IL DENARO
09/05/2007
Iran, Italia, Europa: una strategia
ancora attuale
di
Napoli,
6 maggio 2007. Una splendida giornata di sole accoglie l’hojatoleslam
Seyyed Mohammad Khatami, presidente dell’Iran dal 1997 al 2005.
E’
in visita in Italia con il desiderio di conoscere il nostro Paese: dopo Roma e
Napoli sarà a Palermo, Bari, Forlì, Udine ed altre
città.
A
Napoli dedica una parte della giornata domenicale visitando il Museo di Capodimonte, il Palazzo Reale ed il Maschio Angioino.
Ho
incontrato la prima volta Khatami nel 1999: entrambi
avevamo, allora, le barbe meno bianche e molto ottimismo in più. Ricordo
l’espressione che usò alla fine del suo primo viaggio in Italia: “è una giornata bellissima perché abbiamo gettato le basi per
un solido dialogo ed una vera cooperazione tra Occidente e Mondo islamico”.
Fu,
quella, una delle occasioni importanti perdute dall’Italia e dall’Europa.
Non
potrò mai dimenticare la mano tesa che Khatami
rivolse proprio all’Italia, scegliendo il nostro Paese come prima tappa dei
suoi viaggi da neo-presidente e come primo Stato con cui instaurare relazioni
diplomatiche in Europa. Allora presentò un piano di reciproca intesa e
collaborazione, un programma lungimirante per addivenire
ad un “dialogo graduale” tra Occidente e Mondo islamico evitando lo “scontro
tra civiltà e culture”.
L’Italia,
allora, per la sua posizione geografica e per antichi solidi legami con l’Iran
ed il Mediterraneo in generale fu considerata dal
presidente iraniano l’interlocutore principale e la porta di accesso ad una
cooperazione solida e duratura con l’Europa.
Quella
proposta era promittente per le implicazioni future e
per il ruolo che Italia ed Europa avrebbero potuto assumere per la stabilità
nella regione: un grande patto di amicizia tra Iran e
Italia quale base fondante per la risoluzione dei problemi nell’area, tra i
quali l’Iraq.
Uscii
da quell’incontro carico di energia
e di speranza. Mi colpì non solo la qualità di Khatami
ma, soprattutto, la sua apertura verso altre culture e la sua alta
considerazione per la dimensione laica. Quella proposta di “Dialogo a
Il
ministro degli affari esteri italiano dell’epoca,
Lamberto Dini, riuscì a resistere poco tempo e
dovette capitolare di fronte all’opposizione di Stati Uniti ed Europa.
Ho
ricordato questo episodio a Mohammad
Khatami durante il nostro incontro napoletano,
raccogliendo il suo rimpianto per un’occasione perduta ma anche la speranza di
poter riproporre quella strategia a livello delle società civili di Italia,
Iran ed Europa.
Khatami
è una voce importante per affermare, specialmente oggi, il dialogo ed il
reciproco rispetto nel momento in cui si contrastano le tensioni tra Occidente
e Mondo islamico.
Per
questo
Il
presidente Khatami ha molto apprezzato il programma
“Mediterraneo, Europa, Islam: attori in dialogo” che
Su
questi temi
“
I rapporti tra gli Stati non devono essere fondati sulla forza delle armi. Per
costruire la pace occorre eliminare il terrorismo che non è solo quello
praticato dai terroristi tradizionali ma anche quello che alimenta guerre che,
con l’inganno, tentano di sminuire e nascondere crudeltà e barbarie con la
scusa di dover combattere il terrorismo. La società civile ha un ruolo
essenziale da svolgere e confido in un ruolo pacificatore dell’Italia e
dell’Europa che sia in grado di tenere la situazione
sotto controllo. Non si può usare il nome di Dio per giustificare la guerra e
l’odio”. Con queste parole Mohammad Khatami si congeda dandoci
reciproco appuntamento per il prossimo ottobre.
Ancora
una volta, otto anni dopo, Khatami riesce
ad iniettare speranza e fiducia. Questa volta, però, l’Italia e l’Europa non
devono perdere nuovamente l’occasione di essere i protagonisti di una strategia
ancora attuale. Non è più tollerabile che le strategie
per il “Grande Mediterraneo” vengono decise “fuori” del Mediterraneo: occorre
che i Paesi della regione attuino proprie strategie secondo i bisogni reali di
ciascun popolo.
I movimenti laici e religiosi che hanno contribuito e
contribuiscono alla formazione dell’identità del
Mediterraneo hanno un interesse vitale a seguire un altro cammino da quello
dell’imposizione di forme di Governo dall’esterno e del ricorso al terrorismo e
al sovvertimento violento. La via della collaborazione, della mutua
comprensione e
della solidarietà è l’unica via possibile. Non dobbiamo dimenticare che la
civiltà europea ha verso l’Islam un grande debito
poiché l’Europa occidentale ha dovuto il suo risveglio in gran parte alla
civiltà islamica. È giunto il momento di pagare quel debito. E’ tempo di
riconoscere il ruolo fondamentale che ha avuto la cultura musulmana e la
civiltà dell’Islàm nello sviluppo dell’universalismo
e anche se si sottovaluta questo apporto tutte le
nostre società dovrebbero maggiormente accentuare iniziative in grado di
risolvere questo occultamento della memoria.
Riconoscere
che Occidente e Islàm nascono dalla stessa culla non è un
atto di subordinazione, ma il riconoscimento della verità su cui fondare
“Alleanze tra le Civiltà”, in cui il Mediterraneo, l’Europa, i movimenti laici,
l’Islàm e tutte le altre fedi costituiscono i
pilastri fondamentali su cui costruire il nostro futuro.