Oggi è fortemente avvertito,
proprio in tale logica, il bisogno di
instaurare delle relazioni autentiche che vadano al di là dell’episodicità: il
disinteresse diventa il fondamento di questi nuovi tipi di rapporti, che
introducono il concetto di solidarietà.
La solidarietà oggi assolve a
diverse funzioni per il singolo individuo: legarsi agli altri, infatti, diventa
una garanzia per l’identità personale. A partire già dagli anni ’70 e ’80
assistiamo al fiorire di studi sull’altruismo
e il comportamento prosociale. Il
periodo tra il 1962 e il 1982 rappresenta un periodo particolarmente fecondo
per la ricerca relativa alle norme sociali implicate nel comportamento
altruistico, come la norma della reciprocità e della responsabilità sociale.
Alla fine del decennio iniziano gli studi sul comportamento di tipo altruistico
nelle situazioni d’emergenza, due autori, Latanè e Darley, in seguito ad una
ricerca hanno sviluppato un modello di decision
making, strutturato in cinque fasi che spiegano come si arrivi al
comportamento altruistico in situazioni d’emergenza. Secondo questo modello la
spinta all’azione viene data in misura maggiore dal potere della situazione
piuttosto che da valori morali e norme sociali: disposizioni genetiche e
prescrizioni culturali lo orientano.
Krebs e Miller hanno individuato tre importanti ordini di fattori che
muovono il comportamento altruistico:
1) Dimensioni biologiche e
culturali. L’altruismo è considerato come geneticamente determinato. Studi
sociobiologici sono orientati a sostenere l’esistenza di un gene per la
solidarietà e altruismo.
2) Dimensioni personali e
situazionali. Le caratteristiche sia dell’individuo sia della situazione
contigente determinano il comportamento prosociale. E’ stato lungamente
dibattuta l’ipotesi di una personalità altruistica, e al contempo di quali e
quanti siano i fattori situazionali che causano un comportamento altruistico,
dalla pressione sociale, dalla richiesta, dalla percezione della distanza,ecc.
3) Dimensioni affettive e
cognitive. Nell’ottica behavioral si
considera ad esempio, la legge del rinforzo come determinante del comportamento
altruistico umano. Oppure si può considerare il comportamento di aiuto come
diretta conseguenza del rapporto motivazione- azione all’interno di uno schema
organizzato di interrelazioni tra fattori cognitivi ed affettivi da una parte,
e condizioni situazionali dall’altra.
Tali modelli seppur dotato di fondatezza sono da assumere con spirito
critico dal momento che in essi non sono prese in esame le ragioni del soggetto
e la loro contestualizzazione storica.
Il comportamento altruistico va considerato come variabile dipendente
sia dal contesto che dalla norma personalmente interiorizzata.
In conclusione, dunque, la
psicologia di comunità considera proprio l’interfaccia tra il mondo interno e
quello esterno: essa trova il senso della sua identità nella conoscenza
dell’individuo e della sua interazione nel contesto per promuovere processi di
empowerment.
Conoscenza dei Parametri di
riferimento Teorici della Ricerca Quantitativa e Qualitativa
Al fine di perseguire gli obiettivi precedentemente indicati, la
psicologia di comunità si serve degli strumenti offerti sia dalla ricerca
quantitativa sia da quella qualitativa.
In generale la ricerca può essere definita come una successione di
operazioni che hanno lo scopo di produrre risposte a domande sulla realtà.
Durante il corso del master abbiamo avuto modo di sperimentare quanto sia
variegato, ricco e multiforme il mondo della ricerca qualitativa, che avevamo
poco conosciuto durante la frequenza del nostro corso di laurea.
Le caratteristiche che consentono di differenziare la ricerca
qualitativa e quantitativa sono:
A) Impiego di matrici di dati;
B)Presenza di definizioni operative dei “modi” della matrice dei dati;
C)Impiego della statistica o dell’analisi dei dati.
A)Assenza della
matrice dei dati;
B) Non
ispezionabilità della base empirica;
C) Carattere informale delle procedure delle analisi dei dati.
