"IL DENARO"

17 marzo 2001

GLOBAL FORUM : LA DEMOCRAZIA AI TEMPI DI INTERNET

Il summit patrocinato dalla Commissione europea pone l’accento sui patrimoni immateriali. L’informazione on-line agevola l’accesso dei cittadini ai servizi.

di Michele Capasso

14 marzo 2001. Torino. Nella palazzina di Stupinigi si insedia la Commissione Unesco. Il direttore generale Koichiro Matsuura sottoscrive un documento nel quale, per la prima volta, viene delineato il concetto e la definizione operativa dell’espressione "patrimonio culturale intangibile", per poter determinare linee di intervento per la salvaguardia e la tutela della cultura tradizionale e popolare in tutte le sue forme: lingua, letteratura, enogastronomia, musica, danza, giochi, leggende, riti, costumi, artigianato e arte, intesi nella loro dimensione antropologica. Durante la riunione, per la prima volta a livello internazionale, viene definito uno strumento normativo per la protezione di questo tipo di patrimonio culturale, concludendosi, in questo modo, un progetto che l’Unesco porta avanti da molti anni. La Fondazione Laboratorio Mediterraneo, con le sue sezioni autonome Accademia del Mediterraneo, Euromedcity, Almamed, Isolamed e Labmed assume un ruolo significativo in questo processo presentando il progetto "Medina".

L’idea che sottostà alla base di questo progetto è accelerare gli sviluppi attuativi del Protocollo di Barcellona,dando vita a nuove strutture e nuove opportunità per il dialogo partenariale, dissipando le diffidenze di ordine etico e culturale che nello stesso tempo limitano le relazioni tra i Paesi ed impediscono la crescita accelerata dei mercati.

Si tratta di implementare quel modello di relazioni interistituzionali che va sotto il nome di "diplomazia culturale" e che ha da tempo dimostrato la sua estrema utilità nelle relazioni internazionali, ma che non è stato mai dispiegato in tutte le sue potenzialità ed estensioni nell’ambito del bacino euromediterraneo.

In tale contesto la valorizzazione del patrimonio culturale -che da elemento escluso dai processi economici ne è divenuto parte trainante- consente un’implementazione di questa azione.

I Centri storici delle città euromediterranee costituiscono il più grande serbatoio di patrimonio antico e, grazie ai più nuovi sistemi di informazione e comunicazione, anche il possibile catalizzatore di cambiamento; sono da individuare le forme di questo incontro tra antichi saperi e nuove tecnologie di sviluppo e gli effetti da incentivare.

I Centri storici delle città euromediterranee sono oggi gli spazi delle comunità che accolgono desideri e speranze di benessere. La salvaguardia delle memorie delle comunità locali e l'attivazione di quelle virtuali e globali, sono il terreno sul quale si combatte il confronto tra appartenenze locali, neglette o enfatizzate, e ciechi processi di globalizzazione e trasformazione sociale. Spesso le nuove tecnologie vengono contrapposte alle tecniche antiche, tramandate dalle varie culture: la globalizzazione contemporanea se da una parte consente la modernizzazione e lo sviluppo economico, dall’altra dà minore rilievo a ciò che appartiene alla storia e alla cultura di riferimento con l'effetto di depauperare e cancellare le ricchezze di un sapere culturale appartenente alla storia di una comunità.

Per superare tale rischio è necessario valorizzare il patrimonio culturale, soprattutto quello immateriale, legato ai Centri storici delle città euromediterranee, lavorando per il potenziamento dell'antico artigianato locale e lo scambio tra le varie culture al fine di creare un laboratorio per l’innovazione e la ricerca di soluzioni strategiche che consentano la vita di tradizioni, costumi e relazioni tra i saperi delle generazioni.

La trasmissione dei saperi dell'uomo assume, infatti, un ruolo crescente nell'era delle nuove tecnologie: recupero degli antichi saperi delle lavorazioni, scuole di formazione e perfezionamento, multimedialità e comunità in uno spazio senza confini, sono il nuovo scenario.

Coniugare memoria e futuro consente, ai Centri storici ed alle città euromediterrranee, di migliorare gli assetti tradizionali della vivibilità urbana, rendendone il patrimonio fruibile per le nuove generazioni.

