IL DENARO

30 settembre 2005

 

 

Gerusalemme: al lavoro gli artigiani della pace

 

 

Di Alfonso Ruffo

 

 

A parole vogliono tutti la pace. Sarà per la particolare scelta degli interlocutori da una parte, sarà per non deludere gli ospiti italiani dall’altra, il motivo dominante della missione napoletana in Terra Santa accomuna israeliani e palestinesi. Così Yossi Beilin, leader del partito Yadah, che siede in Parlamento in opposizione ad Ariel Sharon del quale apprezza però (nonostante molti distinguo) l’azione del ritiro dei coloni da Gaza come gesto di distensione. Così il sindaco cristiano  di Betlemme, Victor Batarseh, che spera di indurre alla ragionevolezza perfino i militanti di Hamas, il partito armato palestinese che detiene la maggioranza relativa nella municipalità  partecipando al suo governo.

“Il voto – tiene a precisare Batarseh – è stato espresso democraticamente ed avvicinare le formazioni estremistiche al governo può essere utile a ridurre il tasso di violenza. Tutti qui vogliamo la pace, ma nella giustizia e nel rispetto del nostro diritto”. Il che vuol dire ripristino delle frontiere del 1967 e scomparsa di tutti gli insediamenti israeliani, “A queste condizioni potremo davvero pensare alla costituzione di un nostro Stato – argomenta il sindaco – e non ci sarebbero più alibi per gli atti del terrorismo”.

La pace è ricercata anche e soprattutto per restituire un minimo di spessore all’economia palestinese che langue anche laddove, come a Betlemme, il turismo potrebbe portare molta ricchezza. Ne sa qualcosa il presidente della locale Camera di commercio, Samir hazboun, che con l’aiuto del Friuli Venezia Giulia e della Provincia di Pisa ha realizzato uno show room con tutti i prodotti artigianali del luogo: lavorazione del legno e del marmo, ticami, pezzi religiosi in argento e ceramica.

“E’ il primo tentativo di mettere in mostra le cose che sappiamo fare – racconta –. Ma abbiamo bisogno dell’aiuto degli europei per uscire dall’isolamento ed entrare nei mercati internazionali”. Noi siamo industriosi e vorremmo creare ricchezza per assorbire la disoccupazione e vivere meglio”, afferma. Non lo dice esplicitamente ma è come se volesse far intendere che la violenza dei pochi mette a rischio la sopravvivenza dei molti.

“Nonostante le difficoltà – aggiunge Hazboun – non ci scoraggiamo. Esistono in quest’area almeno tremila piccoli artigiani che vorrebbero stringere rapporti d’affari a cominciare dai nostri vicini israeliani. Come voi europei dopo la Seconda guerra mondiale, anche noi vogliamo la pace”.

Cade a questo punto la proposta dell’Assessore per i rapporti internazionali al comune di Napoli, Raffaele Porta, di creare un’alleanza con la Camera di commercio di Betlemme per agevolarne l’attività promozionale a vantaggio di tutti gli operatori economici della zona. L’accordo, che sarà presto formalizzato, vede naturalmente coinvolto questo gruppo editoriale (per la specificità dei contenuti e l’utilizzo della tecnologia satellitare con la tv) e la Città della Scienza, rappresentata dal vice presidente Mario Raffa, che già vanta buoni rapporti con università del luogo.

Un formidabile anello di congiunzione potrà essere padre Ibrahim Faltas, parroco di Gerusalemme, rappresentante dei francescani presso lo Stato d’Israele e l’Autorità palestinese, amico dell’Italia e di Nepoli in particolare dov’è la casa alla Maison del mediterraneo. “Il processo di conoscenza e avvicinamento tra i popoli deve accelerare – sostiene -. Solo così potranno cadere i pregiudizi”.

Sbarcata a Tel Aviv, il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino incontra il suo omologo Ron Huldai presso il monumento alla memoria di Isaac Rabin. Ricorda che la visita napoletana cade nel sessantaduesimo anniversario delle Quattro Giornate che liberarono la città dall’occupazione tedesca e auspica che lo stesso possa accadere a tutti i popoli oppressi. Il sindaco di Tel Aviv ammicca e si dice d’accordo. Anche per lui la pace è un obiettivo non rinunciabile.