Un approccio di tipo quantitativo cerca di spiegare un fenomeno
attraverso interpretazioni non causali, bensì creando dei nessi, la ricerca
qualitativa cerca invece di comprendere il fenomeno, e in questo mostra un
difetto particolare, presentando anche il rovescio della medaglia, che è dato
dalla difficoltà di fare delle generalizzazioni. Si cerca allora per quanto è
possibile di mantenere un approccio che preveda l’intersezione continua dei due
modelli, per garantire l’efficacia dell’indagine conoscitiva e del possibile
intervento.
Un problema comune ad entrambi gli approcci è quello di oggettivizzare
il fenomeno, quando tendiamo verso questo obiettivo corriamo però dei rischi:
se da un lato, infatti, ricerchiamo degli indici che ci garantiscono la
presenza di informazioni importanti relative alla comprensione del fenomeno,
alla fine bisogna chiedersi se non si è prodotta una trasformazione rilevante
del fenomeno proprio quando si anelava all’oggettività. L’oggettivizzazione può
essere dunque fuorviante, perché l’intera gamma del fenomeno si riduce, anche
se è un tentativo di conoscenza, un’approssimazione della realtà. D’altro lato
col termine adeguatezza ci si riferisce al completo discostarsi
dall’oggettività correndo poi il forte della non generalizzabilità dei dati. Si
deve arrivare dunque ad un equilibrio tra le due tendenze.
Con questo paradigma proposto da Rappaport si cerca di combinare i
criteri della ricerca di base con le esigenze della ricerca del campo.
Accanto all’obiettivo di ottenere una validità interna, per ovviare il
problema di confutabilità e ottenere attendibilità si utilizzano una serie di
tecniche, quali: triangolazioni di fonti e metodi, osservazione per tempi prolungati.
Così pure si cerca di arrivare ad una trasferibilità dei risultati, cosicché anche altri possano utilizzarli e questo attraverso una descrizione dettagliata delle procedure. Bisogna altresì tendere all’attendibilità, alla verificabilità dei risultati, che in assenza di una metodologia statistica viene ottenuta attraverso uno staff competente disinteressato. Nel caso dell’obiettività il problema di fondo è che i risultati vengano validati dalla popolazione stessa oggetto di studio e che ha fornito i risultati. Bisogna vedere quanto essi stessi si ritrovino e si sentano rappresentati dai dati ottenuti, attraverso ad esempio: incontri, seminari cittadini, schede riassuntive, tutto ciò può o meno validare la ricerca. Spesso il risultato del confronto è quello di trovarsi con le ipotesi di partenza falsificate, ma sicuramente si trovano altri dati che sono poi quelli reali anche se in opposizione alle nostre aspettative.
Vi sono altri criteri che invece favoriscono l’empowerment.
La ricerca qualitativa ha spesso come paradigma di riferimento l’approccio induttivo ai fenomeni. In particolare si fa ricorso alla “Grounded Theory”, che è fondamentale per riuscire a rendere esplicabile un fenomeno. Si riesce a far parlare i dati rispetto al fenomeno che si ha di fronte. Il lavoro che permette di fare un approccio del genere è quello di assemblare e organizzare le informazioni che si hanno a disposizione attraverso la costruzione di categorie e così creare una teoria esplicativa del fenomeno. Le categorie così costituite saranno un valido riferimento per tutto il percorso della ricerca. Si procede per fasi. Si passa dal materiale grezzo costituito da semplici dati, alla costruzione di categorie in base alla conoscenza della letteratura relativa al fenomeno e a tutte le informazioni che si possono ricevere, le categorie possono essere principali, cioè delle macrocategorie, oppure delle categorie associate alle macro che sono più specifiche e che saturano la macrocategoria, cioè questa viene spiegata in virtù della relazione che ha con le categorie ad essa associate. Quello che si viene a creare è un modello che spiega, semplifica e meglio rappresenta quel fenomeno. Proprio perché si realizza lungo un percorso a stadi questo modello permette di monitorare continuamente il lavoro che si affronta, ma è a sua volta costantemente monitorato, permette cioè in virtù dei dati così raccolti non solo di modificare l’intervento, ma anche il modello via via che lo si costruisce.