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Costituzione della rete italiana della
Fondazione Euro-mediterranea “Anna Lindh”
per il dialogo fra le culture

Roma, Farnesina, 8 settembre 2004

Intervento di apertura dell’Ambasciatore Riccardo Sessa
Direttore Generale per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente


Desidero innanzitutto rivolgere a voi tutti il più cordiale benvenuto alla Farnesina a nome del Ministro degli Affari Esteri on. Frattini, ed un ringraziamento particolare ai numerosi rappresentanti di prestigiose istituzioni pubbliche e private ed agli Assessori alla Cultura delle Regioni e di molte grandi Città per aver accettato il nostro invito a questa riunione dedicata alla costituzione della rete italiana della Fondazione euro-mediterranea per il dialogo fra le culture.

L’incontro di oggi cade in un momento particolare perché vede il nostro Paese ancora una volta toccato da una azione barbara e inqualificabile che ha colpito due operatrici di pace che si trovavano in Iraq da anni al servizio della pace e che si muovevano in uno spirito di dialogo, di comprensione e di tolleranza. Lo sottolineo subito, non solo perché ritengo sia doveroso ricordare il sequestro avvenuto ieri di due nostre connazionali e di due cittadini iracheni che si va purtroppo ad aggiungere ad altri sequestri conclusisi in maniera tragica, ma lo ricordo perché credo che mai come in questo momento e quindi mai come oggi forse i motivi del nostro incontro trovano pienamente una loro giustificazione e una condivisione. Non vorrei ripetere un luogo ormai comune, ma siamo di fronte ad un nemico che non è più neanche tanto invisibile, che alimenta una guerra totale contro l’Occidente o contro certi valori dell’Occidente, che colpisce in primo luogo anche coloro che all’interno della società del mondo islamico condannano e hanno sempre condannato i fondamentalismi. Siamo di fronte ad una guerra totale che, come è stato ricordato ieri molto autorevolmente da tutti gli esponenti delle forze politiche e sociali e in primo luogo dal Capo dello Stato e dal Presidente del Consiglio, impone una grandissima unità, un senso di condivisione delle responsabilità che stiamo affrontando e di condivisione della esigenza di affrontare queste responsabilità e queste difficoltà e queste sfide in maniera unita. Sono quindi sicuro di poter interpretare i sentimenti di angoscia, di dolore ma anche di alta responsabilità di tutti voi. E allora ecco che la riunione di oggi assume un significato ancora più forte perché noi siamo qui per dare vita a quella rete di istituzioni che in Italia alimenteranno questa fondazione euromediterranea il cui nome è già un programma di per sé estremamente impegnativo, ma che evoca soprattutto quella esigenza fondamentale di dialogo tra le culture che a nostro avviso può essere una delle risposte alla situazione alla quale ci troviamo confrontati. L’incontro di oggi costituisce il raggiungimento dell’approdo di un appassionante percorso per dare luce al progetto istitutivo della Fondazione iniziato nel 2002, con il Piano d’Azione approvato a Valencia dalla Conferenza ministeriale euro-mediterranea.
A Valencia venne definito un programma, denominato per il “Dialogo fra culture e civiltà”, imperniato su gioventù, istruzione e mezzi di informazione, e si decise di procedere alla creazione di una “Fondazione Euromediterranea per la promozione del dialogo fra le culture e le civiltà”. L’Italia tiene molto a questa iniziativa, e ne è stata con convinzione e con impegno (lo possiamo dire a testa alta) il motore propulsivo fin dall’inizio, sia sotto il profilo concettuale, che sul piano negoziale, nella consapevolezza che il nostro Paese, per storia, cultura e posizione geografica ha grandi potenzialità per svolgere un ruolo di traino e di ponte nell’esercizio del dialogo fra le culture delle due sponde del Mediterraneo.

