IL DENARO

28 maggio 2003

 

 

Il Mediterraneo visto con occhi nuovi

L’Accademia del Mediterraneo ospita lo scrittore bosniaco Predrag Matvejević

 

 

di Benedetta de Falco

 

Geopolitica, economia, letteratura, arti, dialogo interculturale, partecipazione e sviluppo in ambito europeo sono i temi sui quali l’Accademia del Mediterraneo - Maison de la Mediterranèe, presieduta di Michele Capasso, si soffermerà in una serie di «Conferenze euromediterranee» che si svolgeranno nella sede della Maison in via Depretis 130 a Napoli. Per il primo appuntamento l’Accademia ospita oggi (ore 18,30) lo scrittore Predrag Matvejevic’ (profilo in pagina), nato nella Bosnia Erzegovina, per la presentazione del suo recente volume dal titolo «L’altra Venezia» (Garzanti editore, pagine 127, euro 8,80) con la prefazione di Raffaele La Capria. Ad introdurre il tema del libro questo pomeriggio sarà lo stesso Raffaele La Capria, mentre Peppe Lanzetta ne leggerà alcune pagine, e a seguire gli interventi di Caterina Arcidiacono, Mario Congedo, Massimo Galluppi, Marina Giaveri, Franco Mazzei, Nullo Minissi e Gino Pisanò. Con l’occasione l’Accademia del Mediterraneo consegnerà a Raffalele La Capria il premio «Mediterraneo - Delfino d’argento» (motivazione nel box in pagina). Sarà, inoltre, presentato l’altro volume di Matvejevic’: «Lo specchio del Mare Mediterraneo» (Mario Congedo editore).

 

Di seguito il Denaro pubblica la prefazione a “L’altra Venezia“ scritta da Raffaele La Capria.


di Raffaele la Capria


Capisco molto bene, per esperienza fatta sulla mia pelle, stavo per dire, cosa significa parlare di un luogo già troppo parlato. Napoli, e così Venezia, sono man mano scomparse sotto le rappresentazioni che ne sono state fatte, le infinite descrizioni hanno fatto diventare déjà vu ciò che l’occhio ancora vorrebbe vedere; anzi, per dire meglio, si sono sostituite a ciò che l’occhio vorrebbe ancora vedere, sono entrate nella retina e hanno condizionato la visione, così che oggi la realtà rappresenta, il luogo comune di questa realtà, è diventato l’unico luogo frequentato - e la realtà è sopraffatta dalla sua rappresentazione. Per dire ancora qualcosa su Napoli - avevo scritto, ma lo stesso vale per Venezia — “bisogna disseppellirla dagli strati delle vecchie rappresentazioni che la coprono, bisogna farla venire alla luce con un’accurata archeologia della mente”. Questa accurata archeologia della mente che scava e scopre frammenti e reperti pulendo delicatamente con un pennello la realtà sepolta sotto la polvere delle rappresentazioni è la strategia di Predrag Matvejević per avvicinarsi a Venezia.
Questa strategia si combina con l’insegnamento che viene a Predrag dalla cultura francese da lui assorbita sia nei suoi vari approcci saggistici sia attraverso quelli artistici (per esempio le tecniche del nouveau roman); ma più ancora alla sua parentela — genealogica e letteraria — con i formalisti russi, per esempio con Sklovskij e con la sua teoria dell’estraniazione. Se vuoi descrivere un cavallo — diceva pressappoco Sklovskij — fallo come se quel cavallo ti fosse del tutto estraneo, come se tu lo vedessi per la prima volta. In altri termini lo sguardo dell’artista deve farsi innocente, deve procurarsi un’innocenza anche nella tecnica descrittiva, per dar risalto ed esistenza a quel che vede. Quello che un simile artista vede è il particolare, perché solo la particolarità rende ciò che si vede insolito. Nel caso di Matvejević l’estraneità e la particolarità vengono colte da un’estrema vicinanza all’oggetto, una vicinanza spaziale che diventa analitica. Come ad esempio in televisione: si vede un quadro e poi si isola un punto estraniandolo dall’insieme, e lo si ingrandisce fin quasi a penetrarne il colore, a rivelarne la pastosità e il segno del pennello. Ma c’è da dire che il particolare che Matvejević coglie come l’osso del quale si può ricostruire l’intera forma del dinosauro. Il suo frammento isolato, sia esso la ruggine di un palo di ferro o la sua patina, la qualità del legno di una trave o la sua marcescenza, ci riporta sempre al tutto da cui è stato staccato con un procedimento simile a quello della critica stilistica, dove una frase o un brano ci danno conto di un testo.
Le ragioni che determinano lo sguardo che Predrag Matvejević getta sulle sue “pietre di Venezia” non sono però soltanto quelle che abbiamo fin qui cercato di indicare, perché quelle più profonde, quelle da cui è nato il suo libro più famoso, Mediterraneo, sono di natura poetica. E’ dall’osservazione del piccolo ma significativo particolare, anzi dalla sua scelta, che nasce la poesia; e così mentre ci sembra di leggere un saggio, una descrizione, un diario, in realtà si superano i limiti del genere e si entra in un’altra zona che è quella della fantasia.
In definitiva qui, nell’Altra Venezia, l’autore cerca di ripetere con Venezia quello che ha già prima tentato uscendone vittorioso con il Mediterraneo. C’è lo stesso minimalismo, la stessa miniaturizzazione, lo stesso (a volte ricercato) recupero del particolare che apparirebbe o troppo ovvio o troppo poco meritevole di menzione e attenzione, la stessa umiltà di approccio. Ma si sente anche che, rispetto a quella del Mediterraneo, la realtà di Venezia, l’anima della città e la sua storia, è troppo perentoria e incombente, più circoscritta, e dunque meno aperta a ipotesi e illazioni.

