20 maggio 2003
UN
SEMINARIO DELLA COMMISSIONE ECONOMICA DELL’ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL CONSIGLIO
D’EUROPA
Il mare, i litorali, i porti
sono risorse da proteggere
di Michele Capasso*
Possiamo classificare le coste del
Mediterraneo in relazione ai vari modi in cui sono collegate al mare, ai punti
in cui i loro rapporti sono completi e duraturi rispetto a dove sono parziali e
causali, gli spazi dove il mare e la terraferma sono in accordo tra loro
rispetto a quelli dove non lo sono né mai lo saranno, le parti che sembrano
pronte a ricevere e ad accogliere rispetto a quelle che non tollerano accessi o
accosti.
Non è possibile riassumere e comprendere in un
elenco le svariate forme e composizioni, le divisioni della terra e della
vegetazione, delle pietre e della luce, le varie resistenze o concessioni:
parlo naturalmente delle rocce e degli scogli, dei ciottoli e dei sassi
arrotondati, della sabbia e della rena, dei lidi, degli stretti meno
pericolosi, delle insenature, delle baie (o baiette), delle grotte marine più o
meno grandi, dei guadi, capi, promontori, delle rupi, delle secche, dei massi,
dei precipizi.
Questi aspetti e queste immagini non si
possono definire solo con dei nomi concreti o con delle denominazioni, senza
concetti astratti o apposizioni: chiarire ad esempio perché in certi punti i
mucchi di sassi sono rimasti intatti e compatti, mentre altrove, nonostante la
composizione sia praticamente la stessa, sono sbriciolati a pezzi o spezzettati
in ciottoli, o perché in un posto siano diventati lastre, lisce e diritte, in
un altro invece rocce e scogli scabri o affilati come lame.
Sulle stratificazioni rocciose si possono decifrare le epoche della preistoria,
i crepacci del terreno e i suoi burroni, la separazione delle parti
dall’insieme o la reciproca appartenenza delle diverse parti e molti altri
riferimenti ancora, tettonici ed architettonici. Chi può dire quanto a queste
immagini sia debitrice l’architettura mediterranea: la ionica o la dorica, o quelle
formatesi prima e dopo di esse?
Ci sono certi posti che, senza esagerare,
potrebbero essere definiti drammatici: là dove la pietra è completamente
sminuzzata o dove si sbreccia, quando sembra essere stata scorticata della
vegetazione e della buccia, quando sembrano fuoriuscire in superficie le vene e
i nervi. Rovistando su questi aspetti scopriamo in noi la vocazione del geologo
e, in effetti, la geologia del Mediterraneo è assai istruttiva e andrebbe
studiata a fondo.
Queste brevi note abbiamo elaborato quasi un
decennio fa, con Predrag Matvejevic’ ed altri amici, all’inizio dell’attività
della Fondazione Laboratorio Mediterraneo.
Sin da fanciullo, guardando la carta del
Mediterraneo, sognavo un giorno di poter “vedere”, da terra e da mare, di
giorno e di notte, col vento e contro vento, tutte le sue coste: un sogno che
ho cercato di realizzare durante i vari peripli mediterranei, ma che
difficilmente sarà completato, anche se continuo ad evidenziare su vecchie
carte nautiche gli ulteriori tratti di costa visitati. Gli ultimi, poche
settimane fa, in Corsica e a Creta. Posso continuare ricordando l’abitudine di
raccogliere ciottoli sulla spiaggia, di tenerli sul palmo della mano, di
riporli con cura o di portarli da qualche parte, o ancora su quella di tracciare
o di costruire figure sulla sabbia.
Alcuni vedono in questi comportamenti un modo di scherzare, altri ci vedono di
più. Gli antichi saggi e i poeti ne parlarono e ne cantarono: i ciottoli sono
stati levigati e la sabbia è stata sbriciolata proprio dal mare, dal
Mediterraneo.
I golfi
Le coste mediterranee sono specialmente
caratterizzate dai golfi e dai fari.
Delle forme dei golfi, più o meno ampie, più o meno aperte al mare, simmetriche
o ageometriche, ospitali o inaccessibili, si è parlato con entusiasmo e con
biasimo. Non è necessario stare ancora a descriverle. Anche qui c’è di mezzo la
vanità, collegata forse con quella delle isole: ogni golfo tende sempre a
presentarsi come un vero mare. Tale denominazione e status hanno ricevuto non
solo sugli atlanti regionali: il Ligure, il Tirreno, quello di Alboran, il mare
di Marmara, quello di Azov e forse ancora qualche altro. Anche l’Adriatico si
chiamava Golfo di Venezia. Dalla sponda opposta invece, la Sidra, o Grande
Sirte, è rimasta solo un golfo. E non è l’unico caso: a decidere era la parte
più potente, non tutto il Mediterraneo.