Dal giugno dello scorso anno, quando l’iniziativa è stata presentata per la prima volta qui al Ministero degli Esteri (dal mio predecessore Antonio Badini) ad oggi, sono stati portati a termine i passaggi indispensabili sul piano interno ma soprattutto sul piano euromediterraneo - nell’esercizio a 35 Paesi - per l’articolazione del progetto, per quanto riguarda la struttura, il mandato, le modalità di funzionamento dell’organismo. Passaggi culminati con la nascita della Fondazione in occasione della Conferenza euromediterranea dei 35 Ministri degli Esteri che si è riunita i primi giorni di dicembre a Napoli nello scorso dicembre allorché l’Italia – e non è certamente un caso - esercitava la Presidenza di turno dell’Unione Europea.

Rivolgendomi in particolare a coloro che non avevano preso parte a quella riunione (nel giugno dell’anno scorso), vorrei ricordare che abbiamo creduto nell’idea della Fondazione nella convinzione profonda che in questi tempi lacerati dalla violenza, la cultura sia l’unica arma a difesa della democrazia e per favorire la crescita civile e la pace delle regioni che si affacciano sul Mediterraneo.
Gli attentati dell’11 settembre e tutto quello che ne è seguito non hanno soltanto dato vita alla guerra contro il terrorismo, bensì ad un dibattito che sta diventando sempre più esteso e che investe il rapporto tra Islam e politica, e più in generale l’Islam come religione e civiltà. Per la prima volta dal crollo dell’Unione Sovietica, l’opinione pubblica occidentale ha percepito davanti a sé l’esistenza di un “nemico” – tra virgolette - che troppo spesso è stato identificato, erroneamente, nell’Islam, in cui ha individuato un elemento radicale che, naturalmente ed inevitabilmente, lo contrapporrebbe al mondo esterno, ed in particolare a quello cristiano-occidentale.
Ne è sorto un dibattito che si è purtroppo spesso risolto con semplificazioni che, secondo schemi troppo facilmente manichei, hanno sottolineato le ragioni del conflitto, sostenendo, come è stato detto anche autorevolmente, l’esistenza di uno “scontro di civiltà”, (anche se io spesso sostengo che il primo vero scontro e grande scontro avviene all’interno dello stesso mondo islamico) ed asserendo una presunta incompatibilità tra società islamica e modernità e democrazia. La guerra al terrorismo che è in atto non può in alcun modo essere presentato come “scontro di civiltà”, che è d’altronde la tesi che vorrebbero avallare gli stessi terroristi, e che perciò va rigettata. Questa guerra non mette di fronte Occidente e mondo arabo/islamico, bensì la comunità internazionale e l’estremismo fanatico e violento: le stesse società del mondo arabo, e islamico in generale, sono infatti le prime vittime dei gruppi fondamentalisti, proprio perché le forze vive di quelle società si battono per affermare i principi della moderazione e della modernizzazione.

Per rispondere alle sfide che giungono dalla regione mediorientale, e che colpiscono in primo luogo la stessa regione mediorientali dobbiamo quindi respingere con convinzione in tutti i modi, in tutte le sedi e con tutti gli strumenti disponibili, queste semplificazioni, e inquadrare correttamente il duplice problema che ci troviamo ad affrontare. Da un lato, la lotta al terrorismo fondamentalista, che nulla ha a che fare con l’Islam, e che usa strumentalmente slogans religiosi per condurre un programma politico il cui scopo è il rovesciamento del sistema di potere nella regione. Dall’altro, la risposta, non del solo Occidente, ma dell’intera comunità internazionale, ed in primo luogo dei Paesi della regione, alla sfida della modernizzazione e della democratizzazione.

