18 ottobre 2001
di Nadir M. Aziza
L’Accademia del Mediterraneo è
nata 3 anni e una settimana fa.
Noi ci prepariamo a celebrare
questo anniversario con serenità e fiducia, nonostante la tragedia dell’11
settembre 2001 e il delitto di oggi in Israele.
I nuovi Cavalieri
dell’Apocalisse speravano attraverso le loro azioni criminose, di seminare
l’odio e lo scontro tra i popoli.
Ci è sembrato urgente e
necessario celebrare comunque il terzo anniversario della nostra Accademia per
provare a questi predicatori dell’odio e della violenza che i loro malefici
disegni hanno fallito!
Fare della tragedia dell’11
settembre una dimostrazione di questo “Choc della Civiltà” che pronosticava il
politologo Samuel Hungtinton significa soddisfare il pensiero arretrato dei
fanatici che non cercano altro che indirizzare le masse mussulmane contro
l’Occidente.
In realtà, se opposizione c’è,
è tra i civili e i barbari, la democrazia e il totalitarismo, la modernità e
l’arcaismo, lo sviluppo e la regressione.
Vorrei fornire una “lettura
personale” da uomo di origine araba, degli eventi che hanno coinvolto non solo
l’America ma tutte le coscienze che desiderano la pace e la fratellanza nel mondo, compreso, naturalmente, tra il
mondo arabo e quello mussulmano.
Vorrei semplicemente affermare
che il trattamento del cancro del terrorismo non si deve ridurre alla sola
dimensione della risposta sul piano della sicurezza. Essa è certamente
necessaria e anche urgente, ma non può da sola, essere sufficiente.
Sembra essenziale aggiungere ad
essa una serie di misure politiche ed economiche destinate a ridurre le
frustrazioni e le angosce in cui cresce l’idra della violenza. Finché prospereranno
l’ingiustizia e la miseria, l’umiliazione e l’incomprensione tra le varie
comunità umane, il terrorismo non potrà mai essere veramente sconfitto.
I dirigenti occidentali
sembrano infine aver compreso questo meccanismo di causa ed effetto. I loro
sforzi per tentare di imporre il ritorno del processo di pace di Oslo nel Medio
Oriente, tra le altre azioni di assistenza alimentare, vanno nel verso giusto.
Ma anche se aiutato da questi
elementi politici ed economici, la lotta contro il terrorismo non sarà del
tutto efficace se ci si aggiunge una forte preoccupazione di tipo culturale.
Per prosciugare alla fonte la
cascata della violenza, bisogna convincere l’Islam a riuscire ad ottenere un
aggiornamento, a vedere il suo stesso risorgimento.
Per ottenere ciò bisogna
permettere ai suoi pensatori di accedere alle stesse letture scientifiche,
analitiche e critiche che gli intellettuali europei sono riusciti ad ottenere,
nel XVIII secolo, anche grazie ad una lettura della Bibbia e delle Sacre
Scritture non dogmatica.
Questo aggiornamento dell’Islam
non può essere realizzato che attraverso gli stessi mussulmani. Non gli può
essere imposto dall’esterno.
Una volta realizzato, esso sarà
uno dei più efficaci rimedi contro le derive fanatiche e terroriste. E’ proprio
nelle zone geografiche fortemente interculturali, come il Mediterraneo, che
questo processo di rilettura critica potrà essere iniziato. Non è dunque in
zone geografiche omogenee, come lo sono gli spazi geoculturali musulmani in
Asia, che questo sforzo di nuova “ijtihad” può avere una chance di attuazione.
La popolazione musulmana si
ripartisce per quattro quinti in Asia e solo un arabo su cinque risulta al
censimento di 1.200.000.000 di musulmani nel mondo.
L’Islàm mediterraneo, per la
sua storia multisecolare di vicinanza all’Europa e la sua coesistenza con i
valori europei, non si sente umiliato dalla modernità dell’Altro, ma, al
contrario, stimolato di intraprendere una nuova via per giungere ad una
“globalizzazione dal volto umano condivisa”.
E’ questa la chance del Mediterraneo ed è la forte giustificazione intellettuale e politica di una istituzione come l’Accademia del Mediterraneo e la Maison de la Méditerranée.
Se, come spero, la Regione
Campania e l’Italia sapranno sostenerla, la centralità di Napoli diventerà
centralità del Mediterraneo.
Non è più possibile attendere
oltre e la giustificazione addotta prima, non regge per l’emergenza di oggi che
richiede un suo pieno esercizio, non importa dove.