16 marzo 2004
di Michele Capasso
Si è svolto ieri al Cinema Modernissimo.it il Concerto
per la Pace eseguito dalla Compagnia egiziana El Saita. Si replica questa sera
alle ore 20,00 al tetro Comunale di Benevento. L’evento è stato organizzato
dalla Fondazione Laboratorio Mediterraneo, in collaborazione con il Ministero
degli Affari Esteri, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il
Ministero della Cultura della Repubblica Araba d’Egitto, l’Ambasciata della
Repubblica Araba d’Egitto in Italia, l’Accademia d’Egitto a Roma, la Provincia
di Benevento, il Comune di Benevento.
Un giorno un uomo vestito di
bianco, pulito, che non sembrava avere su di sé i segni di un lungo viaggio,
comparve improvvisamente, come uscito dal nulla, al cospetto del profeta
Mohammad, mentre questi era attorniato dai suoi discepoli. L’uomo si avvicinò,
si sedette di fronte al profeta, gli pose le mani sulle gambe e incominciò ad
interrogarlo: “”Che cos’è l’Islam?”, e il profeta rispose enumerando gli
obblighi formali della religione; “e cos’è l’iman?”, incalzò l’uomo
vestito di bianco, ottenendo come risposta che si trattava dei principi
fondamentali della fede; la domanda finale fu: “Che cos’è l’ihsan?”. “L’ihsan
è che tu adori Dio come se Lo vedessi, perché anche se non Lo vedi, Egli
vede te”. Quell’uomo – rivelò più tardi il profeta ai suoi compagni – non era
altri che l’arcangelo Gabriele in persona, venuto a mostrarsi sotto forma umana
a quei primi musulmani, affinché potessero meglio comprendere attraverso quelle
domande le basi fondamentali della nuove rivelazione.
Islam – iman – ihsan: in
questo trinomio è contenuta l’essenza del messaggio spirituale coranico. Il
primo termine, che è quello usualmente utilizzato per definire la religione nel
suo complesso, significa alla lettera “sottomissione” e designa un insieme di
precetti rituali e di norme legali, come preghiere e digiuni, leggi sociali e
diritto famigliare. L’iman è invece la fede, che si manifesta nel
professare le verità religiose basilari: Dio, gli angeli, i profeti, i libri
sacri, la resurrezione e l’aldilà. Ihsan è il termine più problematico
da tradurre con una singola parola italiana, ma in ogni caso allude ad una
virtù più intima delle altre due, a un rapporto diretto e privilegiato fra
l’uomo e Dio. Il Sufismo, spesso definito come la mistica dell’Islam, si
propone appunto di esplorare questa dimensione spirituale più profonda, che va
al di là dei precetti della legge o degli articoli del credo.
Tutto quello che ci circonda,
secondo i sufi, è segnato da una polarità di fondo: c’ò che cade più
evidentemente sotto i nostri occhi è la superficie, l’esteriore (zahir),
ma dietro quest’apparenza vi è sempre una realtà più profonda, occulta e interiore
(batin). Ciò vale per tutti gli ordini dell’esistenza, per le idee come
per gli oggetti: compito del sufi è quello di vedere sempre in trasparenza la
realtà più vera delle cose (haqiqa) e non fermarsi al guscio esterno che
la racchiude. Ogni versetto coranico, ogni precetto della legge, ogni articolo
del credo rischiano di diventare oggetti inanimati se vi cogliamo solo la
lettera che li esprime, trascurando il significato che giace sotto quelle forme
e dà loro vita. Questa ricerca dell’essenza non deve però distruggere la forma
che la riveste, poiché la perfezione sta proprio nel salvaguardate l’equilibrio
fra l’esteriore e l’interiore, fra la lettera e lo spirito. Il Sufismo non ha
così mai deprezzato gli atti del culto e le osservanze formali, proprio perché
queste hanno una loro ragion d’essere e racchiudono una sostanza che va ben al
di là del loro mero aspetto apparente. Non vi può quindi essere vero Sufismo
senza Islam. L’uno non è comprensibile senza l’altro, perché entrambi attingono
alla fonte della stessa rivelazione.
I recenti attacchi terroristici
a Madrid, come quelli negli Stati Uniti dell’11 settembre, sono una sfida alla
legge dell’umanità. Di conseguenza occorre rifiutare di seguire la legge della
giungla sulla quale quegli attacchi erano basati. Occorre trovare una soluzione
non con mezzi militari ma dando avvio a un esteso dialogo con il mondo arabo.
Invece di gettare benzina sulle fiamme dell’odio, bisogna sommergere quelle
fiamme con un grande flusso di dialogo che arricchirà e recherà beneficio a
tutta l’umanità. Questa terribile tragedia ha avuto inizio nel primo anno del
XXI secolo; ricorderemo quel triste evento facendo del 2001 il primo anno di
una nuova era di dialogo con il mondo arabo. Questa è la migliore e l’unica
scelta per garantire che simili orrori non si ripetano mai più e questo è il
modo più adeguato per onorare la memoria di tutti coloro cha hanno perso la
vita, ultimi gli innocenti spagnoli.
In questo contesto si inserisce
il Concerto per la Pace della Compagnia El Saita, specializzata nella
rappresentazione del repertorio mistico-religioso egiziano, svoltosi ieri sera
a Napoli. Lo sheik Yassine El Tuhamy ha cantato poesie scritte da
pionieri del sufismo quali Iben El Fared – Al Imam El Nafry e poesie dei
moderni poeti. Il gruppo musicale che lo accompagna è costituito da
musicisti che suonano diversi strumenti orientali: il liuto, il violino, il
kawalla, il kanun oltre a strumenti di percussione. I musicisti hanno
partecipato al canto in qualità di coro dello sheik che rappresenta con
il suo canto non solo un caso di melodie ma un rito religioso caratterizzato da
solennità e glorificazione divina.
Molta commozione si è avuta
quando lo sheik Yassine El Tuhamy ha proposto una sua interpretazione
dell’Inno del Mediterraneo quale messaggio di Pace.