Si tratta, in ultima analisi, di propugnare un’idea di partenariato e di cooperazione tra Occidente e Paesi arabo-islamici per creare una vasta area di pace, prosperità, stabilità e dialogo, che non è nuova per i Paesi europei, ed in particolare per l’Italia, Paese mediterraneo posto su un limes tra diverse civiltà, continenti e religioni, che del dialogo e della cooperazione ha fatto da sempre, e con continuità, un tratto distintivo del proprio patrimonio di politica estera.
A Milano, due giorni fa, si è svolto un importante convegno dal titolo significativo, “Religioni e culture: il coraggio di un nuovo umanesimo”. Nel suo intervento, il Ministro Frattini ha sottolineato come il dialogo debba diventare una priorità nell’agenda della nostra politica; come soltanto dal dialogo possiamo tutti insieme ricostruire quella “cultura della vita” che un recente ed importante manifesto delle comunità islamiche in Italia ha proposto all’opinione pubblica; e come l’Italia abbia sempre sostenuto con convinzione e determinazione il dialogo interreligioso e faccia della dimensione culturale un asse portante della politica estera.
Ieri, sempre da quel convegno di Milano, diverse Autorità religiose islamiche e rappresentanti autorevoli della comunità islamica italiana hanno lanciato significativi appelli in favore della liberazione delle due volontarie italiane sequestrate ieri a Baghdad che conferma la validità del percorso che intendiamo oggi intraprendere tutti insieme. Questo ennesimo episodio di violenza assurda conferma la validità del percorso che oggi vogliamo intraprendere tutti insieme.
E’ anche in questo spirito che stiamo lavorando a promuovere a Roma, nel mese di ottobre, una tra le prime iniziative di dibattito e confronto sul tema de “L´Islam e la pace”; un evento organizzato nell´ambito delle attività del “Osservatorio del Mediterraneo” che il ministro Frattini ha deciso recentemente di costituire presso il Ministero e che organizzerà dopo questo evento di ottobre ed organizzeremo poi a dicembre la seconda edizione di una manifestazione che non a caso abbiamo chiamato “Sponde”.

L’esperienza fondamentale del Processo di Barcellona rimane dunque un ambito privilegiato d’azione per l’Italia, ma anche per l’Europa e per i partners mediterranei. Grazie allo sforzo che abbiamo portato avanti lo scorso anno durante la nostra Presidenza dell’Unione Europea, la Fondazione euromediterranea assurge ora a dimensione culturale dello stesso Processo di Barcellona, nella convinzione che lo strumento del dialogo inter-culturale si ponga necessariamente al centro di ogni strategia che possa risultare davvero vincente nella regione. Strategia che non dovrà mai perdere di vista i principi ispiratori del Partenariato euro-mediterraneo che, ponendo sullo stesso piano i Paesi arabi rivieraschi, la Turchia ed Israele, non è riducibile ad un mero esercizio di cooperazione euro-araba. Ciò al fine di contribuire a ridurre i focolai di tensione che tuttora si frappongono ad un’evoluzione positiva del Processo di Pace in Medio Oriente che tanto condiziona la stabilità della regione.

In quest’ottica, la “Fondazione per il dialogo fra le culture” diventa un progetto di grande portata, per il quale l’Italia ha ottenuto di poter svolgere uno speciale ruolo di supporto, in particolare nei primi tre anni di attività. Tale impegno valorizzerà certamente il patrimonio di iniziative e di contatti delle numerose istituzioni italiane che operano a più livelli per favorire il dialogo e la conoscenza fra i popoli della regione, attraverso la costituzione di una rete italiana che interagirà con quelle omologhe dei Paesi partners per la realizzazione dei programmi che verranno adottati.
Tengo a sottolinearlo, perché siamo certi che la Fondazione potrà fare molto per aggregare, all’interno delle società civili mediterranee, le forze più sensibili al richiamo di quei valori che sostanziano l’esercizio della democrazia, quali il dialogo, la tolleranza, la partecipazione, l’attitudine alla condivisione delle esperienze, pur nella consapevolezza e nel rispetto delle diversità esistenti.

