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Intervento dell´Arch. Michele Capasso
Presidente Fondazione Laboratorio Mediterraneo


Ringrazio molto gli organizzatori per l’invito rivoltomi.

Brevemente desidero affrontare il tema del Dialogo tra Culture e Civilizzazioni ed il ruolo della "Fondazione Euromediterranea Anna Lindt".

La Fondazione Laboratorio Mediterraneo è nata 10 anni fa quale “Fondazione-Rete Euromediterranea per il dialogo tra le società e le culture”.
Si è distinta per la legittimità e rappresentatività della sua rete (oltre 560 organismi, città, università, associazioni, etc…) e per azioni significative di dialogo tra società civili e istituzioni (ha organizzato 3 Forum Civili Euromed, 5 Conferenze Euromediterranee ed oltre 1200 eventi in 26 Paesi euromediterranei).
Queste attività e questi 10 anni dimostrano che il nostro intuito e la nostra determinazione erano ben motivati e che avevamo ragione di insistere e di sottolineare la necessità e l’urgenza del dialogo tra i popoli e culture prima di intraprendere qualsiasi altra azione.
C’è bisogno, oggi, nel Mediterraneo non di “politici” e “burocrati” ma di “potenti dialoganti”: in questo caso il termine "potente" è riferito alla capacità di saper operare per il "Bene Comune".

Dopo l’11 settembre l’Unione Europea ha avvertito il bisogno di rettificare le impostazioni date dal Partenariato euromediterraneo (PEM) con i suoi tre "pilastri": politico, economico e culturale).
La Spagna, alla fine del 2001, ha avuto l’idea di costituire la Fondazione Euromediterranea e ha proposto all’Italia di compiere quest’opera nell’intervallo tra le due presidenze dell´UE (Italia e Spagna).
Con l’incontro di Palermo, avvenuto il 18 dicembre 2001, la Fondazione Laboratorio Mediterraneo ottenne il riconoscimento nel realizzare tale obiettivo e fu proposta quale sede della costituenda Fondazione Euromediterranea. Nel 2002 la Conferenza di Valencia promosse la nascita della Fondazione Euromediterranea affidando alla Commissione Europea la gestione dell’organismo.
Le varie candidature proposte furono:
- Egitto/Svezia
- Malta
- Cipro
- Italia

Il 5 e 6 maggio 2004 a Dublino, con un atto di significativa responsabilità e di apertura all´Egitto e al mondo arabo, il Ministro degli Affari Esteri italiano ha ritirato la candidatura della Fondazione Laboratorio Mediterraneo anche se quest´ultima (grazie alla operatività della struttura, del personale e del Direttore esecutivo), avrebbe consentito un immediato avvio ad un migliore utilizzo delle risorse. Sono stati però introdotti alcuni punti chiave nella dichiarazione (n. 62-65):
- L’Italia avrà un ruolo determinante nella strutturazione della Fondazione Euromediterranea
- Sarà fatto un bilancio dopo tre anni
- Sarà effettuato un attento controllo spese

Il 24 e 25 maggio alla Conferenza « Dialogue des peuples et des cultures: les acteurs du dialogue » il Presidente Prodi ha delineato la “mission” della Fondazione Euromediterranea Anna Lindt (FEM), anche sulla base del rapporto, (al quale la Fondazione Laboratori Mediterraneo ha collaborato con un proprio contributo) del Gruppo dei Saggi costituito dallo stesso Prodi nel 2003, (ne fanno parte alcuni membri della nostra Fondazione come Predrag Matvejevic’ e Bichara Khader).
La FEM è uno strumento chiave per intraprendere un’azione nuova e convincente per favorire il dialogo interculturale. Tutti i partner euro-mediterranei devono controllare il successo dell’iniziativa e il primo passo da fare è assicurare alla FEM un bilancio adeguato. È importante anche assicurare la piena libertà e autonomia alla FEM e a chi partecipa alle sue attività.
Il Gruppo ha elaborato un rapporto di riflessione e di orientamento per rilanciarsi tra i popoli del Mediterraneo, e per esprimere concretamente i valori che questi condividono.
In particolare il Gruppo ha presentato 20 proposte articolate in tre grandi capitoli:
- L’Istruzione
- La mobilità, gli scambi e le competenze
- I media come strumento per promuovere la conoscenza reciproca
I temi prioritari sono:
- Le reti di comunicazioni nel Mediterraneo
- Il contributo della donne e della società civile
- La cittadinanza e i mutamenti sociali in Europa
- I giovani e la religione
Diversi partecipanti ai dibattiti hanno offerto elementi preziosi alla riflessione politica della Commissione per capire il significato autentico del dialogo.
Ecco perché molti hanno detto a chiare lettere che dobbiamo mobilitare il massimo numero di protagonisti: i politici, la società civile e tutti coloro che definiamo i “dialoganti”.
Nessun protagonista è perfetto e nessuno è necessario. Occorre, invece, un approccio pluralistico nel quale tutti sono necessari per realizzare un obiettivo a lungo termine come quello di favorire l’emergere di un’opinione euro-mediterranea.
L’Europa, che “è riuscita ad unificarsi”, ha messo la propria esperienza a disposizione della comunità internazionale.

