Intervento di Michele Capasso
Presidente
della Fondazione Laboratorio Mediterraneo
e
Direttore
generale dell’Accademia del Mediterraneo
Signore
e signori, Autorità, cari colleghi.
Con profonda emozione vedo riuniti in questa sala,
nella storica Città di Marsiglia, tanti illustri amici della nostra Accademia
che ci hanno accompagnato nel nostro lungo percorso che, oggi, vede il
compimento di una tappa importante: assegnare allo spazio euromediterraneo
dignità, rappresentatività e legittimità e restituire alla cultura, alla
scienza, alla ricerca, al dialogo interculturale ed interreligioso il ruolo
indispensabile di “forza” capace di incidere nei processi della storia, alla
pari dell’economia e della politica.
Agli amici presenti - da Shimon
Peres a Mohammed Achaari e Najib Zerouali, da Toni Popovski a
Fabio Roversi Monaco, da Mohammed
Knidiri a Pierre Messmer, da Georges Bergoin ad Antonio Badini ed Andreu Claret – il nostro
ringraziamento per aver sostenuto un’azione difficile e, solo alcuni anni fa,
ritenuta impraticabile.
Grazie anche a coloro che hanno voluto sostenerci
con messaggi e dichiarazioni: dal Presidente della Repubblica italiana Ciampi al re Maometto VI del Marocco, dal re Abdallah II di Giordania al re Juan
Carlos di Spagna, dal Presidente della Commissione
europea Prodi al Presidente della Repubblica di Malta De Marco, ai premi Nobel
Cela, Montalcini, Saramago,
Tannoudji ed ai tanti illustri membri della nostra
Accademia che, per vari motivi, non hanno potuto partecipare alla riunione di
oggi.
Guardando, questa mattina, da questo splendido
luogo, il mare Mediterraneo, ricordavo a me stesso che questo non è mai stato
semplicemente un mare che separa l’Europa dal Vicino Oriente e dall’Africa o,
per dirla con Braudel, una semplice fenditura della
crosta terrestre che si allunga da Gibilterra a Suez e al Mar Rosso.
Su questo mare
si affacciano terre diversissime tra loro, città e deserto, nomadismo e stanzialità; modi di vita lontanissimi tra loro, preparati
in un certo modo da dualismi ed ostilità congenite; sul Mediterraneo si sono
sviluppate civiltà moderne e civiltà tradizionali, città modernissime e
metropoli incardinate in un passato immobile che sono rimaste tali e che si
sono contrapposte nell’odio e nell’inimicizia; ma soprattutto il Mediterraneo è
un mare che ha formato civiltà, che le ha divise e le ha unite. Civiltà, dalle
prime nate nel Mediterraneo orientale, fino alle culture cosmopolite nate
intorno all’Egitto, alla Mesopotamia, all’Asia
Minore; fino a Roma che ebbe la forza di stroncare il tentativo “orientale” di
impadronirsi del Mediterraneo, e si spinse oltre di esso.
Nel Mediterraneo sono nate le grandi culture che
hanno dato identità all’Europa e ai Paesi del Sud che si bagnano in esso. Non
dobbiamo dimenticare questo: sulle coste del Mediterraneo è nata l’idea del
principio dell’unità dei contrari che faceva dire ad Eraclito: “ E’ da ciò che
è in lotta che nasce la più bella armonia: tutto si realizza attraverso la
discordia”. Ma soprattutto l’idea di un
Dio che unisce la sensibilità cristiana, ebraica, araba. Un Dio che si
distacca da tutti gli altri e fa regnare ordine e giustizia nel mondo: il Dio
dei sacri testi, quali il Corano, l’Antico e il Nuovo Testamento.
E infine sul Mediterraneo è nata veramente la
filosofia e sono nate le prime “polis” intorno al fascino e al senso di
realismo del pensiero pitagorico. Pace e guerra, dialogo e lotta hanno fatto la
storia di questo mare, dove si sono incontrate non solo “forze”, gruppi
contrapposti, ma, appunto, civiltà, culture, idee.
La lotta nel Mediterraneo è stata, e tuttora è, una
lotta tra filosofie, tra visioni del mondo, prima ancora, forse, di essere uno
scontro tra interessi contrapposti.