Nei primi mesi di quest’anno, dopo un negoziato non facile, è stata sciolta la questione della sede della Fondazione, con la scelta di Alessandria d’Egitto, che ne ospiterà la struttura presso la Biblioteca Alessandrina e l’Istituto svedese. Ricordo, a questo proposito, che è stato deciso di intitolare la Fondazione ad Anna Lindh, Ministro degli Esteri svedese tragicamente scomparso un anno fa, in riconoscimento del suo impegno europeista.
Non è un segreto che noi aspiravamo a poter ospitare in Italia la Fondazione Euromediterranea. Come spesso succede nei negoziati internazionali, ad un certo punto abbiamo ritenuto di ritirare la nostra candidatura, avendo bloccato per un’infinità di mesi il raggiungimento del necessario consenso e quindi ci siamo anche noi espressi in favore di Alessandria d’Egitto espressione per altro di una civiltà antichissima e di un paese al quale ci legano dei rapporti strettissimi e fortissimi in tutti campi. La nostra posizione ci è stata comunque riconosciuta nel mandato recentemente conferito a Dublino, a maggio di quest’anno, in occasione dell’ultima riunione dei Ministri euro-mediterranei, di poter svolgere uno speciale ruolo di sostegno alla Fondazione nei primi tre anni di attività.

Già nella fase negoziale, noi ci eravamo espressi a favore di una struttura reticolare, che potesse assicurare la più larga partecipazione delle istituzioni espressione delle società civili. Lo ricordo per sottolineare due concetti: innanzitutto, lo spirito di massima apertura alla quale dovrà ispirarsi la rete italiana, anche nella prospettiva di successive adesioni, e poi un approccio non gerarchico, che dovrà garantire pari dignità a tutte le componenti che faranno parte della rete Italiana. In tale contesto, la “Fondazione Laboratorio Mediterraneo” di Napoli, l’istituzione che svolgerà il ruolo di capofila della rete italiana, assicurerà il coordinamento interno nel rispetto di quei due concetti che ho appena ricordato: la massima apertura e la pari dignità ed interagirà con la sede centrale della Fondazione ad Alessandria e con le omologhe istituzioni capofila dei Paesi partners ed in raccordo con il Ministero degli Esteri.

E vengo dunque alla sostanza di questo incontro, nel quale abbiamo voluto chiamare le istituzioni che operano a favore del dialogo inter-culturale. Non si tratta, evidentemente, di un appello mirato a una pura e semplice operazione di censimento, ancorché necessaria ad individuare i soggetti interessati all’iniziativa. L’obiettivo, di ben più ampia portata, è quello di elaborare tutti insieme una “linea italiana”, che, basandosi sul documento contenente i “Principi guida del dialogo fra culture e civiltà” approvato a Creta nel 2003 – di cui avete ricevuto il testo con la mia lettera di invito - possa costruire un proprio originale percorso che serva da modello anche agli altri Partners. Una linea italiana che gli eventi di queste ultime ore rendono ancora più importante ed urgente.

Si tratta, in questo senso, di operare delle scelte strategiche, impegnandoci ed impegnandovi su quei settori che puntiamo a valorizzare per il lavoro della rete italiana; settori che, ritengo, devono rispecchiare la natura non governativa della Fondazione e favorire, dunque, la più ampia partecipazione delle società civili.
Le istituzioni italiane, voi tutti, possono determinare il successo della rete, ove ciascuno si senta impegnato a portare con generosità un contributo di risorse sia intellettuali, che operative. E’ un patrimonio di competenze che, proiettandosi nella dimensione europea della Fondazione, può trovare maggiore impatto e visibilità, uscendo quindi dal contesto locale verso il quale normalmente si rivolge.

