LA REPUBBLICA

28 ottobre 2004

 

 

 

Un’Unione più semplice per una democrazia più forte

Referendum, istituzioni, rappresentatività, radici culturali: come cambia la nuova carta della Ue

 

 

di Valery Giscard D’Estaing

 

L’idea della Costituzione europea è indissolubile legata nella mia memoria al ricordo della notte di Nizza. O dovrei meglio dire della mattina, perché ormai albeggiava quando finalmente, il 10 dicembre del 2000, dopo 48 ore di negoziati interminabili e insoddisfacenti, i capi di governo si misero d’accordo sul testo del Trattato che dal vertice di Nizza ha preso il nome.

Ci sono quattro trattati fondamentali, e nessuno di questi trattati ha cancellato qualcuno dei trattati precedenti. L’insieme dei testi base dell’Unione europea rappresenta circa 1.100 pagine attualmente, con degli incastri abbastanza complessi. Quando abbiamo detto di voler fare un testo unico, i giuristi hanno mostrato un sorriso sottile (perché i giuristi sono sempre sottili….per natura) ed hanno detto: è impossibile! Ora, il testo a cui si è giunti, che è stato approvato e che sarà firmato a Roma fra qualche giorno, e che è un testo unico, sopprime i testi precedenti.

         Il trattato di Maastricht aveva introdotto il principio di sussidiarietà (principio derivato dal pensiero cattolico) ma non aveva previsto dispositivi efficaci per proteggerlo. Nella costituzione la sorveglianza dell’applicazione del principio di sussidiarietà è affidata ai parlamenti nazionale è normale; cioè quando le autorità europee fanno una proposta (generalmente è la commissione che ha il monopolio dell’iniziativa), essa invierà questa proposta all’insieme dei parlamenti stima che la materia debba restare di competenza nazionale e non di competenza europea, la commissione dovrà riesaminare e riprendere la proposta. Allo stesso modo si prevede, ed è un’innovazione che è stata difficile da far accettare, la possibilità per i cittadini di provocare un’azione dell’unione, con un referendum d’iniziativa popolare.

         Infine la costituzione riafferma e consacra i valori dell’Europa. L’articolo 2 della costituzione riafferma i valori dell’Europa, cioè lo “zoccolo duro” di valori di cultura d’identità sul quale è costruito il progetto europeo. Sfortunatamente non possiamo entrare in tutti i dettagli, ma in questo articolo 2 figura per la prima volta (per alcuni paesi naturalmente e non per altri) il riferimento esplicito ai valori religiosi, e sapere che in un certo numero di stati europei questo riferimento non esiste, o addirittura è stato allontanato a più riprese nel passato, e nella costituzione, articolo 2, si dice: “ispirandosi ai valori religiosi… ”. E’ stato un dibattito lungo e complesso ma che alla fine ha avuto l’unanimità.

         Un’Unione che abbia istituito più democratiche e più efficaci. Il parlamento europeo diventa il parlamento normale del sistema. Il discorso è abbastanza tecnico e andrebbe sviluppato, ma sapete che all’origine questo parlamento era semplicemente un’assemblea di consultazione. Quando ha avuto un po’ più di potere progressivamente, si era inventata quella che si chiamava “co-decisione” cioè il fatto che un certo numero di decisioni dovevano essere prese in accordo tra il parlamento e il consiglio, ma solo un certo numero, e d’altra parte l’espressione co-decisione diventa incomprensibile per i cittadini. Quindi ci si avvicina alla procedura parlamentare classica, e il parlamento europeo diventa il legislatore del diritto comune dell’Unione, naturalmente per le leggi europee.