L’assolutezza che tante volte queste lotte hanno
assunto, non può germinare dal solo pur centrale contrasto di interesse, ma
porta dentro di sé qualcosa di più radicale e profondo: la mancanza di
riconoscimento reciproco, la lotta per l’identità che ha potuto condurre alla
volontà di distruzione reciproca.
Solo l’impegno della cultura e della Società civile
può superare tutto ciò.
Quante volte ciò è stato compreso dalle classi
dirigenti politiche, soprattutto europee?
Poche volte; molte parole vengono pronunciate in
proposito, ma pochi fatti seguono queste parole. L’interpretazione generale dei
vari scontri e guerre che si sono susseguite, poggia costantemente su ragioni
geopolitiche, e su tentativi successivi di mere ricomposizioni di equilibri
economico-politici. Tutto importante, ma non basta e anzi infine tutto ciò ha
condotto in un vicolo cieco.
Ecco per quali ragioni il dialogo fra le culture
diventa decisivo. Decisivo come condizione di una pace vera; e dunque di uno
sviluppo possibile, di una crescita delle società civili in un processo di
riconoscimento reciproco.
Le condizioni di questo dialogo ci sono, proprio
perché le culture del Mediterraneo, e anzitutto quelle a profonda radice
religiosa, possono pervenire ad un’intesa. Il pensiero greco, quello ebraico,
quello cristiano e quello musulmano sono occidentali fin dall’origine e possono
trovare la via per una riscoperta di ideali comuni.
Ma anche senza avere un’ambizione così pronunciata,
le varie culture che si affacciano sul Mediterraneo possono ritrovare – devono! – il terreno di
un confronto che faccia riscoprire a ciascuna le ragioni dell’altra. Non di un
dialogo generale e ideologico si deve trattare, ma innervato in esperienze
effettive di cultura, nei saperi che si sono sviluppati, nel lavoro concreto
sulle tracce di un passato ancora vivo, nella scienza del mare, dell’ambiente,
dell’archeologia comune, del cibo, nei saperi produttivi di tecnica e di
trasformazione.
Per attuare questo ambizioso progetto occorre
costituire una “Casa comune” per le genti del Mediterraneo; occorre ordinare e
valorizzare tutti i tasselli del variegato mosaico mediterraneo.
Da qui l’importanza straordinaria dell’Accademia del Mediterraneo come luogo
destinato per la sua stessa vocazione a diventare il terreno comune di questo
confronto.
La Conferenza euromediterranea
di Barcellona del novembre 1995 attivò il partenariato euromediterraneo
mettendo in moto altri momenti di dialogo, ma fu pressochè
muta su quello culturale, anche se ne avvertì l’esigenza introducendo l’ormai
noto “terzo pilastro”, dedicato appunto al coinvolgimento della Società civile
in questo importante processo.
Il I Forum Civile Euromed,
organizzato dall’Institut Català
de la Méditerrania – oggi diretto da Andreu Claret - in collaborazione con la Fondazione
Laboratorio Mediterraneo - da me
presieduta – fornì un importante impulso per la identificazione dei bisogni
della Società civile euromediterranea nella
prospettiva concreta di attuare azioni specifiche di partenariato nelle varie
discipline.
Il 10 ottobre 1998, la stessa Fondazione Laboratorio Mediterraneo,
costituì, con l’Università euromediterranea diretta
da Nadir Aziza, l’Accademia
del Mediterraneo: compito che le era stato affidato nel dicembre 1997
dal II Forum Civile Euromed – da essa stessa
organizzato - al quale parteciparono 2248 persone in rappresentnza
di 36 Paesi, proprio nell’idea di aprire in modo profondamente nuovo il dialogo
tra le culture, e, nei sensi accennati, fra le tradizioni, i saperi, le
tecniche, i modi di vita, la storia concreta delle società.
In queste giornate è stata riproposta – con i forum
di ieri e con la riunione del bureau di Euromedcity,
consociazione collegata all’Accademia – una radiografia precisa sullo stato del
partenariato euromediterraneo, specialmente riferito alla riva Sud. I temi, a
nostro avviso, da affrontare, sono:
1.
