18 febbraio 2005
di Giovanni Cioffi
Politica internazionale nel Mediterraneo: prosegue, presso
la Maison de la Mediterranée, il ciclo di conferenze organizzato dalla
Fondazione Laboratorio Mediterraneo in collaborazione con alcuni docenti della
facoltà di Scienze politiche dell’Università di Napoli L’Orientale.
Finora la serie di lezioni ha visto la partecipazione di docenti di livello
internazionale esperti di tematiche relative alle Relazioni e alle politiche internazionali,
sempre con un occhio di riguardo all’area Mediterranea, campo d’azione
privilegiato della Fondazione Laboratorio Mediterraneo, diretta da Michele
Capasso.
Mercoledì 16 febbraio ha tenuto la sua relazione su “Il
Mediterraneo e il Medio Oriente nella gerarchia delle priorità della Politica
Estera dell’Unione europea” Christopher Hill docente dell’Università di
Cambridge, uno dei massimi esperti internazionali di questioni riguardanti
queste tematiche oggi di grande attualità. Ad introdurre la relazione è stato
Fabio Petito docente dell’Università di Napoli “L’Orientale”, e ha partecipato
al dibattito Elisabetta Brighi della London School of Economics. La discussione
è partita dalla formula coniata da Hill a proposito della politica estera comune
europea, “Expectations Capability Gap”, cioè la differenza tra le grosse
aspettative attribuite all’azione europea e le sue reali possibilità.
L’analisi emersa è improntata al realismo, ma non è pessimista; la politica
estera comune europea non è, e non ha in futuro possibilità di sostituire le
politiche estere dei paesi membri, ma è parallela a queste, inoltre vi è una
grossa disparità di strumenti e di potere con il grande alleato-rivale
americano. Ma bisogna ammettere che mai prima d’ora nella storia si era
arrivati al coordinamento delle politiche estere di tanti stati, e nonostante
le difficoltà e le divisioni incontrate su alcune questioni, l’ultima delle
quali l’Iraq, su altri importanti argomenti, quali il conflitto
arabo-israeliano e l’Iran, l’approccio europeo è sempre stato caratterizzato da
razionalità e tentativo di mediazione. Nel caso dell’Autorità Nazionale
Palestinese c’è stato un concreto aiuto alla costruzione di istituzioni che
dovrebbero anticipare la nascita di un vero e proprio Stato, ma allo stesso
tempo tenendo saldo il principio della garanzia della sicurezza dello Stato
d’Israele dimostrando sempre un certa coerenza nell’atteggiamento di
equidistanza tra le parti in conflitto.
Per quanto riguarda il partenariato Euro-Mediterraneo Hill
avanza dei dubbi, soprattutto riguardo alle aspirazioni di alcuni stati
nordafricani di entrare a far parte dell’Ue, esprimendo l’opinione che l’Unione
non può avere una capacità di allargamento senza limiti, sono necessari confini
stabiliti per avere una politica estera comune, non per motivi culturali, ma si
tratta di scelte geopolitiche. Gli interventi successivi dei docenti presenti
in sala hanno focalizzato l’attenzione su alcuni punti emersi nel corso della
relazione. La Brighi pone l’accento sul fatto che le divisioni europee nel
campo della politica estera rispecchiano i limiti di un attore internazionale
anomalo come l’Ue dato che all’esterno si proiettano i valori della propria
comunità, ci si divide su chi siamo, cosa vogliamo comunicare all’esterno.
Hanno animato poi la discussione altri interventi di giornalisti, studenti e
docenti presenti in sala, tra cui Ottorino Cappelli e Francesca Izzo, entrambi
docenti dell’Università di Napoli L’Orientale, in cui è emerso il tema della
promozione della democrazia nei paesi della sponda sud del Mediterraneo e del
Medioriente, e della sua adattabilità a culture differenti da quella
occidentale.
Un tema che non può lasciare indifferente l’Unione europea che se vuole avere
un ruolo più efficace sulla scena internazionale deve fare delle scelte ben
precise.
Scelte concrete e non discorsi pieni di stereotipi, con una diplomazia più
attiva che possa dar veramente corpo alla politica estera europea, sono le
priorità indicate da Hill con sano pragmatismo britannico.