"IL DENARO"

4 aprile 1998

Tra Napoli e Bari...

di Michele Capasso

Venerdì 27 marzo 1998. L’autobus Napoli-Bari delle ore 14 scoppietta e, a fatica, percorre la salita verso Avellino. Non ce la fa. Un benzinaio ha versato nei serbatoi più acqua che gasolio. I passeggeri che occupano interamente i posti disponibili costituiscono un campionario di culture, età, professioni. È un arcipelago del mondo d’oggi che inizia ad agitarsi dopo la prima ora di sosta in curva e al freddo. L’autista insiste nel tentativo di eliminare l’acqua nel carburante. Durerà 6 ore la sua testardaggine. Alla fine, un altro autobus verrà a prenderci. Napoli-Bari, casello-casello 8 ore. Durante questo tempo interminabile tra i 55 passeggeri si crea un’atmosfera goliardica, di complicità. A rompere il ghiaccio la musica. Una ninna nanna pugliese che faceva così "ninna-nanna, ninna-nanna vole ,/ dirmisciamine tu, Sande Nicole / Ooh oh, ooh oh.../Sande Nicole mi, ci va facenne, puerte le pecceninne addermiscenne/Ooh oh, ooh ho.../Sande Nicole mi, miragheluse/jabbre le porte a ci le tene achiuse/Ooh oh, ooh oh...". Mi sono fatto scrivere le parole dalla mamma del neonato, coccolato, più per passatempo che per attenzione, dai passeggeri. In quel momento ho pensato al grande valore della musica, delle infinite combinazioni di sonorità e parole, e al potere che hanno nel difendere le culture, nel promuovere la comunicazione, il dialogo e la pace. Rivedevo alcune scene, impresse nella mia memoria, tratte da film o documentari sulla schiavitù. Come quella che ripercorre le tappe della nave olandese che, nel 1619, sbarcò in Virginia il primo carico di schiavi circa venti neri catturati in Africa e venduti sul suolo americano alle loro comunità, ai villaggi, alla propria terra. Erano capi e stregoni, pastori e cacciatori provenienti da terre diverse Senegal, Guinea, dal delta nigeriano del Congo...Per due secoli, fino al 1865 – che vide la vittoria degli Stati abolizionisti del Nord su quelli schiavisti del Sud –, innumerevoli schiere di neri furono vendute, acquistate, regalate, perse al gioco, ma conservarono tuttavia i valori, i costumi, la lingua, la musica di tanti villaggi africani. È il primo momento di un processo di fusione, che permise al senegalese di perpetuare, insieme al nigeriano o allo schiavo proveniente dalla Costa d’Avorio, il ricordo della propria cultura, trasformandola e unificandola, prendendo l’avvio dalla comune matrice africana. Ma il legame con la società dei "bianchi", di estrazione occidentale ed europea (e, perciò, anche mediterranea) non fu di poco conto. Proprio attraverso un’amalgama di suoni e culture, le due tradizioni finirono per fondersi in quell’espressione non solo musicale, ma anche sociale e religiosa chiamata "blues", poi evoluta nel "jazz" e infine presente in tutta la musica, rock ed etnica, a partire dagli anni ’60 fino ai nostri giorni. Sull’autobus Napoli-Bari, poco a poco, si fondono vari mondi una vecchietta della Val Soana (Cuneo) introduce un confronto di ninne nanne e canta la sua "Nana, cuncheta, la mama è andaita a messa / Papà l’è andait al bosc, fa la nana bel matot. / Nana, cuncheta, la mama è andaita a messa / Papà l’è andà a Turin a cumprar dei buratin. / Ninì, fa nana, la mama a turna a casa, / Papà riturnerà, quanta pas n’custa cà". Cesidia, cinquantenne di Avezzano, tira fuori il suo orgoglio e racconta la sua ninna nanna "Fatte la ninna / fatte la nanna / fatte la nanne / core de mamme. / E sse galle / nun cantasse / mezzanotte / nun sonasse / tutta la notte / staria con te / dorme care / fija me..." Le si affianca una "nonna" di Anagni (dall’altra parte dell’Appennino) rivendicando una sorta di autorità sulla propria ninna nanna che recita "Fatte la ninna / fatte la ninna, fattela agliu letto / boccuccia ’nzuccherata de confetto. / Mamma è ita fori e mò revene / quanno ve porta le zinnotte piene. / Ninna nonna / ’sta figlia me l’addorme la Madonna". Una signora della Val Lagorina (Trento) che deve raggiungere sua figlia a Monopoli rompe il riserbo e dopo due ore di tensione e di improperi verso l’autista e verso il "Sud" si sfoga con la sua cantilena "Fente la nane, fentele cantando / finché la popo se va’ ’ndormenzando. / Ninna, nanna, oh, oh / la popa se ’ndormenza a poco a poco / Come la legna verde press’al fuoco. / Nina nana oh, oh / Fente la nana, para via ’l bobò / domande sera vegnerà al papà. / Ninna, nana, oh, oh" Il ritmo frenetico delle piccole "emergenze" quotidiane in cui, mio malgrado, sono immerso viene infranto da queste melodie dal sapore ancestrale, che amo raccogliere e collezionare già da diverso tempo. Con cura trascrivo, alla meglio e con continue richieste di precisazioni, le parole nella mia agenda, dove sono impresse, tra l’altro, le parole di un’altra ninna nanna marocchina scoperta due anni fa durante un mio viaggio in Maghreb: "Ninna nanna, ninna oh / Mio figlio è il più bello del mondo / facciamo un girotondo. / Ninna nanna, ninna oh / Mio figlio è il più bello del mondo / Mio figlio è il più bello del mondo / Ti voglio bene tanto, tanto, tanto, / Mamma, ti voglio bene con tutto il cuore. / Ninna nanna, ninna oh / Mio figlio è il più bello del mondo". Leggo in italiano questa ninna nanna. Un anziano signore si appoggia accanto al mio sedile e ascolta. Poi, dichiarandosi d’origine corsa, canta la nenia "Dormi dormi u miò anghiulellu / culuritu e ricciutellu. / Se c’a lingua ancu nun poi / ragiunà tu cumme noi, / di to occhi incu li soli / tu mi parli e mi cunsoli. / E mi diciO dolce mamma / quantu e me nissunu t’amma".