Delle grotte marine (caverne, antri che vanno ad esplorare geologi
specializzati) si dice che siano diverse da quelle continentali. Non ne so
molto: ce ne sono alcune facilmente accessibili, altre in cui si entra con
difficoltà, alcune che non presentano pericoli, altre piene di rischi. Bisogna
immergersi per poter entrare in alcune di esse, o almeno abbassare la testa in
barca (se ci si arriva così) o aspettare che il livello del mare si abbassi.
Hanno colori diversi o almeno questa è l’impressione che ne abbiamo: l’azzurro,
l’azzurro scuro e il verde, forse, sono più densi. La luce, dove c’è, sembra
essere liquida. Si presuppone che fino alla grotta non giungano neppure le onde
né il vento. Non ho visto coralli in nessuna di esse. L’eco poi è particolare
in ciascuna. Sul Mediterraneo ci sono molte storie a proposito delle grotte:
nemmeno i sogni notturni ne sono esenti.
I fari
I fari sono simili ai templi sulle coste del
Mediterraneo, e non si può lasciarli solo ai servizi costieri o a quelli della
navigazione.
Solitamente vengono classificati in rapporto
all’età e alle dimensioni, al modo in cui sono costruiti e ai luoghi su cui
sono stati innalzati, promontori o isole da cui fanno luce: è bene prendere
altresì in considerazione la maniera in cui il mare li circonda, di quale
specie è il loro isolamento o il distacco, in quali rapporti si trovano con i
porti vicini, l’eventuale intenzione che hanno di diventare porti essi stessi.
E, da ultimo, a chi fanno luce e su quali percorsi (sul piano sentimentale si
continua a dire che la loro luce è nostalgica, intermittente, vibrante, e così
via).
I fari ricevono un posto di tutto rispetto sulle carte nautiche di grandi
dimensioni, amati anche nei ricordi dei naufraghi non vengono tralasciati: una
gratitudine eccessiva non è un tratto caratteristico dei mediterranei, anche se
essi sanno promettere molto quando ringraziano, (li giustifica, aggiungiamo per
inciso, il fatto che sono i primi a credere alle loro promesse nel momento in
cui le fanno). I fari hanno dei tratti comuni con i monasteri che, dai laici
colti, non si dovrebbero sottovalutare.
Ricordiamo i conventi o i monasteri che
sovrastano il mare. Ce ne sono ancora sulle isole; in Grecia li chiamano
meteore.
Ad Antiochia e in Cappadocia hanno preso da
tempo altri nomi. Una volta erano importanti quelli situati ai margini del
deserto, quelli sul mare, dalla Libia alla Siria, in Egitto e in Palestina: in
luoghi come questi s’intrecciano la vista sulla discesa del mare e la preghiera
del deserto. Il Mediterraneo è proprio tentazione continua, è un mare terreno.
Il disinquinamento
Il mare, le coste e i porti sono risorse per
uno sviluppo sostenibile. Molte le iniziative, i risultati, i programmi e gli
interventi di salvaguardia delle spiagge dai fenomeni erosivi, le azioni di
disinquinamento volte ad assicurare la qualità delle acque costiere, i
provvedimenti per l'utilizzazione e la gestione razionale delle aree demaniali,
i piani di coordinamento dei porti, nuove leggi sulla difesa del suolo:
costituiscono le coordinate di un programma integrato che ha l'obiettivo di
salvaguardare e valorizzare queste grandi risorse che sono, per il
Mediterraneo, il mare e le coste.
Due sole considerazioni voglio fare su questi
aspetti generali e di scenario. Sul processo di disinquinamento prima di tutto
perché spiagge e qualità delle acque costiere sono inscindibilmente legate sia
nel caratterizzare la qualità ambientale che nel condizionare le possibilità di
uno sviluppo delle attività turistiche e balneari.
I risultati raggiunti su questo fronte sono
significativi come testimoniano i dati relativi alla qualità delle acque di
balneazione sull'insieme dei litorali del Mediterraneo occidentale.
Il quadro d'insieme del sistema depurativo costiero evidenzia un progressivo e
netto miglioramento.Gli interventi realizzati e in corso nelle aree più
critiche sono di grande consistenza grazie all'impegno delle risorse più
disparate. Si sono anche avviate iniziative innovative, come sul litorale
romano in cui si stanno sperimentando interventi per la depurazione delle acque
consortili di bonifica ed irrigazione. Problemi restano aperti, tuttavia, in
diverse aree del Mediterraneo.
I piani per i porti
Una considerazione va fatta su alcuni Piani
per i Porti del Mediterraneo.