Faccio appello a noi tutti per avvicinarci alla pace.
Il dialogo tra culture e civilizzazioni è oggi giorno, allo stesso tempo, una sfida politica, economica, sociale e culturale che coinvolge tutti noi.
L’interdipendenza tra uomini, società e spazi è ormai la norma e le mutazioni scientifiche e tecnologiche, la globalizzazione economica e finanziaria, la circolazione immediata dell’informazione conducono l’umanità verso un futuro di omologazione.
Ciò non significa affatto verso un destino comune, anzi: le ineguaglianze e la povertà che si aggravano nel mondo ne sono la prova, come costituiscono prova il rischio di egemonia di qualche potenza su decisioni che coinvolgono l’avvenire del nostro pianeta oppure il blocco dell’informazione operato verso le fasce più deboli e meno abbienti.
Un altro rischio è la sottomissione delle economie locali a strategie industriali che hanno poche relazioni con i bisogni reali di quel paese o i monopoli di attori specifici – privato o pubblici – sulla costruzione e diffusione di modelli standardizzati di comportamento, di consumo, di pensiero, di creatività, e quindi, di esistenza.
Quando gli scambi internazionali si diffondono e si ingigantiscono, gli Stati, ma specialmente la Società Civile, hanno la sensazione di vedersi sottrarre la gestione del proprio mondo e si sentono imporre una monocultura.
Di fronte a questa perdita d’identità, specialmente nel Mediterraneo, grande è la tentazione di rifugiarsi in se stessi, di cristallizzarsi su valori arcaici radicati nel passato, in un clima di intolleranza che spesso conduce al fanatismo, all’odio, al rigetto dell’altro.
Se vogliamo evitare che la Guerra fredda di ieri si trasformi oggi in un suicidio culturale, agevolato dai massicci movimenti migratori internazionali – che, ancora in questi giorni costituiscono il triste epilogo di morti che bagnano di sangue questo Nostro mare a poche miglia da qui – occorre, nel senso più ampio del termine, democratizzare la mondializzazione prima che la mondializzazione snaturi la democrazia.
Ciò significa promuovere, in maniera veloce ed efficace, il dialogo e la cooperazione tra le Società Civili euromediterranee.
Sono convinto che le grandi aree culturali e linguistiche – di cui il Mediterraneo è antico custode – costituiscono oggi spazi privilegiati di solidarietà che, se rafforzati dal dialogo e dalla cooperazione, sono la migliore garanzia per la democrazia, la pace e lo sviluppo condiviso.
Dobbiamo tutti concorrere alla costruzione di un mondo multipolare, rispettoso delle lingue, delle culture, delle tradizioni e di una gestione veramente democratica delle relazioni internazionali.

Gli obiettivi principali da perseguire sono:
- la diversità culturale divenga una condizione preliminare per costruire un dialogo reale tra i popoli;
- il riconoscimento della Società Civile come elemento sostanziale di questo processo non costituisca un’eccezione bensì il fondamento di un nuovo processo di civilizzazione;
- la cultura non si limiti solo alle arti e alla letteratura ma che essa inglobi tutti gli aspetti della vita nella sua dimensione spirituale, istituzionale, materiale, intellettuale ed emotive nei diversi tessuti sociali: in poche parole la cultura – in un mondo aspro fatto di forze spesso in contrasto tra loro, dove spesso a dominare sono solo le parti deteriori della politica e dell’economia – possa assumere il ruolo di Forza Buona capace di incidere sui processi della storia.
Queste considerazioni portano così ad alcune parole chiavi:
- Rispetto delle differenze e interazioni multiculturali a più dimensioni.
- Solidarietà e non individualismo superando la solitudine delle anonime metropoli attribuendo valore alla comunità.
- Interazioni a livello locale e globale tra i gruppi e al loro interno.
- Prendersi cura del nostro mondo comune: ambiente e genere umano.
- Identificazione e promozione di obiettivi comuni attraverso aggregazioni sovraordinate.
- Diritti e giustizia quali valori comuni di nuova cittadinanza.

Quali sono i rischi che abbiamo di fronte?
Esiste tuttavia un grave rischio per questo nascente organismo (FEM): quello di diventare un semplice strumento della burocrazia e di essere preda di coloro che perseguono di più “l’identità dell’essere” anziché “l’identità del fare”. La Società Civile dovrà vigilare per evitare tutto questo, dovrà con attenzione e scrupolo stringersi intorno a questo organismo offrendogli in dote tutte le possibili strutture d’azioni già esistenti affinché si evitino duplicazioni di iniziative già in essere e per far si che le risorse pubbliche limitate destinate a questa Fondazione possano essere impiegate nella maniera più produttiva e nell’interesse di tutti noi. (Conclusioni Dublino 62/63/64).
Come contributo a quest’azione la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con le sue sedi nei vari paesi e la sua rete euromediterranea per il dialogo tra le società e le culture, ha fatto il proprio dovere offrendo – come trasmesso alla Commissione Europea – la propria dote e l’insieme delle proprie strutture (spazi fisici, servizi, competenze professionali, personale, etc.) alla nascente Fondazione euromediterranea per il dialogo tra culture e civiltà.
La speranza è che i politici comprendano che la pace non è un atto politico e burocratico, ma una visione, un senso di vita.

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