6 marzo 2005
Hanno nomi come Amna, Fahda, Laila Meriam, Sharifh. Sono le 51 artiste di fede diversa, delle islamiche altre cristiane, dalle buddiste alle indurite, che arrivano da una ventina di Paesi islamici per esporre le loro opere nella mostra che ha per titolo “Stracciando i veli”, o, in senso traslato, “Rompendo le barriere”. Una settimana di dipinti e sculture che vogliono testimoniare la presa di coscienze, la ribellione, il dialogo che supera le divisioni di lingua, razza, religione e dove il termine islamico non ha più una connotazione religiosa ma semplicemente culturale, riferito ad una civiltà di grande importanza nella storia dell’umanità.
La mostra, che verrà inaugurata
martedì prossimo in occasione della festa della donna dalla principessa Wijdan
Ali di Giordania, è promossa dal Comune su progetto della Fam (Femmes artist
méditerranéennes) e della Royal Society of Fine Arts di Amman allo scopo di
correggere l’immagine distorta della donna islamica nel mondo. Arriva in
Italia, grazie a Comunicare organizzando di Alessandro Nicosta, dopo l’esordio
a Rodi nel 2002 e un tour che ha toccato diverse città dell’Asia, dell’Europa e
degli Stati Uniti.
Le donne che vi partecipano, di
generazioni e paesi diversi, adoperano tutti gli stili dell’arte contemporanea;
dall’astrazione al concettuale, dal manierismo alla gestualità, dal simbolismo
al surrealismo. Ma la presenza più
interessante è quella di numerose opere con elementi figurativi, che smontano i
pregiudizi di molti critici occidentali i quali, confondendo con la pittura
islamica, sostengono che l’arte figurativa non esiste nei paesi di cultura
musulmana.
E, così come succede nell’arte
contemporanea occidentale, anche qui la pittura si mescola spesso con latri
linguaggi espressivi. Così l’algerina Houria Niati, che è pittrice, cantante e
poetessa, accompagna i suoi dipinti con recital di canzoni algerine e di sue
poesie in francese. E l’irachena Hana Malallah utilizza nella composizione dei
suoi lavori materiali come la carta e i tessuti. Mentre l’indonesiana Umi
Dachlan semina i suoi deserti colorati con frammenti di metallo simili a
vecchie monete.