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10 ANNI DI LAVORO DELLA FM

Esattamente dieci anni fa, il 26 e 27 ottobre 1995, la Fondazione riunì a Napoli circa 400 esperti di 32 paesi per dibattere sul tema “Il Mediterraneo e l’Europa: valore e identità del patrimonio culturale”: l’obiettivo, allora, era quello di fornire indicazioni concrete all’Ue da inserire nella Dichiarazione di Barcellona affinché fosse ben definito il ruolo chiave del patrimonio culturale.
Oggi, dieci anni dopo, ci ritroviamo a dibattere sugli stessi temi.
Cosa è stato fatto da allora e cosa resta da fare. Il forum del 1995 produsse un documento - presentato alla Commissione europea e riportato da questo giornale nello speciale “Europa: rotta sul Mediterraneo” curato dall’europarlamentare Claudio Azzolini — contenente raccomandazioni articolate sul tema. Successivamente, al fine di evitare che le risorse rese disponibili dalla Commissione europea per la valorizzazione dei beni culturali fossero disperse da una burocrazia sterile e senza “visione”, la Fondazione — con il sostegno della Spagna — riunì a Barcellona più di mille esperti di beni culturali per tracciare quella che fu definita la “Grande radiografia” del patrimonio culturale euromediterraneo. Quell’incontro non fu sufficiente. La materia si presentò vasta e complessa. Per questi motivi decidemmo di organizzare un nuovo incontro a Napoli due anni dopo. E’ nel dicembre 1997 che la Fondazione riunì più di 2000 esperti per dibattere, tra l’altro, sul patrimonio culturale del Mediterraneo: 50 sessioni di lavoro in parallelo, 64 progetti proposti, un volume di 500 pagine contenente raccomandazioni e proposte operative. Lo ha ricordato ieri l’egiziano Gaballa Ali Gaballa, allora direttore delle antichità dell’Egitto e tra i coordinatori del forum, oggi consigliere del ministro egiziano della cultura Farouk Hosni: “Il forum di Napoli del 1997 — ha ribadito — è stato un appuntamento importante ed irripetibile che ha gettato le basi per azioni concrete sviluppatesi negli anni successivi: la Biblioteca Alessandrina, il Museo virtuale egizio ed altri progetti concreti hanno trovato buon esito grazie all’impegno della Fondazione Mediterraneo”. Quell’evento del 1997 produsse raccomandazioni e progetti di due tipi:
a) Programmi pluriennali da svolgere in 15 anni (quali la catalogazione del patrimonio culturale al fine di trasformarlo in offerta economica e occupazionale);
b) La creazione di uno strumento strutturale d’informazione sistemico, con appositi spazi su giornali, media ed agenzie di stampa dedicati alle varie aree del patrimonio culturale.
La Fondazione Mediterraneo, in dieci anni di impegno ed in collaborazione con organismi internazionali — quali il Consiglio d’Europa — ha elaborato una imponente banca dati omogenea e suddivisa in molteplici macroaree e microaree sul patrimonio culturale del Grande Mediterraneo. Questa banca dati costituisce oggi lo strumento principale per far fruttare il patrimonio culturale nella sua interpretazione più ampia che vede il patrimonio immateriale l’elemento portante per il prossimo futuro. Per questo negli interventi di chi scrive e di Matvejevic’ è stata sottolineata la necessità — nel quadro di una condivisione di una visione differenziata del Mediterraneo — di evitare sprechi e duplicazioni. Per questo abbiamo proposto ad Ansamed e ad altri soggetti pubblici e privati di ripartire dal punto in cui siamo giunti senza ripetere tutto da capo solo per cieche logiche di appartenenza o per miopìe politiche.

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