IL DENARO
15 marzo 2003
Al lavoro per la democrazia e la pace
di Giuseppe Nutini
Si è tenuta ieri nella sede della Maison de la Méditerranée
la conferenza-incontro sul tema dei diritti umani, sempre all'ordine
del giorno nel diario di diplomatici ed istituzioni, estere e nazionali.
Per discuterne, alla conferenza intitolata "Il ruolo del Consiglio
d'Europa nella politica euromediterranea per la promozione dei diritti
umani" sono intervenuti il presidente della Regione Campania
Antonio Bassolino, Claudio Azzolini, vicepresidente dell'Assemblea
Parlamentare del Consiglio d'Europa, Michele Capasso, presidente
della Fondazione Laboratorio Mediterraneo, e Walter Schwimmer, segretario
generale del Consiglio d'Europa. Dopo i saluti di rito, indirizzati
in particolare al segretario Schwimmer, Bassolino ha ricordato come
il Consiglio d'Europa sia impegnato nella salvaguardia dei diritti
umani sin dalla sua costituzione, e che il dialogo che l'Europa
intrattiene col mondo arabo tramite esso è ben precedente
all'11 Settembre. In sintonia con questo spirito di dialogo senza
barriere, il Consiglio si batte per la soluzione democratica della
crisi irachena che il mondo auspica. Bassolino ha poi annunciato,
con un chiaro orgoglio di amministratore e uomo del Sud, che Napoli
è stata designata la sede ufficiale dell'Accademia Mediterranea,
grazie alla buona intesa istituzionale creatasi tra il Governo e
la Campania, poiché " noi siamo il baricentro naturale,
e il più aperto, al dialogo tra le culture che spiccano nell'Europa
Mediterranea " ha detto, e concluso "la città ne
è fiera, onorata e saprà meritarselo attingendo ai
suoi valori antichi di métissage culturale". Ripercorrendo
con tratto veloce la storia della Fondazione Maison de la Méditerranée,
Azzolini le ha riconosciuto il merito precipuo di aver lavorato
da dieci anni alla pace ed alla convivenza pacifica delle diverse
culture del mondo che in questa sede si fondono e rafforzano l'un
l'altra. Ed ha chiuso il suo intervento ricordando che la Maison
sarà sede ospitante l'8 settembre venturo del Bureau e Commissione
Permanente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. La
Fondazione non è solo il frutto dell'unione di associazioni
culturali, richiamantesi al forte impegno civico di liberi cittadini,
ad essa aderiscono accademie, città, Ong, Regioni, tutte
realtà che compongono il mosaico di quella larga parte di
società civile internazionale che si schiera per l'ascolto
reciproco e l'osmosi tra le differenti antropologie e religioni.
Così Michele Capasso, che ha evocato il pericolo ed il disastro
culturale che cadrebbero su tutti se non si riuscisse all'integrazione
in Europa dell'Islam, essendo questa la priorità politica
in cima al datario tanto del Consiglio d'Europa, quanto della Maison
de la Méditerranée. L'approccio al dialogo interculturale
della Fondazione che egli presiede punta all'integrazione euromediterranea
attraverso la cultura e la scienza in nome dell'accostamento rispettoso
tra le differenze culturali. "Ormai ci siamo mondializzati"
ha detto per chiarire il suo pensiero "ma il rischio di egemonie
su decisioni che coinvolgono l'avvenire del pianeta resta".