Insomma c’è sempre lei, Venezia, sullo sfondo, sempre lei è presente nell’immaginario di chi legge, e consente un margine sempre più esiguo alla libertà e all’estro dell’autore. Le schegge che dal suo corpo fastoso e sgargiante si possono estrarre per analizzarle non fanno mai dimenticare la propria appartenenza — e appena nomini un palo o una barena ecco che l’intero quadro riemerge. Perché si può davanti allo spettacolo naturale del mare soffermarsi sulla schiuma di un’onda o sul volo di un gabbiano, ma è più difficile attraversando il Ponte di Rialto soffermarsi sull’erbetta che spunta tra le pietre degli scalini fingendo di ignorare lo splendore architettonico che ci include.

A Venezia più che altrove la realtà, che si vuole afferrare attraverso la “poetica dell’osservazione ravvicinata” o l’“epica della descrizione meticolosa” (due definizioni dei procedimenti di Matvejevic` da me già proposti a proposito di Mediterraneo), è come il volto di Medusa che — diceva Calvino — pietrifica chi la guarda direttamente negli occhi. E dunque la strategia di Matvejevic` è più giustificata, anche letterariamente, anche poeticamente. Ma, vogliamo dire, che il pericolo da lui affrontato col libro precedente (cioè con Mediterraneo) e dunque tanto più ammirevole è la su riuscita.

L’accumulo di notazioni e relazioni che escono dalla penna dello scrittore, dell’antropologo, del sociologo, del botanico, del geologo, del geografo, dello storico, del mitografo, del cartografo, del filologo, in cui lui si trasforma per inventarsi il suo stile, riesce alla fine a ricostruire l’altra Venezia, quella di Matvejević, che da il titolo al suo libro.

Una Venezia fatta di scrittura che diventa materia e sensazione, materia e sensazione che ci restituiscono quelle che riceviamo da Venezia, sensazioni di umido, di acqua, di marcio, di tempo, di bellezza, di passato, di malinconia, di miraggio, di marmo, di sabbia, di fango, di oro, di sfumato, di splendente, di torbido, di Venezia insomma, dell’indicibile Venezia.


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Il ritratto

Nato a Mostar (Bosnia-Erzegovina) da madre croata e padre russo, Predrag Matvejevic è stato docente di Letteratura francese all’Università di Zagabria e di Letterature comparate alla Sorbona di Parigi (Nouvelle Sorbonne- Paris III).

È emigrato all’inizio della guerra nella ex-Jugoslavia scegliendo una posizione "tra asilo ed esilio": è vissuto dal 1991 al 1994 in Francia, dal 1994 lavora in Italia. Attualmente è professore ordinario di Slavistica all'Università “La Sapienza” di Roma, nominato "per chiara fama". Tra i suoi libri, tradotti in varie lingue, i più noti in Italia sono: “Epistolario dell'altra Europa”, in difesa dei diritti dell’uomo e, in particolare, degli intellettuali dissidenti di numerosi paesi dell’Est perseguitati dal potere (Sacharov, Havel, Kundera, Mandelstam, Brodskij, ecc.).
Per queste "lettere aperte", scritte in nome di "un socialismo dal volto umano", in maniera di un Herzen o di un Gogol del ventesimo secolo, fu attaccato dalle istituzioni ufficiali e proclamato lui stesso "dissidente".

“Breviario Mediterraneo” , altra sua opera, ricostruisce in modo narrativo la storia del Mediterraneo e dei paesi che vi si affacciano: considerato dalla critica come un "saggio poetico", un "poema in prosa", un "diario di bordo" o un "romanzo sui luoghi", una "gaia scienza" secondo lo stesso autore, questo libro è tradotto in una ventina di lingue. In Italia, dove vive dal 1994, Matvejevic ha ricevuto il Premio Malaparte (Capri), il Premio Silone (Pescina), il Premio "Boccaccio" (Certaldo), il Premio "Obiettivo Europa" (Milano), il Premio "Marinità" (Roma), il Premio "Fregene", il Premio Ferronia (Roma). Tra i vari altri riconoscimenti internazionali (come il "Prix du meilleur livre étranger", 1993 a Parigi e "Premio

Europeo" a Ginevra, 1992), il Governo Francese gli ha consegnato la Légion d'honneur.

Il Governo Italiano gli ha concesso la cittadinanza "per meriti culturali".

Predrag Matvejević è presidente del Comitato internazionale della Fondazione Laboratorio Mediterraneo, vice presidente dell’Associazione mondiale degli scrittori Pen Club e componente fondatore dell’Associazione Sarajevo a Parigi e a Roma.