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MEDITERRANEO SENZA FRONTIERE

Indirizzo di saluto di Michele Capasso
Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e Direttore generale dell’Accademia del Mediterraneo



Signore e signori,


mi scuso per non essere potuto intervenire di persona a questo importante evento e ringrazio gli organizzatori per l’attenzione a me riservata.

Guardando, questa mattina, il mare Mediterraneo dalla sponda Sud, ricordavo a me stesso che questo non è mai stato semplicemente un mare che separa l’Europa dal Vicino Oriente e dall’Africa o, per dirla con Braudel, una semplice fenditura della crosta terrestre che si allunga da Gibilterra a Suez e al Mar Rosso.
Su questo mare si affacciano terre diversissime tra loro, città e deserto, nomadismo e stanzialità; modi di vita lontanissimi tra loro, preparati in un certo modo da dualismi ed ostilità congenite; sul Mediterraneo si sono sviluppate civiltà moderne e civiltà tradizionali, città modernissime e metropoli incardinate in un passato immobile che sono rimaste tali e che si sono contrapposte nell’odio e nell’inimicizia; ma soprattutto il Mediterraneo è un mare che ha formato civiltà, che le ha divise e le ha unite. Civiltà, dalle prime nate nel Mediterraneo orientale, fino alle culture cosmopolite nate intorno all’Egitto, alla Mesopotamia, all’Asia Minore; fino a Roma che ebbe la forza di stroncare il tentativo “orientale” di impadronirsi del Mediterraneo, e si spinse oltre di esso.
Nel Mediterraneo sono nate le grandi culture che hanno dato identità all’Europa e ai Paesi del Sud che si bagnano in esso. Non dobbiamo dimenticare questo: sulle coste del Mediterraneo è nata l’idea del principio dell’unità dei contrari che facevano dire ad Eraclito: “E’ da ciò che è in lotta che nasce la più bella armonia: tutto si realizza attraverso la discordia”. Ma soprattutto l’idea di un Dio che unisce la sensibilità cristiana, ebraica, araba. Un Dio che si distacca da tutti gli altri e fa regnare ordine e giustizia nel mondo: il Dio dei sacri testi, quali il Corano, l’Antico e il Nuovo Testamento.
E infine sul Mediterraneo è nata veramente la filosofia e sono nate le prime “polis” intorno al fascino e al senso di realismo del pensiero pitagorico. Pace e guerra, dialogo e lotta hanno fatto la storia di questo mare, dove si sono incontrate non solo “forze”, gruppi contrapposti, ma, appunto, civiltà, culture, idee.
La lotta nel Mediterraneo è stata, e tuttora è, una lotta tra filosofie, tra visioni del mondo, prima ancora, forse, di essere uno scontro tra interessi contrapposti.
L’assolutezza che tante volte queste lotte hanno assunto, non può germinare dal solo pur centrale contrasto di interesse, ma porta dentro di sé qualcosa di più radicale e profondo: la mancanza di riconoscimento reciproco, la lotta per l’identità che ha potuto condurre alla volontà di distruzione reciproca.
Solo l’impegno della cultura e della Società civile può superare tutto ciò.

Quante volte ciò è stato compreso dalle classi dirigenti politiche, soprattutto europee?
Poche volte; molte parole vengono pronunciate in proposito, ma pochi fatti seguono queste parole. L’interpretazione generale dei vari scontri e guerre che si sono susseguite, poggia costantemente su ragioni geopolitiche, e su tentativi successivi di mere ricomposizioni di equilibri economico-politici. Tutto importante, ma non basta e anzi infine tutto ciò ha condotto in un vicolo cieco.

Ecco per quali ragioni il dialogo fra le culture diventa decisivo. Decisivo come condizione di una pace vera e, dunque, di uno sviluppo possibile, di una crescita delle società civili in un processo di riconoscimento reciproco.
Le condizioni di questo dialogo ci sono, proprio perché le culture del Mediterraneo, e anzitutto quelle a profonda radice religiosa, possono pervenire ad un’intesa. Il pensiero greco, quello cristiano e quello musulmano sono occidentali fin dall’origine e possono trovare la via per una riscoperta di ideali comuni.

Ma anche senza avere un’ambizione così pronunciata, le varie culture che si affacciano sul Mediterraneo possono ritrovare – devono! – il terreno di un confronto che faccia riscoprire a ciascuna le ragioni dell’altra. Non di un dialogo generale e ideologico si deve trattare, ma innervato in esperienze effettive di cultura, nei saperi che si sono sviluppati, nel lavoro concreto sulle tracce di un passato ancora vivo, nella scienza del mare, dell’ambiente, dell’archeologia comune, del cibo, nei saperi produttivi di tecnica e di trasformazione.

Per attuare questo ambizioso progetto occorre costituire una “Casa comune” per le genti del Mediterraneo; occorre ordinare e valorizzare tutti i tasselli del variegato mosaico mediterraneo.
Da qui l’importanza straordinario dell’Accademia del Mediterraneo come luogo destinato per la sua stessa vocazione a diventare il terreno comune di questo confronto.
La Conferenza euromediterranea di Barcellona del novembre 1995 attivò il partenariato euromediterranei mettendo in moto altri momenti di dialogo, ma fu pressoché muta su quello culturale, anche se, se ne avvertì l’esigenza introducendo l’ormai noto terzo pilastro, dedicato appunto al coinvolgimento della Società civile in questo importante processo.