Rendere attive le memorie delle comunità, delle relazioni, delle storie e saperi antichi costituisce il baluardo contro un universo euromediterraneo di cittadini per lo più sradicati.

Le appartenenze (conoscenze, saperi e relazioni condivise) coniugando la territorialità e la memoria delle differenze permettono di non sperdersi nelle reti di una società senza confini.

Il progetto " medina " si costituisce così come strumento di connessione, portale attivo e interagente, servizio di mediazione attivo.

Centro storico di Napoli. 14 marzo 2001. Nella storica Piazza del Gesù cinquemila tra studenti medi e universitari, giovani dei centri sociali, Cobas, Verdi ambiente e militanti di Rifondazione ballano pacificamente di fronte alla "barriera" di poliziotti posta a protezione del Global Forum che si apre il 15 marzo. Carri allegorici sfilano ovunque: quello degli studenti di architettura rappresenta un ragno gigante nero adagiato sul Vesuvio ( il ragno rappresenta l’Ocse, l’Organizzazione mondiale per la cooperazione economica e lo sviluppo), quello di "Officina 99" presenta una pannocchia transgenica con l’etichetta "nato per uccidere" mentre il carro di Rifondazione mostra un grande pugno chiuso che spunta dalle fauci della globalizzazione. Clown e danzatrici stemperano la tensione unitamente a goliardi che affiggono falsi, ma ben fatti, manifesti che annunciano un concerto del "Global Forum" patrocinato da Regione e Commissione europea.

Il Terzo Global Forum che si conclude oggi a Napoli ha evidenziato l’importanza di valorizzare il patrimonio culturale immateriale, specialmente quello dell’area euromediterranea, utilizzando le nuove tecnologie.

Con il loro sviluppo, le tecnologie ICT saranno sempre più accessibili, permettendo la diffusione dell’informazione elettronica – e, specialmente, quella relativa al patrimonio culturale nella sua definizione più ampia prima descritta - attraverso mezzi conosciuti come la televisione e i telefoni, che non richiedono una conoscenza specializzata e con costi sempre più contenuti. Questi cambiamenti consentiranno all’e-government di divenire veramente democratico, eliminando le attuali barriere che ostacolano i servizi elettronici. Nel frattempo però, i governi devono anche esaminare le modalità di accrescimento della conoscenza delle tecnologia dell’informazione e dei servizi elettronici, incoraggiando e facilitando lo sviluppo delle conoscenze delle tecnologie ICT, specialmente tra coloro che partono svantaggiati.

I programmi di implementazione positiva dell’e-government partono dal presupposto che i cittadini, siano essi individui, gruppi o imprese, dispongano dei mezzi necessari per comunicare con il governo on-line. Ciò significa, ad esempio, che i governi devono promuovere la disponibilità dei mezzi e la formazione necessaria a tutta la popolazione per utilizzare tali mezzi, specialmente per quelli che sono marginalizzati o sono più a rischio di restare nelle retrovie: i bambini a scuola, ad esempio, o i gruppi minacciati dall’emarginazione sociale. L’informazione on-line, le procedure e i servizi forniti dal governo devono essere di facile accesso ai cittadini e, almeno a breve termine, devono essere accompagnati dai canali tradizionali della fornitura dei servizi per assicurarne il successo.

I parlamenti, come le amministrazioni nazionali, sono alla ricerca di nuovi modi di essere al servizio dei cittadini per migliorare l’informazione disponibile su Internet e per consultare i cittadini. L’e-government ha aperto la strada a molte possibilità di innovazione e di miglioramento dei servizi di governo: one stop shops, servizi on-line meglio adatti al tipo di utente e alle sue aspettative, l’eliminazione delle distanze e delle disuguaglianze (che hanno reso l’assistenza medica, via telemedicina, e l’istruzione disponibile anche ai paesi meno avanzati e alle popolazioni remote o svantaggiate), l’eliminazione degli ostacoli fisici (che hanno reso accessibile i servizi ai disabili, agli anziani o a coloro che non sono in grado di recarsi presso gli uffici durante l’orario di lavoro). Queste possibilità, già realizzate in molti Paesi, devono estendersi anche a quelli in via di sviluppo. E’ giusto e vitale per la democrazia nell’era globale.