Alle sette di sera, dopo cinque ore di sosta forzata, ho ormai raccolto più di 16 ninne nanne. Una coincidenza fortunata nella sfortuna Senza l’incidente all’autobus non ci saremmo neanche parlati e, forse, né io né voi, lettori, vi sareste mai soffermati sulla potenziale varietà di suoni che accompagnano e cullano i bambini (e talvolta anche gli adulti) di tutto il mondo. Comincio a scrivere. Ho tra le mani il progetto "Labmed giovani", già ricco di azioni concrete. Ne aggiungo una "Intercultura e ninne nanne". Penso all’educazione al suono e alla musica. Obiettivi comprendere, produrre e usare linguaggi sonori, acquisire competenze comunicative, avviare alla conoscenza e alla comprensione di altre culture attraverso la musica, acquisire la capacità di elaborazione delle ninne nanne come prodotto interculturale. E continuo a sviluppare schemi e a scrivere raccogliere e trascrivere le ninne nanne del Mediterraneo, descriverne le caratteristiche individuando le strutture sonoro-musicali, classificarle per area geografica, fare, insomma, una mappa delle ninne nanne del Mediterraneo. Il ruolo della scuola in questo processo è fondamentale. Per attuare questo progetto interculturale occorre potenziare le linee programmatiche relative all’educazione al suono e alla musica già presenti in molte scuole di vari Paesi euromediterranei. Gli elementi essenziali per questo progetto interculturale sono la percezione, la comprensione e la produzione la percezione delle realtà sonore deve avvicinarci al materiale sonoro-musicale dei vari popoli per renderlo oggetto di comprensione della propria e delle altrui culture, fino a giungere alla produzione come capacità di elaborare ed integrare elementi culturali di diversa appartenenza. È un ulteriore importante compito che la scuola deve assumere per promuovere il dialogo e la pace.