On. Guido Podestà

Vice Presidente del Parlamento Europeo

 

Signor Presidente della Repubblica, Altezza Reale, signore e signori. Dopo l'ultimo intervento, ho l'obbligo di ringraziare coloro che, creando questa occasione di incontro e di dialogo, ci danno la possibilità di parlare e di comprendere di cosa stiamo parlando quando discutiamo di Mediterraneo.

Mercoledì scorso, in un convegno a Firenze con il Presidente della Regione Toscana Chiti sulla pena di morte, mi interrogavo sul come la civilissima Europa si gloriasse di non avere la pena di morte pur consentendo, per la propria impotenza, che tragedie come quelle della Bosnia, dell'Algeria e le altre che si stanno perpetrando in Africa, continuino a creare delle situazioni che nulla hanno a che vedere con l'aspettativa di società e di convivenza civile che, alle soglie del terzo millennio, tutti noi abbiamo nel cuore.

Per questo dobbiamo cercare di capire che la grande realtà rappresentata dall'Unione Europea e dalle sue Istituzioni, di cui io qui rappresento il Parlamento, è stata resa possibile dal concetto fondamentale di solidarietà e di coesione infraregionale. Se i grandi padri fondatori quarant'anni fa non avessero avuto la capacità, utopica forse, di vedere oltre i momenti contingenti della storia, comprendendo che solo nella coesione e nella solidarietà tra paesi e popoli che si erano combattuti per millenni vi era la speranza, per la prima volta nella storia, di creare un momento di integrazione e di coesione pacifica tra popoli, esperienze e culture diverse, oggi forse non saremmo qui e non avremmo alle spalle 40 anni di pace.

Adesso però la situazione è molto più complessa perché, rispetto alla realtà esistente prima del 1989, una realtà statica, un'Europa atlantica, oggi stiamo vivendo condizioni molto più complesse e difficili. Nello stesso momento in cui le innovazioni tecnologiche generano quella globalizzazione della vita economica, culturale e sociale a cui faceva riferimento il Presidente Rastrelli, stiamo vivendo alcuni momenti fondamentali di integrazione vera su temi quali la moneta unica e l'armonizzazione fiscale su cui, in questi anni, saremo sempre più impegnati. Allo stesso tempo si prospetta un allargamento soprattutto verso i paesi dell'Est, laddove la vocazione propriamente europea di questi paesi e il momento storico creano l'obbligo di accoglierli nella grande casa comune europea.

Credo però di dover denunciare uno strabismo in quella che è l'attuale politica europea, con una maggiore attenzione verso i Paesi dell'Est ed una minor considerazione, al di là delle parole dette ma nei fatti e nelle risorse destinate, per ciò che riguarda i Paesi Mediterranei. A questo punto dobbiamo anche chiederci se le Istituzioni Europee, nate come realtà di 6, poi 9, 12 ed infine 15 paesi, sono ancora in grado di gestire una realtà che si è voluta così e che nel giro di pochi anni vedrà oltre 20 paesi rappresentati e oltre 450 milioni di cittadini far parte di questa Unione.

Io credo che dobbiamo con coraggio non aspettarci una evoluzione di queste istituzioni e dei rapporti interistituzionali e cominciare a parlare di costituente europea. Sono sicuro che questa riflessione e il lavoro di questa giornata potranno essere utili a comprendere dove potremmo dirigerci e ritengo sia importante che nel dialogo euromediterraneo si pongano davvero quelle basi di stabilità e di crescita che tutti noi ci auguriamo. Grazie.