Il primo Forum Civile Euromed organizzato dall’Institut Català de la Méditerrania, in collaborazione con la Fondazione Laboratorio Mediterraneo, fornì un importante impulso per la identificazione dei bisogni della Società civile euromediterranei nella prospettiva concreta di attuare azioni specifiche di partenariato nelle varie discipline.

Il 10 ottobre 1998, la stessa Fondazione Laboratorio Mediterraneo, costituì, con l’Università euromediterranei diretta da Nadir Aziza, l’Accademia del Mediterraneo: compito che le era stato affidato nel dicembre 1997 dal II Forum Civile Euromed – da essa stessa organizzato – al quale parteciparono 2248 persone in rappresentanza di 36 Paesi, proprio nell’idea di aprire in modo profondamente nuovo il dialogo tra le culture, e, nei sensi accennati, fra le tradizioni, i saperi, le tecniche, i modi di vita, la storia concreta delle società.

In queste giornate riproporrete una radiologia precisa sullo stato delle migrazioni, specialmente riferite alla riva Sud. I temi, a nostro avviso, da affrontare, sono:

  • la costituzione nell’area euromediterranea di un’area di libero scambio entro il 2010, con le prospettive di sviluppo che questa nuova sfida posta dal modello di partenariato propone: in questo caso occorre ricordare che “le merci non camminano con le loro gambe”, sono esse stesse portatrici di dialogo e scambi di culture e saperi.


  • il grande potenziale che viene offerto dalla redigenda “Carta per la Pace e la Stabilità”, al fine di delineare con esattezza il ruolo della “Soft security”: cioè quella “Sicurezza cooperativa” che affida la congestione nelle tensioni e dei conflitti in atto nell’area mediterranea non solo a strumenti politici e militari ma, al dialogo interculturale che dovrebbe trasformare le differenze da elemento di conflitto in risorsa.


  • il nuovo ruolo della problematica “Democrazia e Diritti umani” evidenziata dalla Conferenza di Stoccarda dell’aprile 1999. occorre rivendicare l’universalità dei diritti umani in un mondo globale e promuovere una politica dei diritti oltre lo Stato-Nazione per far si che essa diventi “la politica principale” di nuovi grandi spazi senza frontiere, senza “possessi”, senza conflitti, come dovrebbe essere lo spazio euromediterraneo.


  • la necessità che il dialogo tra i popoli avvenga attraverso un nuovo equilibrio che non può essere solo politico, ma che intorno alla politica possa far crescere, alimentandola, una nuova cultura capace di assumere il ruolo di “Forza” in grado di incidere nei processi della storia, oggi dominati solo dall’economia e dalla politica.



La straordinaria quantità di adesioni che all’Accademia sono pervenute, la sua radicata articolazione nei vari Paesi attraverso le oltre 80 sedi distaccate ed i riconoscimenti ufficiali ricevuti – quali le delibere di voti adottate da Stati, Regioni, Città Università ed organismi di 33 Paesi rappresentanti ufficialmente oltre 150 milioni di cittadini – mostrano che essa ha toccato una sensibilità che esisteva e che attendeva di essere resa operativa. Operativa, anche sul terreno dove il progetto culturale diventa premessa di economia e di sviluppo: l’Accademia – con gli organismi ad essa collegati: Euromedcity, consociazione di città; Isolamed, consociazione di isole ed Almamed, consociazione di Università – si è applicata a diventare strumento economico per il Mezzogiorno d’Italia e per altri Paesi della riva Sud attraverso la definizione di progetti “mediterranei” in grado di accedere ai Fondi europei previsti in Agenda 2000 nell’ambito delle politiche di internazionalizzazione culturale ed economica. Tutto questo potete leggerlo in dettaglio nell’edizione in lingua francese di “Mednews” in distribuzione, interamente dedicata all’Accademia.

L’Accademia del Mediterraneo, se adeguatamente sostenuta, costituisce una risorsa per l’Europa.

Tutto questo lavoro, reso possibile grazie al forte impegno di tutti noi, guardato in grande è di decisiva importanza per l’Europa che si sta allargando al di là dei propri confini tradizionali. Essa ha e vuole avere una sua politica mediterranea, che è una politica che guarda a lei stessa e oltre di lei. Il confronto tra le culture renderà più facile questa politica, farà crescere la forza degli interlocutori possibili. L’Europa come soggetto politico in un mondo che diventa globale deve assolutamente guardare al Mediterraneo come al mare di un grande sviluppo, di pace, di civiltà.

L’Accademia del Mediterraneo, con la sua irripetibile dote – costituita dalla “summa” delle doti di tutte le antiche prestigiose istituzioni che la compongono – è il cardine di questa possibilità che vede la cultura al centro di questo processo.

Hegel diceva che la libertà si sviluppa e cresce sul mare; la sua profezia può diventare verità storica proprio quando la globalizzazione in atto chiede ad ognuno di ricordare le proprie radici, e di affermarle nel riconoscimento reciproco.

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