Vi ringrazio ancora una volta per la vostra presenza, ma soprattutto vi ringrazio per quello che ciascuna Istituzione che voi rappresentate vorrà e potrà fare per la riuscita di questa grossa iniziativa. Teniamo presente quelle considerazioni che ho svolto all’inizio ritenendo di poter interpretare innanzitutto uno stato d’animo che è condiviso da noi tutti. Cerchiamo di far decollare questa linea italiana, questo progetto di convivenza nel rispetto, come dicevo prima, delle diversità. Individuiamo dei parametri sui quali ci si possa tutti ritrovare e che possano alimentare la vita della rete italiana e dare quindi un contributo determinante alla Fondazione Europea. Credo che ci siano dei valori universali nei quali ci si possa ritrovare come in tante circostanze ci siamo ritrovati tra le due sponde del Mediterraneo, tra portatori di culture, civiltà, sensibilità certamente diverse, ma tutte altrettanto degne di pari dignità nel rispetto dei diritti fondamentali della persona e cercando di alimentare in questi paesi dell’altra sponda del Mediterraneo, ai quali siamo tanto legati, quei valori e quei principi anche di democrazia sostanziale ai quali noi ci ispiriamo e nei quali noi crediamo, certamente senza mai imporre dall’alto modelli o avere la pretesa di avere modelli. Io vi ringrazio per il contributo che vorrete dare a questa iniziativa ed all’azione che la rete italiana saprà e vorrà sviluppare, in questa azione desidero ringraziarvi a nome del ministro Frattini, che per alcuni impegni legati a queste vicende di ieri purtroppo non ha potuto essere qui, ma il ministro segue con particolare e vivissima attenzione questa iniziativa e quindi vi rinnovo il suo saluti ed i suoi ringraziamenti assicurandovi sin d’ora il più convinto e necessario sostegno del Ministero degli Affari Esteri.


CONCLUSIONI:

Ci siamo trovati tutti d’accordo sull’importanza di affinare gli strumenti per dare un contributo complessivo del sistema Italia al Dialogo tra le culture, attraverso l’elaborazione di una linea italiana. E’ stato positivo ritrovarci insieme sull’orientamento del lavoro che aspetta l’architetto Capasso e la sua Fondazione Laboratorio Mediterraneo e precisamente:
· Fare un censimento delle possibili attività.
· Individuare i settori prioritari.
· Creare una banca dati nelle due direzioni per assicurare un flusso costante di informazione da vivificare attraverso l’individuazione di organismi di riferimento per ciascun settore.

Abbiamo già citato la complessità del meccanismo che sta dietro la FEM e si sa quanto sia stato complesso arrivare alla vera e propria costituzione della Rete. Ci sono 35 Stati, reti nazionali o “focal point”, che a loro volta fungono da punto di riferimento di altre reti composte da centinaia di istituzioni.
Si tratta di un’attività importante, impegnativa, con l’arch. Capasso e con il vostro sostegno determinante cercheremo di razionalizzare per poterla far partire il più presto possibile.
Abbiamo già delle scadenze, c’è un programma di attività che presenteremo in ambito EUROMED in occasione della prossima riunione ministeriale che si terrà a fine Novembre.

Dobbiamo lavorare sui giovani e per i giovani. Le civiltà non si “scontrano” ma si “incontrano” e si “confrontano”, l’azione e il compito della FEM deve essere mirato ai veri destinatari della nostra iniziativa: i giovani.

E’ importantissimo sottolineare il ruolo delle Regioni: all’interno del ruolo istituzionale le Regioni dovranno svolgere, da una parte, una funzione di osservatorio e di continuità di rapporto con il Ministero degli Affari Esteri su tutte le problematiche che sono di interesse regionale, dall’altra, una funzione di impulso nei confronti delle istituzioni che operano sul proprio territorio.

Nella regione del Mediterraneo e del Medioriente è estremamente valido un concetto: le cose che facciamo devono servire. Facciamo in modo che la FEM possa servire sul serio, iniziando già a tradurre in contributi concreti le nostre proposte.

Concludo con un appello per il rilascio di tutti gli stranieri e gli iracheni sequestrati in Iraq affinché vengano restituiti alle proprie famiglie e alle proprie attività in favore della pace.

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