processo di civilizzazione, che la cultura non si limiti solo alle
arti e alla letteratura, ma che essa inglobi tutti gli aspetti della
vita nella sua dimensione spirituale, istituzionale, materiale,
intellettuale ed emotiva nei diversi tessuti sociali: in poche parole
che la cultura - in un mondo aspro fatto di forze spesso in contrasto
tra loro- possa assumere il ruolo di "forza buona" capace
di incidere sui processi della storia. Riconoscere che cultura e
sviluppo sono indissociabili, senza limitarsi ad un semplice approccio
commerciale ed economico della cultura, è essenziale per
costruire il futuro, qui nei Mediterraneo come altrove.
Questo processo ha bisogno di azioni concrete: come quelle a cui
aderisce il Consiglio d'Europa sin dalla sua costituzione, specialmente
nel campo dei diritti umani e della promozione della democrazia.
Un'azione a cui aderisce la nostra "Casa comune euromediterranea"
e che prevede l'intreccio di rapporti ed azioni comuni tra il Consiglio
d'Europa e la nostra istituzione: cominciamo l'8 settembre con l'ospitare,
davvero con piacere, la Riunione del bureau e Commissione Permanente
dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Questo è
il messaggio che desideriamo lanciare oggi a Napoli: promuovere
il dialogo per la coesistenza delle diversità ed una pace
durevole.
La speranza forte è che tacciano, per sempre, le armi. La
violenza deve cessare. I popoli del Mediterraneo, all'alba di questo
nuovo millennio, devono chiudere definitivamente con un passato
tragico ed esaltare tutta la loro ricchezza ed il loro grande patrimonio,
che hanno costituito e costituiscono un universale valore per tutta
l'umanità. La Regione Campania ha un ruolo essenziale in
questo processo.
Lo ha ribadito il presidente della Commissione europea Romano Prodi
in occasione della riunione della Giunta regionale a Bruxelles il
20 febbraio 2003 definendo la Campania "Regione-chiave"
per il dialogo interculturale euromediterraneo.
Desidero, su questo tema, ringraziare il Presidente della Regione
Campania Antonio Bassolino per la tempestività con cui la
Giunta Regionale ha adottato, il 28 febbraio 2003, una delibera
con cui candida la nostra "Maison de la Méditerranée"
quale sede di coordinamento della costituenda "Fondazione euromediterranea
per il dialogo tra culture e civilizzazioni" che l'Unione europea
ha deciso di costituire e la cui struttura operativa sarà
definita, qui a Napoli, in occasione della VI Conferenza euromediterranea
programmata per il 2 e 3 dicembre 2003. Da sempre abbiamo perseguito
nella nostra azione "un'identità del fare", volendo
assolutamente contrastare un'identità dell'essere" che
ormai invade ogni spazio della nostra vita. L'incontro di oggi si
inserisce in una settimana densa di appuntamenti che potete leggere
nell'allegato calendario di marzo: fra tutti l'incontro delle ONG
voluto dalla Regione Campania e dalla Commisione europea per definire
il loro ruolo nel dialogo tra le Società civili euromediterranee;
l'assegnazione del "Premio Mediterraneo" a Elias Chacour
e Carla Guido; la riunione dell'Assemblea delle Regioni d'Europa
per definire in questa sede l'istituzione di una "Summer school"
e, infine, la presentazione del nostro nuovo bollettino d'informazione
annuale "Euromedinfo", che sarà distribuito a partire
dalla prossima settimana, dopo aver "raccolto" gli eventi
odierni.
* presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo
e direttore generale della Maison de la Méditerranée
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