Con questi Piani si sono affrontati, prima di
tutto, gli aspetti, vitali, del traffico commerciale e marittimo, con la messa
in campo di veri e propri sistemi portuali (Marsiglia, Barcellona, Genova,
Gioia Tauro, Haifa, Pireo, ecc.). Ma si è, anche, organizzata una
programmazione della portualità turistica che consente, dando regole nuove e
certezze, di superare, finalmente, le situazioni di diffuso abusivismo e
sviluppare, sull'insieme delle coste mediterranee, nuove iniziative compatibili
con le esigenze ambientali.
La procedura adottata per valutare su
macroscala i rischi ambientali connessi a diversi scenari d'intervento è
riconducibile, nelle sue finalità, alla SEA (Strategic Environmental
Assessnent) istituita dall'Unione Europea e già applicata o in corso di
applicazione in alcuni Stati membri.
Ma vengo all'oggetto specifico dell'incontro di oggi: la difesa dei litorali
dall'erosione e l’implicazione con il turismo.
Nel Mediterraneo i fenomeni erosivi e
l'arretramento degli arenili si presentano, ormai, con caratteristiche
generalizzate su tutti i litorali anche se con forme e connotati
diversificati.Per esempio in Lazio, dei circa 300 Km che, escluse le isole,
costituiscono lo sviluppo costiero, ben 125 Km, oltre il 40%, sono in erosione.
Una situazione che, oltre a compromettere
grandi valori ambientali, mette a rischio parti importanti dell'economia
costiera che nel turismo balneare ha uno dei suoi punti di forza e, in diversi
casi, pone problemi di salvaguardia di infrastrutture ed abitati.
Erosione delle coste e turismo sono in stretta
connessione.
Le cause di questa situazione e del suo
progressivo aggravamento sono molteplici e non le scopriamo oggi (dalle opere,
strutture e moli portuali prima di tutto, che determinano erosioni localizzate,
alla edificazione incontrollata di ampie zone costiere).
Ma certamente una delle cause decisive e
strutturali è la diminuzione degli approdi solidi fluviali, dovuta alle
escavazioni in alveo, alle dighe, agli stessi interventi di controllo dei
fenomeni erosivi dell'entroterra.
Ovviamente questa valutazione va
ridimensionata per tenere conto delle zone ove esiste un surplus di
ripascimento naturale con accumulo ed avanzamento dei litorali.
Tali zone sono localizzate spesso in prossimità di moli portuali che
intercettano considerevoli quote di trasporto longitudinale. L'insabbiamento di
pressochè tutte le imboccature dei porti ne è una conferma.
Una situazione di cui bisogna tener conto, per
determinare concrete azioni di riequilibrio, nella definizione degli interventi
di ripascimento. Una delle azioni previste dal programma di salvaguardia delle
coste è proprio il coordinamento e l'integrazione tra attività di dragaggio e
ripascimento.
La risposta che viene data a questa situazione di diffusa erosione, che in
molte parti del Mediterraneo ha provocato la scomparsa delle spiagge, è
assolutamente insufficiente. Occorre lavorare per costruire una risposta
organica e programmata e nel contempo affrontare, adeguatamente, l'insieme
delle emergenze.
Il disastro dell’ erosione delle coste non è
un processo naturale: è un danno provocato dalla cattiva gestione del
territorio. Un primo attacco viene da terra con la cementificazione dei fiumi,
il prelievo sfrenato ed illegale di sabbia e ghiaia che determina lo
sconvolgimento di un percorso dell’acqua naturale. Ma, non basta. In mare è
stato creato un secondo ordine di problemi. Il dilagare di porti e porticcioli,
di colate di cemento, di costruzioni protese sull’acqua ha modificato anche il
gioco delle correnti marine facendo si che zone ricche di sabbia si trovassero
all’improvviso senza più spiaggia.
Aree pregiate del Mediterraneo vengono
lentamente, ma inesorabilmente, limate. In questo modo si ha non solo una ovvia
diminuzione dell’offerta turistica nelle zone colpite, ma più in generale un
danno d’immagine per il Mediterraneo che si dimostra incapace di difendere uno
dei suoi tesori più preziosi: le coste. Non secondario l’effetto
dell’urbanizzazione selvaggia delle fasce costiere con la realizzazione di
mega-villaggi turistici, spesso costruiti in deroga a qualsiasi regola, della
subsidenza accelerata dei suoli, dell’errata progettazione di opere marittime e
di porti, porticcioli, lingue di cemento che hanno modificato il gioco delle
correnti marine facendo si che zone ricche di sabbia si trovassero
all’improvviso senza più spiaggia.
Di fronte ad una situazione di queste
proporzioni, si avverte l’esigenza di provvedimenti drastici in grado di
invertire la tendenza in atto. Servono misure capaci di intervenire sui vari
fronti del problema: un imponente piano di difesa del territorio da cui
potrebbe derivare anche un consistente rilancio dal punto di vista
occupazionale, specialmente nel comparto del Turismo.
