CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
3 settembre 2005
Annullata la conferenza stampa
La visita
di Erdogan, un turco napoletano
di Antonio Fiore
Il presidente della Fondazione
Mediterraneo Michele papasso gli ha consegnato il premio, il segretario della
Maison Meediterranée Walter Schwimmer ha sottolineato il suo contributo a far
sì che la Turchi diventi ponte tra Islam e Occidente, il presidente del
Comitati scientifico John Esposito gli ha consigliato (in video-conferenza) di
comprare una cravatta da Marinella e di mangiarsi una pizza, il sottosegretario
Martusciello ha sottolineato il contributo al pluralismo, alla tolleranza e
alla pace che darebbe l’ingresso turco nell’Ue. E lui, Recep Tayyip Erdogan, ha
ringraziato gli ospiti, ha ritirato i regali (tra cui un tappeto: forse
volante, forse per planare più velocemente in Europa), ha tenuto un breve
discorso in cui ha in sostanza sostenuto che il Paese da lui guidato ha già
ottemperato a tutti i criteri richiesti per l’ingresso in Europa e che ora
aspetta solo il sì del Consiglio. In realtà, le cose non stanno esattamente
così, e molte erano le domande che i giornalisti, convocati all’uopo, avrebbero
voluto porgli, ma non c’è stato verso: <<la prevista conferenza stampa è
annullata>>. Ineccepibile la motivazione ufficiale: <<Il primo
ministro Erdogan deve partire subito per Roma per incontrare
Berlusconi>>. Eppure i tempi della cerimonia (comprendente anche
spiegamento delle bandiere italiana e turca, esecuzione dei rispettivi inni
nazionali e inaugurazione d’una sala Istanbul nella lussuosa maison napoletana
della fondazione in via Depretis, accuratamente vigilata dall’alto dei tetti da
franchi tiratori nell’eventulità di un attacco del terrorismo fondamentalista)
non sembravano aver troppo sforato la tabella di marcia, ragione per cui il
frettoloso congedo del premier turco ha finito con l’apparire (certo contro la
sua volontà) un prudente alibi per dribblare domande imbarazzanti. Imbarazzanti
per lui, ma forse più ancora per gli organizzatori dell’evento e i politici
nostrani invitati: tutti impegnati a suonare la fanfara dell’imminente,
necessario, imprescindibile ingresso della moderata Ankara nell’Europa in nome
del dialogo e della comune mediterraneità, e per evitare l’aborrito conflitto
di civiltà, e lenire così le sindromi del dopo 11 settembre e del perdurante
incubo-Irak.
Ragioni nobilissime sulle quali
concordiamo, il guaio è che a dissentire sono proprio alcuni membri del governo
italiano: chiedere a Berlusconi, che tra una chiacchierata e l’altra con
Erdogan deve vedersela con i rigurgiti xenofobi della lega, sempre pronta a
evocare in piazza <<mamma li Turchi!>>. E come la mettiamo con il
pericolo meticcio, appena evocato dal presidente del Senato Pera? Oppure,
passando dal ruolo dell’avvocato difensore a quello del diavolo: come può
Erdogan dire che la Turchia ha già tutti i conti europei in regola, se in fatto
di diritti umani e di rapporti con le minoranze curde e armene permangono
ancora molti angoli bui? E come fa la Turchia chiedere a gran voce l’ammissione
nell’Unione continuando a rifiutarsi di riconoscere uno dei Paesi membri,
Cipro?
Peccato dunque che, dovendo
correre dall’amico Berlusconi, l’ex calciatore e islamico laico Erdogan ci
abbia lasciato molti dubbi e solo un pensierino poetico, quello sulla
<<brezza del Mediterraneo>> che favorisce la navigazione turca in
Europa. E poi via come il vento. O come un turco. Un turco napoletano,
vezzeggiato e blandito (<<vitto, alloggio, lavatura e stiratura>>)
fino a quando serve al prestigio della casa, pardon, della maison.