IL DENARO
13 aprile 2005
WORKSHOP DELLA MAISON IN OCCASIONE DEL
DECENNALE DEL PARTENARIATO
Un nuovo ordine internazionale in Area Med
di Giovanni Cioffi
Uno dei maggiori esperti italiani di Relazioni Internazionali,
Alessandro Colombo, docente presso l’Università Statale di Milano, è tra i
relatori della conferenza tenutasi nell’ambito dei workshop organizzati dalla
Fondazione Laboratorio Mediterraneo - Maison de la Méditerranée in occasione
del Decennale del Partenariato euro-mediterraneo. Colombo, che è anche
direttore dell’Osservatorio “Sicurezza e Studi Strategici” dell’Ispi (Istituto
per gli Studi di Politica Internazionale), incentra il suo intervento sul tema
“Guerra, democrazia ed eguaglianza degli Stati: il Mediterraneo e il Medio
Oriente”.
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Nel tentativo di inquadrare l’attuale situazione nell’area mediterranea e
mediorientale si inserisce l’analisi globale dell’attuale instabilità del
contesto internazionale. Ma l’aspetto più caratteristico dell’odierno sistema
internazionale è stato rintracciato nel fatto che il paese più forte, gli Stati
Uniti, vede come legittimo l’uso dello strumento bellico per la conservazione
dell’unipolarismo. Una tesi che potrebbe essere tacciata come la solita critica
dell’imperialismo americano, ma che Colombo presenta come semplice
constatazione di quella che è la teoria delle Relazioni Internazionali che sta
alla base della politica estera americana, così come esplicitata dai documenti
del Dipartimento di Stato del governo statunitense. In un periodo di transizione
apertosi con la fine della Guerra Fredda gli Usa sono alla ricerca di un nuovo
ordine internazionale. L’ideale della democrazia è considerato come fonte di
legittimazione per gli Stati per la partecipazione a questo nuovo ordine
mondiale.
Di qui la strategia di esportazione della democrazia, a cui sacrificare i due
principi fondanti del vecchio sistema internazionale, quello di sovranità
statale e quello di eguaglianza degli stati, considerati non più adatti
all’attuale contesto post-Guerra Fredda.
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Il Medio Oriente, con la questione israelo-palestinese e le due guerre in Iraq,
è l’esempio più lampante dell'instabilità e della difficoltà del sistema
internazionale, che significa anche inefficacia delle istituzioni
internazionali, a cominciare dall’Onu, nel risolvere queste crisi. In
conclusione, secondo l’opinione di Colombo, una società internazionale, le cui
regole sono sottoposte a critica da parte dell’attore più forte, è destinata ad
essere e a rimanere in crisi.
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“ A quindici anni dalla conclusione della guerra fredda — afferma Colombo - non
ci vuol molto a riconoscere che le promesse di un “nuovo ordine internazionale”
non sono state mantenute. Al suo posto, l’ultimo decennio ha assistito a una
proliferazione di guerre eterogenee ma egualmente estranee ai principi e alle
norme fondamentali dell’attuale diritto internazionale — dalla guerra civile
nella ex Jugoslavia all’ingerenza umanitaria in Kosovo alla “guerra globale
contro il terrorismo” fino all’ultima guerra preventiva contro l’Iraq.
Invece del funzionamento di un insieme coerente di interlocking institutions,
come quello vantato all’inizio degli anni Novanta dai politici, dai
commentatori e dagli studiosi occidentali, si è prodotto un progressivo
scostamento tra le principali istituzioni internazionali, ciascuna delle quali
ha patito oltretutto crisi diverse e incoerenti tra loro.
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Infine, malgrado l’enfasi che si è continuato a porre sulle organizzazioni
internazionali e sullo sviluppo di un nuovo diritto internazionale ispirato a
principi umanitari, l’ultimo decennio ha assistito a una preoccupante
decomposizione del tessuto normativo della società internazionale e,
precisamente, della sua capacità di dettare aspettative su cui gli Stati, i
popoli e i singoli individui possano ragionevolmente contare, basandovi le
proprie scelte (per esempio quella di insorgere contro la violazione dei propri
diritti) e prevedendo le scelte degli altri (per esempio quella di essere
sostenuti, in questo caso, dalla comunità internazionale)”. “Di questa decomposizione
— conclude Colombo - Mediterraneo e Medio Oriente sono stati per molti versi
luoghi archetipici. Sebbene, infatti, sia l’uno che l’altro avessero un ruolo
sostanzialmente marginale nell’ultima fase della guerra fredda, ciò non è
bastato a risparmiarli dalle conseguenze della sua conclusione.
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Innanzitutto, e al livello più superficiale, perché come tutte le altre regioni
che compongono l’attuale contesto internazionale anche Mediterraneo e Medio
Oriente hanno dovuto ritrovare posto in un sistema internazionale che, da
bipolare, si è lentamente trasformato in unipolare e che, da ideologicamente
eterogeneo quale era, si è trovato a fare i conti con una condizione sempre più
marcata (e politicamente offensiva) di omogeneità ideologica.
In secondo luogo perché, a differenza di ciò che è avvenuto in Europa, questa
transizione non ha potuto appoggiarsi sulla mediazione di istituzioni
internazionali regionali o universali, il cui ruolo marginale nelle vicende
della regione è uscito pressochè inalterato nel passaggio dal bipolarismo
all’unipolarismo. In terzo luogo, perché la catastrofe spaziale che ha
accompagnato la fine dell’ordine bipolare ha radicalmente mutato sia il ruolo
che i confini stessi della regione mediterranea e di quella mediorientale, come
traspare dall’uso sempre più comune di metafore a propria volta ambigue quali
“Mediterraneo Allargato” e “Grande Medio Oriente”.
Infine, e soprattutto, perché le ragioni di instabilità e i conflitti quasi
tutti preesistenti di entrambe le regioni, a cominciare dalla questione
palestinese, hanno dovuto riadattarsi a un contesto politico e culturale
completamente mutato, diminuendo la coerenza tra la regione mediorientale e
quelle circostanti e favorendo non un avvicinamento ma un allontanamento tra le
sue vicende e quelle delle altre regioni”. Come sempre gli appuntamenti della
Fondazione diretta da Michele Capasso hanno visto una larga partecipazione di
un pubblico composto di studenti e di docenti universitari, provenienti in
questo caso dalle diverse Università e, specialmente, dall’Università di Napoli
“L’Orientale”, che dedica molta attenzione ad una disciplina abbastanza giovane
nel panorama accademico italiano, come le Relazioni Internazionali, ed ha una
consolidata esperienza nello studio dell’area mediterranea e mediorientale.
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Proprio due docenti dell’ateneo napoletano, i professori Fabio Petito e Massimo
Galluppi hanno partecipato alla discussione non mancando di proporre punti di
vista ed opinioni alternative a quelle di Colombo, ma condividendo il dato di
fatto di una crisi del sistema internazionale da cui sarà difficile uscire.
Il dibattito si è poi spostato su altri temi come quello dell’ingresso della
Turchia nell’Unione Europea, su cui Colombo ha espresso un’opinione molto
positiva, considerandolo come un importante segnale di apertura dell’Unione
verso il mondo islamico.
Un'anticipazione di quello che sarà il tema del prossimo appuntamento alla
Fondazione Laboratorio Mediterraneo, il 21 aprile, con il professor Joseph
Camilleri che tratterà sul “rapporto tra Europa e Medio Oriente”.