"Il Denaro"

12 febbraio 2000

L’Europa ha bisogno degli immigrati

di Michele Capasso

Martedì 8 febbraio 2000. Michele Santoro ospita, nel suo "Circus", il sindaco di Trieste Riccardo Illy, il presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Antonione e, tra gli altri, Massimo Cacciari e Khaled Fouad Allam, membri della nostra Fondazione. Il tema trattato è la partecipazione al governo austriaco di Jorg Haider — presidente della Carinzia ed accusato di essere neonazista e razzista — e la difesa a suo favore intrapresa ufficialmente con una delibera del Consiglio Regionale del Friuli-Venezia Giulia che, di fatto, contrasta la posizione di ferma condanna e di sdegno assunta dall’Unione Europea.

La Carinzia è il "Sud" dell’Austria. Questa Regione confina con la Slovenia e con il Friuli-Venezia Giulia. La città di Trieste, priva di entroterra e di retroterra, considera questi luoghi il suo hinterland: naturale, quindi, lo sviluppo di rapporti di cooperazione e di scambi, considerato anche che Trieste è stata per circa 5 secoli una città austriaca.

La storia della Carinzia è legata da sempre al mondo tedesco, quasi per reazione alla forte minoranza slovena e come conseguenza della presenza di pastori tedeschi in un antico insediamento nella parte settentrionale della regione.

Durante il nazismo questi pastori protestanti furono sostenitori di Hitler e diffusero, così, le sue idee trovando un fertile terreno in un nazionalismo tedesco diffusosi già ai tempi delle monarchie e, successivamente, con la storica sollevazione popolare del 1920. Dopo la prima guerra mondiale i serbi avevano occupato una parte della Carinzia, rivendicandola come propria terra. L’Austria, spaventata di dover riprendere un conflitto, lasciò correre. Sorse così un movimento locale di resistenza armata che indusse ad indire un referendum: fu un risultato netto contro i Serbi e quel giorno, il 10 ottobre 1920, si festeggia in Carinzia, ottant’anni dopo con la passione di una conquista di oggi.

Trieste, 23 gennaio 2000. Visito la Carinzia dopo aver lasciato i ministri macedoni Toni Popovski e Borgo Andreev. E’ una regione circondata da montagne che sembrano incorniciarla. Si susseguono lindi paesi che riuniscono piccoli gruppi di comunità alpine: un’architettura ideale per mantenere vivo e vegeto il nazionalismo. Aiutato da questo singolare habitat naturale protettivo, Haider lo ha alimentato ottenendo l’avallo alla sua politica di chiusura e di lotta all’immigrazione: anche perché la Carinzia, nonostante le apparenze, di lindore e di ordine, è la regione più povera dell’Austria, con elevato debito pubblico ed alto tasso di disoccupazione.

Incontro Franz Hederer, un ristoratore del luogo.

Dice di essere un sostenitore di Haider. "Tutti noi lo aiutiamo nella sua causa — afferma — e siamo persone per bene: lavoratori, sani, sportivi. Non c’è posto qui per gli immigrati".

Antonio Fian è uno scrittore di Klagenfurt. E’ contro Haider, come gran parte degli intellettuali e degli artisti. "Questo signore (Haider) scrive oggi le stesse cose che generarono il razzismo. Odia gli immigrati ed è razzista": così si esprime un giovane architetto davanti ad un colossale boccale di birra. Massimo Cacciari, intervenendo a "Circus", sottolinea il rischio Haider proprio sul tema degli immigrati. Ricorda che l’Italia tra 50 anni avrà solo 40 milioni di abitanti e che l’intera Europa subirà un calo. "Gli immigrati — afferma Cacciari — sono una risorsa indispensabile per il futuro dell’Europa: il problema è produrre regole per la loro accoglienza e per l’inserimento nelle nostre società".

Alcune settimane fa i media di tutto il mondo riportarono statistiche demografiche secondo le quali tra 40 anni la popolazione del nostro pianeta sarà raddoppiata e si distribuirà secondo rilevanti dislivelli regionali.

Infatti, mentre a livello mondiale gli abitanti del pianeta tendono a raddoppiare, la popolazione delle aree più ricche (Stati Uniti, Europa e Giappone) dovrebbe diminuire per la forte contrazione della natalità già in corso e del conseguente invecchiamento. Questa controtendenza dei Paesi ricchi è stata quantificata alla fine dello scorso anno in un rapporto dell’ufficio studi dell’Onu e conclusioni analoghe sono state diffuse dagli uffici demografici dell’Unione europea. La conclusione conferma i timori espressi da Cacciari: se l’Europa vuole mantenere il livello attuale di attività economica, di reddito, di rapporto "giovani-anziani" e, quindi, arrestare o invertire il processo d’invecchiamento, occorre un flusso immigratorio di 160 milioni di persone entro il 2050. Nel caso dell’Italia, ipotizzando la riduzione a 40 milioni di abitanti, occorrerebbe un flusso immigratorio di 18 milioni entro il 2050 per arginare tale riduzione. Ed ecco, quindi, che il nazionalismo razzista di Haider, il futuro dell’Europa ed il Mediterraneo — luogo di migrazioni — diventano temi connessi tra loro.

Oggi viviamo in un mondo globale sempre più disuguale. Aumenta il divario tra ricchi e poveri e ciò si verifica soprattutto nel bacino del Mediterraneo, producendo flussi migratori che dalla riva Sud si diffondono in tutta Europa.

Questo fenomeno che nei prossimi anni assumerà dimensioni bibliche, richiede l’urgente modifica del modo in cui fino ad oggi è stato percepito il problema dei flussi migratori. Da "problema" gli immigrati devono essere considerati invece "risorse per il nostro futuro": occorre regolarne i flussi per evitare il consolidamento di movimenti xenofobi come quelli di Haider; occorre valutare che la disoccupazione in Europa non dipende dall’immigrazione extra-europea; occorre calibrare il mercato dei flussi migratori in funzione della domanda e offerta di lavoro.

Più semplicemente occorre passare da una cultura della tolleranza ad una cultura dell’accoglienza e della convivenza. Se in Europa, secondo le citate statistiche, si avrà nei prossimi 50 anni un vuoto demografico di 160 milioni di individui, non sarà facile tutelare le identità tradizionali se non all’interno di una società multiculturale, multietnica, multireligiosa. Al tempo stesso, per far si che gli immigrati siano considerati una "risorsa" e non "un" o "il problema", è necessario assicurare la sicurezza dei beni e delle persone. La gente vuole avere certezza della sicurezza: solo in questo modo potrà e vorrà partecipare ad un processo che vede nell’accoglienza dell’altro una soluzione necessaria per rimpiazzare e rinsanguare le energie umane dell’Europa. Questa è la concreta necessità. Questa è la sfida che ci attende.