         D’altra parte, con lo stesso spirito, l’adozione del voto a doppia maggioranza al consiglio, sostituisce un sistema “misterioso” che era un criterio di voto, criterio molto particolare che era stato fabbricato nel corso delle negoziazioni, partendo da un sistema semplice, perché all’inizio, quando gli stati votavano, i grandi stati (tra cui l’Italia) avevano dieci voti, gli stati medi avevano cinque voti, e i più piccoli avevano due voti. E’ abbastanza semplice. Ma si era arrivati ad un sistema in cui alcuni paesi avevano 37 voti , altri ne avevano 39, altri ancora 22, ed erano i trattati successivi e le leggi successive che avevano portato a questa situazione. Quindi quando bisognava votare al consiglio, alla fine era incomprensibile per i cittadini: abbiamo fatto adottare con una certa difficoltà, che comunque si è riuscito a superare, un regola semplice, la cosiddetta regola della doppia maggioranza. Ecco come funzione il sistema: la commissione fa una proposta, ad esempio una legge europea: la invia al parlamento. Il parlamento la rifiuta ed è finita. Il parlamento l’adotta a maggioranza semplice e la trasmette al consiglio. Il consiglio funziona come un senato, cioè come una seconda camera, e vota: affinché la misura sia adottata, deve ottenere il sostegno del 55% degli stati membri, che rappresentino il 65% della popolazione. Le cifre sono poco importanti: abbiamo messo 55 e 65b, poco importa il perché, ma questo vuol dire una maggioranza degli stati membri che rappresenta una maggioranza della popolazione, perché non bisogna che la legislazione sia fabbricata grazie ad una maggioranza di stati membri che rappresenta una minoranza della popolazione! Sarebbe prima o poi rifiutata politicamente o psicologicamente: quindi questa regola della doppia maggioranza è una regola democratica che potranno capire e che avrà comunque i suoi risultati quando ci fossero eventuali contestazioni sull’approvazione di una legge, perché si potrà affermare che è stata adottata da un insieme di governi che rappresentavano il 65% della popolazione, e quindi ha una forza democratica che porta ad un progresso importante della democrazia.

         Prima di tutto la presidenza stabile del Consiglio europeo: è una chiave. Allo stesso modo la presidenza dell’Unione è oggi quasi anonima, non vorrei essere troppo cattivo, ma è molto difficile, anche in un’assemblea così eminente come questa, e voi avete comunque il vantaggio di avere la presidenza europea in questo semestre, da luglio a dicembre, ma se vi domandassi di citare tre o quattro degli ultimi presidenti dell’unione europea pochi di voi sarebbero capaci di farlo. Immaginate quindi lo sconforto dei cittadini che assistono alla scelta del Presidente degli Stati Uniti, tutti sanno che sarà Bush o Kerry, o che conoscono il presidente della Russia, che assistono alla trasformazione dei poteri in Cina, e che non sanno chi si trovi al vertice del sistema costituzionale europeo.

         Ci sarà una presidenza stabile, di due anni e mezzo e rinnovabile una volta, il che è un po’ più fluido rispetto a mettere una presidenza di cinque anni perché se il presidente assolve bene i suoi compiti, sarà, immagino, riconfermato, presiederà ai lavori del consiglio europeo, cioè della struttura d’impulso politico del sistema, e avrà infine un potere di anticipazione, senza considerare che il grande problema dei governi è di anticipare, di vedere un po’ più lontano in un mondo in cui la mediatizzazione, la pressione della domanda rendono esattamente la visione molto breve. Ora in un sistema di rotazione a sei mesi, non c’è alcuna anticipazione.

         Inoltre ci sarà anche la nomina di un Ministro degli Esteri dell’Unione, che porterà questo titolo, e questo titolo avrà un’importanza mediatica, perché quando parlerà sui canali di comunicazione mondiali, la  Cnn o altri, si dirà: è il ministro degli esteri dell’Unione europea che parla. Quindi esprimerà poco per volta, per forza di cosa, una posizione diplomatica europea, e presiederà in modo permanente il Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri che si riunisce ogni mese obbligatoriamente, e a volte più spesso, quando c’è una crisi e che è attualmente una presidenza stabile del consiglio dei ministri degli esteri.

         Quanto alla commissione, ci auguravamo di fissare un tetto numerico, sapete che all’origine c’erano nove commissari  nel sistema europeo, che attualmente ce n’erano venti nel sistema attuale, che si è passati dal primo novembre a 25 per dei compiti che sono rimasti gli stessi il che vuol dire che la struttura si complica, si burocratizza e perde il suo carattere collegiale. Quando si è in nove ci si conosce, quando si è invece in venti è già un po’ più difficile, ma si poteva sperare di riuscirci, anche se siamo stati obbligati a tagliare un certo numero di funzioni, di dividerle perché ognuna avesse qualcosa da fare, io le avrei tagliate ancora di più quando si è arrivati a 25 e se si continuasse in questa direzione, si arriverebbe ad una commissione sparpagliata che avrebbe preso il suo carattere collegiale, non avrebbe più avuto questa vocazione comune che mira ad esprimere l’interesse europeo.

         Quindi si è proposto un plafond di 15 membri, la conferenza intergovernamentale ha portato questi membri a 18 (è un numero un po’ alto, ma comunque no possiamo nemmeno restare ancorati alle nostre posizioni). Si passerà quindi da 25 attualmente, al 18 e quindi ad una certa concentrazione della commissione e al tempo stesso sottolineando il suo carattere di collegio poiché non ci sarebbe più un rappresentante per ogni stato membro, ma semplicemente dei commissari scelti in ragione delle loro competenze.