E la Maison vuole provare che crede nel dialogo tra le culture,
escludendone la guerra, ora più che mai che in varie regioni
del mondo, e il Mediterraneo fra queste, si avverte la tensione
cui sono sottoposte le culture autoctone a causa dell'azione uniformante
della mondializzazione, in risposta alla quale, però, si
è tentati, anche nel Mediterraneo, di rinchiudersi dentro
il cerchio di gesso della propria identità, il che rappresenta
da sempre la via diretta alla guerra. Invece, ha concluso Capasso,
l'Accademia del Mediterraneo e la città di Napoli intendono
muoversi nella direzione opposta, e lo faranno l'8 settembre 2003
"ospitando la riunione del Bureau e della Commissione Permanente
dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa". "La
democrazia e la pace sono purtroppo piante fragili" ha esordito
il segretario generale del Consiglio d'Europa Walter Schwimmer "ed
hanno bisogno ininterrottamente del dialogo interculturale e del
contatto di reciproca intesa". Parole che egli ha pronunciato
richiamando alla mente di tutti il tragico assassinio del presidente
serbo Zoran Djindjic e lo scenario di guerra, sempre meno fantapolitico,
che si prepara contro l'Iraq. Schwimmer ha espresso la contrarietà
alla soluzione armata della crisi irachena di tutto il Consiglio
d'Europa quando ha detto che l'Assemblea Parlamentare Europea vuole
risolvere il cortocircuito politico del potere di Saddam senza ricorrere
all'uso delle armi che in questo momento risulta ancora del tutto
illegittimo, data l'assenza finora di un voto autorizzativo delle
Nazioni Unite. Ed ha aggiunto che la stessa Carta ONU statuisce
la necessità morale e giuridica di risolvere le controversie
internazionali senza la via bellica. Per Scwhimmer il travestimento
di motivazioni affaristiche, alla base della volontà degli
USA di fare guerra all'Iraq, in altre di peace-keeping per i diritti
umani del popolo iracheno è inappoggiabile da parte dell'Europa,
la quale anzi ha il dovere, che condivide con la comunità
internazionale, di costruire un futuro di pace per tutti gli Stati
del mondo. Ma questo scopo l'Europa lo raggiungerà, ha aggiunto,
solo costruendo una solida cooperazione e un solido coordinamento
tra gli Stati europei, destinati a diventare 25 tra qualche anno,
e che perciò delineeranno "un'Europa estesa dall'Islanda
a Cipro, dal Portogallo a Vladivostok". In quanto membri di
un organo parlamentare interstatale e cittadini europei, ha proseguito
Schwimmer, è compito dei politici realizzare un'Europa molto
più unita di quanto non sia adesso, armonica, integrata economicamente
e pacifica, perché questa è la direzione degli eventi
dopo la caduta del muro di Berlino e dopo la sottoscrizione dell'altro
ieri, a Roma, della Convenzione Europea dei Diritti Umani. "La
nostra imperfezione di contatto con l'Islam" ha commentato
significativamente il segretario generale del Consiglio d'Europa
"deriva dall'ignoranza reciproca delle nostre parentele storiche",
poiché l'Islam è stato determinante per la cultura
europea del Medioevo quando vi introdusse la cartografia, le matematiche
ed Aristotele attraverso Averroè. Per ragioni politiche secolari,
dunque, è necessario che adesso l'Europa si riaccosti all'Islam
e si riconcili come parte di una storia cultural-relazionale il
cui dialogo si è incrudelito dopo l'11 Settembre, ma che
di per sé non si è spezzato e non può spezzarsi.
Allo stesso modo, l'Europa non può restare inerte di fronte
al conflitto ebreo-palestinese, poiché l'area euromediterranea
è l'Europa, ed inoltre perché "Ebraismo, Islam
e Cristianesimo hanno avuto in Europa il loro terreno di commistione
e contatto", ha asserito Schwimmer. Il suo intervento si è
chiuso con una nota di grande speranza nel futuro se l'Europa punterà
sui suoi giovani, che sono inventivi per definizione, ha detto,
"predisposti al dialogo, che le tecnologie mediatiche rendono
oggi rapidissimo e munito di un lettura critica in tempo reale.
Credo che questa generazione riuscirà a risolvere i problemi
del mondo e dell'Europa". Schwimmer ha infine voluto presentare
la sua gratitudine all'Accademia del Mediterraneo per l'opera decennale
da essa svolta nel segno della cooperazione tra gli Stati europei
ed extraeuropei. La conferenza è volta al termine col conferimento
del Premio Mediterraneo di Pace 2003 a tre personalità impegnate
nel dialogo interculturale. Si è trattato del padre ortodosso
Elias Chacour, per l'opera di riconciliazione tra palestinesi ed
ebrei in Israele; dell'attrice Carla Guido, per la sua interpretazione
del Kyrie di Ugo Chiti; di Giancarlo Licata, giornalista del settimanale
di Raitre Mediterraneo, per l'opera di comunicazione euromediterranea
svolta. Molto intenso e partecipato il discorso di ringraziamento
pronunciato da padre Chacour, cui la targa di premiazione è
stata consegnata dallo stesso Schwimmer. Parlando della sua complessa
condizione di arabo palestinese, nato in Israele e professante la
religione cristiana, ha ribadito come una compresenza di differenze
- in un luogo fisico o nell'animo di una sola persona - non sia
un detrimento, ma piuttosto un arricchimento e spinga inevitabilmente
a credere nei diritti umani, l'unica formalizzazione di cui disponga
l'uomo della specificità identitaria e culturale chiamata
differenza. La guerra non è la soluzione della crisi irachena,
ha detto, né del conflitto ebreo-palestinese" da quando
c'è lo Stato ebraico in Palestina è iniziata la diaspora
degli arabi dei territori; tuttavia io non credo nella guerra con
i fratelli ebrei: la Palestina può e deve essere di tutti
noi".
I valori da cui aspettarci la pace nel Mediterraneo e nel mondo,
ha concluso, non ce li porta la guerra, che per sua natura ne prepara
sempre un'altra, ma l'integrazione e la giustizia di cui parlavano
i profeti dei tre credi monoteistici; da queste due idee verrà
anche la pace.
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