IL MATTINO
20/12/2005
INCONTRO
CON GIOVANI EUROPEI E ARABI
Fini:
contro il terrore rispetto delle identità e dei valori umani
ALMERICO DI MEGLIO Un
sorprendente Gianfranco Fini, ieri a Napoli, ha dialogato per una mezza
mattinata con 82 giovani in rappresentanza di 42 Paesi (35 dell’area euromediteranea e 7 di quella della Lega Araba) senza
pronunciare una sola parola sulla situazione politica nazionale e trasformando
un seminario in una simbolica seduta di «ministri degli Esteri» di questa
regione del pianeta in cui s’incontrano - e talvolta si scontrano - civiltà e
culture; s’incrociano speranze e resistenze nei confronti della globalizzazione; si gonfiano biblici flussi migratori che
occorre controllare e guidare perché destinati a
incidere profondamente nelle conformazioni sociali esistenti; e dove,
soprattutto, dev’esser individuata la ricetta della
convivenza. Perché «non sempre e non dappertutto» - ha sottolineato
Fini - integrazione o assimilazione si sono rivelate quella giusta. Lo hanno
dimostrato anche recentemente i «casseurs» nelle
periferie della Francia e i terroristi islamici che
hanno insanguinato Londra: figli di immigrati ma francesi i primi, britannici i
secondi. Non bastano nazionalità o cittadinanze acquisite ad amalgamare. Il
confronto tra Fini e i giovani «ministri degli Esteri» ha caratterizzato il
convegno («Il ruolo delle giovani donne nella società: come combattere contro
gli stereòtipi sociali»), nato da un’idea dello
stesso vicepremier, patrocinato dalla Farnesina, organizzato dalla Fondazione Mediterraneo in
collaborazione con la
fondazione Anna Lindh. Il presidente
della Regione Antonio Bassolino ha chiesto che sia il
primo d’una lunga serie. D’accordo Fini e il
vicepresidente dell’Assemblea del Consiglio d’Europa Claudio Azzolini.
Entusiasta Michele
Capasso, presidente della Fondazione Mediterraneo. Il dialogo
- ha sostenuto Fini - dà frutti quando è reciproco
apprendimento e non presunzione d’insegnamento, e quando si svolge tra
«soggetti con identità diverse». Bisogna quindi essere «coscienti» della
propria identità, perché xenofobia e razzismo nascono «dalla scarsa conoscenza
della propria identità e dalla diffidenza verso gli altri». Ma
senza coltivare sentimenti di «superiorità», per evitare la «degenerazione
dell’amor di patria nel nazionalismo, che genera le guerre e noi europei
abbiamo per due volte incendiato il mondo». La globalizzazione
- ha spiegato - è una medaglia a due facce: «Cadono le barriere
ma c’è il rischio, o la tentazione, di uniformare il mondo» e ciò
innesca lo scontro. Il fondamentalismo si basa sulla
paura che la globalizzazione annulli identità e
tradizioni: per favorire il dialogo è, quindi, necessario capire e far capire che modernità non significa cancellarli. Altrimenti
si fa il gioco dei terroristi. Anche perché quando nei
Paesi musulmani si va alle urne, i popoli votano - come dimostrano Egitto, Iran
o Palestina - quanti si presentano comei difensori
delle tradizioni e delle identità nazionali. Vanno, invece, diffusi i «valori
universali contenuti nella Carta dell’Onu», cioè il rispetto dei diritti umani e la libertà che è il
presupposto della democrazia. Valori da diffondere pacificamente, ma anche con
l’uso «legittimo» della forza dove satrapi sanguinari opprimono, torturano e
uccidono. «Come avveniva nell’Iraq di Saddam».