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La grande occasione
La decisione del primo ministro Erdogan di incontrare, sia pure in una saletta dell’aeroporto di Ankara, Benedetto XVI rivela ancora una volta la saggezza dello statista turco ma premia altresì la bontà della tattica sin qui seguita dal Vaticano per correggere la dura reazione del mondo islamico alla citazione dell’imperatore bizantino Michele Paleologo nella «lectio magistralis» di Ratisbona. Non dimentichiamo innanzitutto che Erdogan è il co-firmatario con Zapatero dell’iniziativa sulla Alleanza delle civiltà.
Iniziativa lanciata un anno fa con l’avallo del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Sarebbe stato imperdonabile per Erdogan indietreggiare sui principi di tolleranza da lui stesso postulati di fronte ai clamori della piazza. Il Papa, pur non scusandosi, come hanno chiesto molte istanze islamiche, compreso il Grande Imam di Al Azhar, Tantawi, si è infatti prodigato moltissimo per spiegare che quanto affermato dall’imperatore bizantino non rifletteva in alcun modo il suo pensiero e che la Chiesa di Roma intendeva portare avanti con l’Islam un dialogo a favore della pace e della riconciliazione, basato sul mutuo rispetto e la pari dignità. Proprio quello che Erdogan ha sottoscritto nella «Dichiarazione sull’alleanza delle civiltà». Poteva allora egli sottrarsi alle sue responsabilità di leader alla prima importante prova di credibilià dei suoi propositi? Evidentemente no, egli deve aver pensato nonostante le motivazioni formalmente accoglibili fornite inizialmente per la cancellazione del suo incontro con il Papa. Sappiamo però che il vero obiettivo strategico del primo ministro Erdogan resta quello di superare gli ostacoli, ardui, che si frappongono all’entrata della Turchia nell’Ue. Un obiettivo che traspare chiaramente dall’intervista esclusiva che egli aveva rilasciato lo scorso settembre al Mattino in occasione dell’ottenimento del premio per la pace conferitogli dalla Fondazione mediterranea di Napoli. E tuttavia il negoziato di adesione non va troppo bene. Anzi, proprio in questi giorni l’Ue ha dichiarato l’intendimento di abbandonare, almeno temporaneamente, il tavolo delle trattative per risolvere lo spinoso problema del rifiuto di Ankara di estendere a Cipro le misure di liberalizzazione commerciale previste dal mercato unico. Un problema questo che potrebbe provocare, se dovesse rimanere irrisolto, la sospensione del negoziato di adesione. Una decisione al riguardo potrebbe essere presa nella riunione del 13 dicembre del Consiglio europeo. Nelle attuali circostanze appare infatti per Erdogan politicamente improbo aderire alle pressanti richieste di Bruxelles, visto che Cipro continua l’embargo nei confronti dei turco-ciprioti. Ankara è certo disponibile a proseguire i colloqui per risolvere il contenzioso, ma non vuole che nel frattempo venga sospeso il negoziato di adesione come invece sarebbero orientati a fare alcuni Stati membri. Ne deriverebbe un pregiudizio per il primo ministro turco e per le stesse prospettive di successo del negoziato. È chiaro quindi come, in un frangente in cui è necessario per il Paese il massimo della comprensione europea, il mancato incontro di Erdogan con il Papa avrebbe rischiato di alienare alla Turchia molte delle residue simpatie di cui essa gode all’interno dell’Unione, a cominciare da Roma. Ma sebbene Erdogan avesse buone ragioni per tornare sui suoi passi, è indubbio che a modificare il suo iniziale orientamento è intervenuto altresì il lungimirante e assai diplomatico atteggiamento del Papa che non a caso aveva manifestato alla vigilia il suo autorevole auspicio per una sollecita adesione della Turchia nell’Unione europea. Il Sommo Pontefice ha fatto però di più. Già nel suo discorso di Castel Gandolfo ai rappresentanti diplomatici dei Paesi musulmani Benedetto XVI aveva avuto cura di sottolineare l’urgenza di un comune rinnovato impegno della Chiesa di Roma e dell’Islam per assicurare ai giovani un avvenire meno incerto e permettere un più efficace incontro delle culture a difesa dei valori condivisi dell’essere umano. Una sottolineatura a una più operante solidarietà fra le due grandi religioni monoteiste che non è sfuggita agli ambienti più avvertiti e che ha trovato eco in alcuni giornali arabi fra cui il prestigioso Al Hayat. È indubbio che al di là di inevitabili voci dissonanti il sia pur breve incontro all’aeroporto di Ankara tornerà di grande utilità per promuovere una piena riconciliazione fra il Vaticano e il mondo arabo. Erdogan, da ottimo statista, saprà trarne beneficio per le ambizioni del suo Paese ma anche per far progredire gli obiettivi dell’Alleanza delle Civiltà su cui la Turchia ha puntato in coerenza con i suoi interessi strategici. Ma anche il Sommo Pontefice trarrà vantaggio dall’incontro con Erdogan. Non solo per il tributo rivoltogli dal primo ministro turco di aiutare la causa della pace ma anche per l’autorevolezza che il colloquio con Erdogan conferirà al Sommo Pontefice quando si troverà ad affrontare con Bartolomeo il tema di come superare i millenari problemi che esistono tra la Chiesa di Roma e i 240 milioni di cristiani-ortodossi. Benedetto XVI avrà infatti sicuramente esposto a Erdogan le preoccupazioni del clero ortodosso per i molti lacci e lacciuoli che le leggi turche pongono alla sua presenza e alla sua attività pastorale.

Antonio Badini

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