Un programma di difesa globale delle coste mediterranee con opere di
rifacimento protetto mostra una scarsa realizzabilità se affrontato in termini
localistici e senza una veduta d’insieme.
E' necessario allora delineare nuovi spunti di pianificazione basati su
strategie complessive di prevenzione e di reale riequilibrio morfologico, di
economicità ed efficacia degli interventi, di sinergie operative tra i diversi
Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e i differenti soggetti in campo.
E' a questi principi che è orientato il Progetto di coordinamento contro
l’erosione proposto dalle Università aderenti alla Fondazione Laboratorio
Mediterraneo e che, sul terreno degli interventi, poggia sulla scelta del
rifacimento morbido come soluzione più idonea, sia sotto l'aspetto funzionale
(in quanto non esporta erosione; non compromette, anzi alimenta i litorali
sottoflutto), sia sotto l'aspetto ambientale (perché ricostituisce l'habitat
preesistente).
Un programma che non prevede solo interventi, ma nuove regole e modalità
organizzative e gestionali.
Il programma degli interventi
Nel breve e medio periodo si prevede di:
• selezionare i tratti di costa del
Mediterraneo da difendere in funzione delle esigenze di sicurezza e di
salvaguardia delle valenze ambientali ed economico - sociali;
• individuare e rimuovere le cause localizzate
di erosione;
• adottare tecniche di rifacimento morbido
evitando, salvo casi eccezionali, strutture rigide di protezione e di difesa;
• utilizzare, per i rifacimenti, sabbia di
adeguate caratteristiche, prelevata da siti marini appositamente individuati;
• coordinare dragaggi e rifacimenti in quanto
compatibili;
• assicurare risorse finanziarie certe e
ricorrenti per la difesa delle coste;
• coinvolgere e responsabilizzare enti locali
ed operatori nel controllo e nel mantenimento delle opere realizzate.
***
Nel medio e lungo periodo occorre:
• ricostruire, attraverso la pianificazione di
bacino e la riorganizzazione di sistemi fluviali, gli equilibri compromessi e la
continuità dei processi naturali.
***
Sul terreno delle regole, infine, si propone
di:
• costituire un Osservatorio mediterraneo dei
litorali con il compito di monitorare le coste e la loro evoluzione;
• affidare ai Comuni costieri le opere di
ripascimento e di protezione delle coste e la responsabilità della loro
manutenzione;
• corresponsabilizzare gli operatori balneari
nella manutenzione e nel controllo delle opere.
Le pressioni della popolazione
Un tema scottante, non solo per il Mediterraneo, visto e considerato che l’80% delle coste a livello mondiale risulta in fase di erosione. Il bacino del Mediterraneo, oltre all’erosione delle coste, è soggetto al crescente attacco dell'inquinamento, della salinizzazione, della riduzione della sostanza organica dei suoli, della deforestazione e della desertificazione. Si tratta in molti casi di ecosistemi sottoposti alla pressione di una popolazione in rapido aumento, che secondo stime ragionevoli dovrebbe, entro il 2025, arrivare a 550 milioni, cui si aggiunge un turismo che dovrebbe quadruplicare rispetto agli attuali livelli, scaricando 400 milioni di presenze lungo le coste.
In questo contesto, le conseguenze
dell'effetto serra potrebbero risultare drammatiche perché molti delicati
equilibri, già fortemente sollecitati, salterebbero.
Un recente studio delle Nazioni Unite ha
cercato di valutare le conseguenze dei cambiamenti climatici che potrebbero
verificarsi nel prossimi anni: la fascia di aumento medio della temperatura del
globo si attesterebbe tra 1,4 e 5,8 °C, con un aumento del livello del mare di
20 cm.
E' previsto un aumento dell'evaporazione dei
suoli accompagnato da fenomeni di erosione e salinizzazione, con la conseguenza
inoltre di far avanzare fortemente il deserto; un altro effetto è strettamente
collegato alla riduzione della disponibilità di acqua dolce, problema
allarmante in particolare per Paesi come Egitto, Siria, Libia, Tunisia, Israele
e Malta.
Notevoli problemi potrebbero poi venire dall'accentuarsi
di fenomeni estremi come tempeste, mareggiate, picchi di temperatura. C'è
infine da registrare il rischio collegato all'aumento del livello del mare che
in molte aree potrebbe sommergere molte città e terre fertili.
L'effetto serra quasi sicuramente influenzerà il livello del mare, causando quello
che viene progettato come un possibile innalzamento globale di circa 12-18 cm
entro gli anni 2025-2030. La maggior parte della costa mediterranea non potrà
sopportarlo e il Mare Nostrum, più che essere diviso “tra noi”, sarà diviso “da
noi” e dalle scelleratezze del nostro tempo.
* Presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo,
Direttore generale
dell’Accademia del Mediterraneo-Maison de la Méditerranée