La costituzione nell’area euromediterranea di
un’area di libero scambio entro il 2010, con le prospettive di sviluppo che
questa nuova sfida posta dal modello di partenariato propone: in questo caso
occorre ricordare che “le merci non camminano con le loro gambe”, sono esse
stesse portatrici di dialogo e scambi di culture e saperi.
2.
Il grande potenziale che ci viene offerto dalla redigenda
“Carta per la Pace e la Stabilità”, al fine di delineare con esatteza il ruolo della “Soft security”:
cioè quella “Sicurezza cooperativa” che affida la cogestione delle tensioni e
dei conflitti in atto nell’area mediterranea non solo a strumenti politici e
militari ma, anzitutto, al dialogo interculturale che dovrebbe trasformare le
differenze da elemento di conflitto in risorsa.
3.
Il nuovo ruolo della problematica “Democrazia e Diritti umani”
evidenziata dalla Conferenza di Stoccarda dell’aprile 1999. Occorre rivendicare
l’universalità dei diritti umani in un mondo globale e promuovere una politica
dei diritti oltre lo Stato- Nazione per far si che essa diventi “la politica
principale” di nuovi grandi spazi senza frontiere, senza “possessi”, senza
conflitti, come dovrebbe essere lo spazio euromediterraneo.
4.
La necessità che il dialogo tra i popoli avvenga attraverso un nuovo equilibrio
che non può essere solo politico, ma che intorno alla politica possa far
crescere, alimentandola, una nuova cultura capace di assumere il ruolo di
“Forza” in grado di incidere nei processi della storia, oggi dominati solo
dall’economia e dalla politica.
La straordinaria quantità di adesioni che
all’Accademia sono pervenute, la sua radicata articolazione nei vari Paesi
attraverso le oltre 80 sedi distaccate ed i riconoscimenti ufficiali ricevuti –
quali le delibere di voti adottate da Stati, Regioni, Città, Università ed
organismi di 33 Paesi rappresentanti ufficialmente oltre 150 milioni di
cittadini - mostrano che essa ha toccato
una sensibilità che esisteva e che attendeva di essere resa operativa. Operativa,
anche sul terreno dove il progetto culturale diventa premessa di economia e di
sviluppo: l’Accademia – con gli organismi ad essa collegati: Euromedcity, consociazione di città; Isolamed,
consociazione di isole ed Almamed, consociazione di
Università - si è applicata a diventare strumento economico per il Mezzogiorno
d’Italia e per altri Paesi della riva Sud attraverso la definizione di progetti
“mediterranei” in grado di accedere ai Fondi europei previsti in Agenda 2000
nell’ambito delle politiche di internazionalizzazione culturale ed economica.
Tutto questo potete leggerlo in dettaglio nell’edizione in lingua francese di “Mednews” in distribuzione, interamente dedicata
all’Accademia.
L’Accademia del Mediterraneo, se adeguatamente
sostenuta, costituisce una risorsa per l’Europa.
Tutto questo lavoro, reso possibile grazie al forte
impegno di tutti noi, guardato in grande è di decisiva importanza per l’Europa
che si sta allargando al di là dei propri confini tradizionali . Essa ha e
vuole avere una sua politica mediterranea, che è una politica che guarda a lei
stessa e oltre di lei. Il confronto tra le culture renderà più facile questa
politica, farà crescere la forza degli interlocutori possibili. L’Europa come
soggetto politico in un mondo che diventa globale deve assolutamente guardare al
Mediterraneo come al mare di un grande sviluppo, di pace, di civiltà.
L’Accademia del Mediterraneo, con la sua
irripetibile dote – costituita dalla “summa” delle doti di tutte le antiche
prestigiose istituzioni che la compongono – è il cardine di questa possibilità
che vede la cultura al centro di questo processo.
Hegel diceva che la libertà si
sviluppa e cresce sul mare; la sua
profezia può diventare verità storica proprio quando la globalizzazione
in atto chiede ad ognuno di ricordare le proprie radici, e di affermarle nel
riconoscimento reciproco.
Occorre continuare a“Lavorare per il Mediterraneo”:
“naamal men asli albahar almutauasset”:
è l’impegno che continuiamo a portare aventi ed è il titolo di un breve filmato
che, meglio delle mie parole, sintetizza i momenti salienti del nostro percorso
ed i programmi futuri.