LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

23 ottobre 2004

 

 

 

Immaginifico Islam al Femminile

“Stracciando i Veli” in un caleidoscopio di pittura, collages e fotografia

 

 

 

Approda a Lecce “Stracciando i veli. Donne artiste dal mondo islamico”, la mostra organizzata dalla Royal Society of Fine Arts di Amman e dalla Rete Mediterranea di Artiste Donne con sede in Grecia. Partita da Rodi nel settembre di due anni or sono e dopo un percorso internazionale tra Usa, Asia ed Europa, non ultima la recente tappa nel Palazzo Reale di Napoli in occasione del decennale della Fondazione Laboratorio Mediterraneo, l’esposizione è ospite della suggestione spaziale ed evocativa di San Francesco della Scarpa. In quella che, come scrive in catalogo Sua Maestà la Regina Hascemita di Giordania Rania Al-Abdullah, vuole essere “una celebrazione della bellezza e del talento delle donne artiste del mondo islamico”. La mostra, che si aprirà oggi alla ore 17 sarà preceduta (ore 10) a Palazzo Adorno – da un incontro di presentazione della “Fondazione Euromediterranea per il Dialogo tra le culture” alla presenza di Giovanni Pellegrino, presidente della Provincia, dell’architetto Michele Capasso, presidente della Fondazione Laboratorio Mediterraneo e capofila della Rete, di Ramez Goussous, ambasciatore del Regno Hascemita di Giordania in Italia. Interverranno, Sandra Antonica, assessore alla Cultura della Provincia, Giovanni Pisanò, presidente dell’Istituto di Culture Mediterranee, Antonio Cassiano, direttore del Museo Provinciale. In più l’omaggio in parole e musica che Eugenio Bennato vorrà fare con la sua “Che il Mediterraneo sia….” Una sorta di vera e propria cantata al Mare nostrum.

Attraverso le opere delle 51 artiste presenti di fede e radici diverse stante il loro vivere in Algeria e nel Bangladesh, ma anche in Giordania e nello Yemen, o ancora in Malesia e in Egitto, o in Indonesia e nell’Arabia Saudita accade che possano essere rimossi alcuni stereotipi, non ultimo quello legato alla rappresentazione della figura nel mondo islamico. Come ben dimostrano la giordana Nawal Abdallah legata all’evidenza del segno, o l’artista del Bangladesh Tina Ahmad con la concretezza delle sue presenze femminili, e ancora le donne senza volto della saudita Fahda Bint Saud e l’espressionismo inequivocabilmente nordico (stanste la sua origine svedese) di Lisa Fattah, oltre che la teatralità della palestinese Mounira Nusseibeh, le sagome alternate a segni calligrafici di Maisoon Qasimi degli Emirati Arabi Uniti, e infine la sudanese Kamala Ibrahim, l’iraniana Simin Maykadeh, e l’algerina Houria Niati. Molteplicità espressiva, dunque, è d’altra parte come leggere le rappresentazione fantastiche dell’irachena Suad Attar, i riferimenti mitologici e il cromatismo della kuwaitiana Thuraya Baqsami, ma anche le trasparenze fantastiche di Juliana Seraphime del Lebanon? E vien fuori, così il senso stesso della creazione artistica e quel volerle conferire la dimensione di strumento di comunicazione, di crescita ed evoluzione, nel rispetto e nella difesa della propria storia personale. In una sorta di fervida vivacità che nella materia e nel colore trova la sua giusta consistenza. Come fanno la palestinese Rana Bishara e Rabha Mahmoud dell’Oman, con quel loro mescolare insieme il colore, e ancora la tunisina Meriam Bouderbala che opera secondo una matericità arricchita da simboli, e la più istintiva indonesiana Heyi Ma’mun. Numerosi gli aspetti legati all’operazione dello stracciare i veli: dall’uso documentario ed analitico della fotografia della palestinese Samira Badran, ai collages di Naz Ikramullah (Pakistan) e della giordana Dodi Tabbaa, al cromatismo acceso di Sohad Fachiri (Marocco), all’astrazione materia dell’indonesiana Umi Dachlan, della siriana Laila Muraywid e di balqees Fakhro del Bahrain, e alle geometrie di Samia Halaby (Palestina) e di Najia Mehadji (Marocco). Fino al tradizionalismo immaginifico e simbolico di Amna Nusairy (Yemen), della giordana Suha Shoman, e della tunisina Rum Karoul, per non parlare dell’impegno sociale delle opere di Firmala Shanmughalingam (Malaysia) scendite ed impaginate ed impaginate a mo’ di racconto al pari di quelle della palestinese Laila Shawa. Nella proposizione delle mille e differenti sfaccettature di quel caleidoscopio che è l’universo femminile islamico, tra arte e vita, tra cultura e religione.